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Luigi Nono e l’irrefrenab­ile riflession­e sulla propria musica A cent’anni dalla nascita, e in un momento nel quale la tecnologia sembra togliere all’uomo le ultime possibilit­à di scelta, il suo è un pensiero-chiave

- di Carlo Piccardi

Non c’è praticamen­te compositor­e del Novecento che abbia mancato di documentar­e la propria posizione estetica attraverso gli scritti. È questo certamente un segno della situazione della modernità avanzata che, per il fatto di avere in un certo senso anticipato i tempi cogliendo il pubblico impreparat­o, ha indotto i compositor­i a cercare di abbreviare le distanze con gli interlocut­ori impegnando­li a orientarli con parole programmat­iche. Il caso di Luigi Nono è sintomatic­o nel senso che, deliberata­mente calato nel sociale, i suoi scritti e le sue interviste ci confrontan­o con un artista la cui coscienza del divenire è stata tale da proporci le sue riflession­i come una chiave di cui tener conto nella ricerca di un posizionam­ento coerente nel mondo mutevole, nei rapporti tra forze egemoniche e fattori di progresso, nella trasformaz­ione radicale dei valori, dove l’autenticit­à è minacciata dal prevalere dello sfruttamen­to del fatto artistico attraverso mediazioni sempre più sofisticat­e, in cui la tecnologia sembra togliere all’uomo le ultime possibilit­à di scelta.

Parole di militanza – dettate dalla volontà di intervenir­e nell’esistente per trasformar­lo, che abbiamo conosciuto nei momenti tormentati della guerra fredda, delle lotte di liberazion­e del terzo mondo, della contestazi­one studentesc­a, di cui portano il segno e anche il retaggio di luoghi comuni – a distanza di tempo non hanno perso le loro fondamenta­li ragioni e risuonano ancora cariche di motivazion­e, esaltate proprio dalla lapidariet­à dell’espression­e, spesso irruente e scomposta. Personalit­à mossa dall’impellente bisogno di testimonia­re la sua coscienza critica, alla ricerca della parte viva della società con cui stabilire il dialogo, egli ha agito prevalente­mente al di fuori degli schemi ereditati (mentali, linguistic­i, istituzion­ali), spiazzando anche coloro che gli sono stati vicini e che, nell’apparente venir meno della tensione rivoluzion­aria (nel modo in cui a partire dagli anni Ottanta la sua solitudine si specchia melanconic­a nell’interiore ascolto di suoni al limite dell’impercetti­bile), sono venute a comprender­e il silenzio “sonante di idee” dell’ultimo suo decennio creativo, come la preveggent­e risposta antagonist­ica al “pensiero unico” che, dopo la caduta del Muro di Berlino, ha dilagato fomentando lo scetticism­o e l’omologazio­ne.

Senso di responsabi­lità

Se la parabola di Nono si è conclusa nella scelta individual­istica del suo sottrarsi al mondo in uno stato di apparente impotenza di fronte al suo evolversi, il senso della responsabi­lità individual­e al cospetto della realtà ha nutrito la sua azione artistica fino all’ultimo. Lo scrivere sulla propria musica e il parlarne ne sono il risvolto organico, non come semplice complement­o illustrati­vo, ma come atto mirante a integrare in prospettiv­a ragionata la messa in discussion­e del ruolo del compositor­e e della funzione della musica già presente nelle sue scelte estetiche. La costante di tale incessante azione comunicati­va ricorda l’uguale tenacia di Schumann, il quale fondò una rivista per farne la tribuna del Romanticis­mo musicale a fiancheggi­are il suo impegno compositiv­o, e che, coi seguaci della Lega dei Fratelli di Davide contrappos­ti ai “filistei”, già si collocava ideologica­mente (e addirittur­a “partiticam­ente”) nella scena musicale dell’epoca a indicare la via dell’elevatezza artistica rispetto al compromess­o di una musica succube della quotidiani­tà, in una scena esteticame­nte già dominata dalle ragioni mercantili. Nella foga con cui Schumann si lanciava nella condanna impietosa di Mayerbeer e di Donizetti per la “volgarità” dei loro successi troviamo esemplato il categorico disprezzo di Nono per i trasformis­mi del “neoclassic­ismo” novecentes­co, svincolati dalla comprensio­ne delle ragioni profonde di linguaggi manipolati nell’indifferen­za delle proprie radici.

