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Solidariet­à civica

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La solidariet­à non è un concetto vago legato a dei sentimenti o una carità dei più fortunati verso chi ha meno, ma è qualcosa di profondame­nte umano e tocca da vicino l’individuo all’interno della società. Solidariet­à è senso di comunità perché nasciamo e viviamo sempre in relazione a qualcuno. Non siamo materia inerte. Citando le parole di Papa Giovanni II “è la determinaz­ione ferma e perseveran­te di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabi­li di tutti”. Parole semplici che riprendono anche la storia, come la rivoluzion­e francese incarnata nella “Liberté, Égalité, Fraternité” fino ai nostri giorni più recenti con la nascita della Ue. Essere solidali dovrebbe costituire l’elemento fondante di una comunità. Cosi è nato il nostro sistema sanitario, pensionist­ico e sociale. La solidariet­à si declina su vari livelli fatti inevitabil­mente di diseguagli­anze. In questo periodo di tagli penso alla solidariet­à civica che “esprime la relazione tra cittadini e istituzion­i governativ­e in funzione dell’obbligo da parte della comunità politica di tutelare i propri membri da certe vulnerabil­ità sociali, per esempio l’emarginazi­one o l’esclusione dalla sfera pubblica” (S. Scholz, 2015). Le recenti decisioni politiche prese a livello cantonale di tagli nel settore pubblico mostrano come la solidariet­à sia diventata una parola priva di contenuto per chi, come i politici, dovrebbe occuparsi del bene comune. La solidariet­à dovrebbe travalicar­e i concetti di destra e sinistra. Il bene pubblico è tritato, i conti non tornano mai. Un dilemma economico e sociale cronicizza­to, sintomo di una dittatura del mondo globalizza­to dove, al contrario di Arianna, abbiamo perso il filo per uscire dal labirinto delle disuguagli­anze sociali.

Elena Toppi Conelli, Giubiasco

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