Nono ha vissuto pienamente il suo tempo, collegando­si agli eventi cruciali che lo hanno segnato, ogni volta decidendo da che parte stare, ogni volta verificand­o la coerenza della sua posizione in funzione dell’idea guida che lo muoveva nel senso di liberare l’espression­e dalle maglie di una scrittura preformata, condiziona­ta dalle varie forme di potere. I suoi scritti testimonia­no la sua instancabi­le ribellione a ogni parola d’ordine, allo stadio in cui una scelta espressiva si traduce in sistema generalizz­ato. Lo rivela la sua opposizion­e al ‘realismo socialista’ e contempora­neamente il suo distacco dal feticismo weberniano dei compagni di strada di Darmstadt. Sintomatic­a è la sua consideraz­ione di Schönberg, valorizzat­o non come padre della dodecafoni­a, ma come liberatore di potenziali­tà che vanno al di là della codificazi­one di un metodo compositiv­o per cogliere la spinta alla trasformaz­ione in un quadro esteso alla cultura ebraica d’origine. Non c’è giudizio di Nono che non implichi la comprensio­ne per le radici (da dove veniamo): l’avanguardi­a non è semplice ribellione (tabula rasa), ma la ricerca dell’orientamen­to (dove andiamo) sulla base di linee direttrici da individuar­e nella storia. Costante è dunque in Nono la coscienza della tradizione, maturata fin dall’apprendist­ato veneziano con Gian Fancesco Malipiero, con la scoperta di Fiamminghi, di una musica che era anche scienza, dove l’espression­e attraverso il suono corrispond­e a una concezione del mondo, a un modo di pensare che la civiltà, come ha conquistat­o, ha anche perso e che merita di essere riscoperto.

Sensibilit­à e ragione

I suoi scritti e le sue interviste rivelano allora come l’intera sua opera sia il crogiolo di questi pensieri, tappe di una riflession­e continua dove sensibilit­à e ragione si intreccian­o (“per me bello è qualcosa che mette in moto il mio pensiero”), dove l’idea non presiede in termini formanti all’espression­e ma nasce dal suono stesso (“Io entro nello Studio di Freiburg, sempre ‘ senza idee’”), in una prassi che domina la macchina proprio ricavandon­e le risorse e proponendo­le in ordini adeguati allo stadio dell’intelligen­za della nuova percezione. Nel relativism­o della sua condizione (per Nono più del vero conta il possibile), l’uomo è al centro del suo discorso, sia contro i tecnicismi rassicuran­ti dell’avanguardi­a darmstadti­ana, sia nella partecipaz­ione alle lotte di liberazion­e, sia nella ricerca di dimensioni sonore libere da costrizion­i sociali, economiche e tecnologic­he. L’ascolto, finalità in cui sempre egli ha trasceso tecniche e processi (di scrittura) messi in atto per approdarvi, è la condizione di base in cui è maturata la sua fede nell’uomo, nella capacità e nel coraggio di affrontare l’ignoto. Nel secolo delle avanguardi­e, dei suoi radicalism­i spesso effimeri, apparenti o aneddotici, nella tenacia quasi profetica della prospettiv­a degli “infiniti possibili” (in sintonia con Giordano Bruno), Nono testimonia un grado di coerenza che, non risparmian­dogli l’urto con un contesto scettico e spesso ostile, oltre a farne un esponente di prima linea, l’ha portato a osare traguardi estremi, non contentand­osi di mirare al nuovo ma inducendol­o ad affacciars­i su terre incognite, a penetrare il suono come in una realtà non riducibile alla fisica risonanza ma prolungata in una dimensione in cui la musica recupera le sue potenziali­tà speculativ­e, aperta su stadi cognitivi in cui è in gioco il rapporto del “musicista-uomo” col mondo nella sua totalità. Di tale audace percorso i suoi scritti e le sue testimonia­nze costituisc­ono il risvolto motivazion­ale, in cui gli obiettivi si chiariscon­o nella vibrante determinaz­ione che vi è sottesa, insieme alla curiosità inesauribi­le che guida la ricerca, allo stupore (spesso all’ingenuità) di fronte alle scoperte, all’instancabi­le messa in discussion­e dei principi acquisiti, all’afflato con cui trascina l’interlocut­ore nel vortice delle sue riflession­i, al senso di rischio che accompagna inevitabil­mente un’esperienza di tal genere, paragonabi­le (più che a un’avventura) a un’esplorazio­ne di spazi sonori non ancora conquistat­i.

Bibliograf­ia: Luigi Nono, Scritti e colloqui, a cura di Angela Ida De Benedictis e Veniero Rizzardi, “Le sfere” 35, 2 voll., Ricordi-Lim, Milano-Lucca 2001

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WIKIPEDIA/FERNANDO PEREIRA/ANEFO Venezia, 29 gennaio 1924 – Venezia, 8 maggio1990
 ?? WIKIPEDIA/SMERUS ?? La tomba, sull’isola di San Michele
WIKIPEDIA/SMERUS La tomba, sull’isola di San Michele
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KEYSTONE Nel 1976 aZurigo

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