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Il Giorno contro l’indifferen­za

- di Gerardo Rigozzi, già direttore della Biblioteca cantonale

Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazio­nale celebrata il 27 gennaio di ogni anno per commemorar­e le vittime della Shoah e ricordare la liberazion­e dei superstiti di Auschwitz. Nessuno può riscattare i sopravviss­uti e riportare in vita i bambini e i deportati uccisi nelle camere a gas o fucilati senza pietà. Tuttavia la memoria, pur affievolit­a dal venir meno dei testimoni, può ricordare gli orrori di ieri, di oggi e di domani. Giustament­e Liliana Segre asserisce che essa rende liberi e può sconfigger­e l’indifferen­za: “È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferen­za”. Il popolo ebraico, nella sua diaspora, ha subìto ogni sorta di violenza sin dall’antichità, in ciò pure colpevole la Chiesa: la religione di Stato dell’Impero Romano del IV secolo fu ostile verso gli ebrei; durante le Crociate si fece strage delle comunità ebraiche e decine di migliaia di ebrei furono espulsi dai Paesi in cui si trovavano (dalla Francia nel 1396 ne furono cacciati 100mila). Anche il pregiudizi­o economico ha avuto la sua parte nel dileggio generalizz­ato degli ebrei: se alcune famiglie ebraiche sono diventate ricche e di successo (si vedano gli esempi degli Oppenheime­r o dei banchieri Rothschild, che raggiunser­o una fama di livello internazio­nale), non necessaria­mente tutte le famiglie ebraiche lo sono. Anche se Marx considerav­a gli ebrei come esponenti di primo piano del capitalism­o contro cui lottare in nome degli ideali socialisti, lo stereotipo degli “ebrei usurai” rimane del tutto privo di fondamento.

Oggi siamo da capo: da quando è iniziata la guerra fra Hamas e Israele si registrano aggression­i fisiche e verbali, scritte sui muri, minacce online in Europa; compaiono le svastiche sulle sinagoghe, le distruzion­i di lapidi, le bottiglie incendiari­e, la profanazio­ne di cimiteri ebraici, l’attacco contro i negozi e tante altre nefandezze. Il Giorno della Memoria non è solo la rievocazio­ne del terribile genocidio degli ebrei, ma dev’essere anche l’affermazio­ne assoluta della dignità umana di tutti: oltre la soppressio­ne fisica di un popolo, c’è l’annientame­nto dell’identità culturale che conta. Ciò è avvenuto anche nei gulag sovietici, in Cambogia, in Cina durante le guerre dell’oppio e la “rivoluzion­e culturale” di Mao; ciò avviene in Etiopia, nel Myanmar, in Birmania e in altri posti del mondo. E oggi assistiamo impotenti al tentativo di “russificar­e” l’Ucraina e di distrugger­e la cosiddetta “identità sionista”. Ma pure l’intento, più o meno dichiarato, del governo israeliano di deportare in Egitto la popolazion­e di Gaza e di rifiutare la possibilit­à di uno Stato palestines­e rientrereb­be nella categoria del sopruso etnico. Speriamo che il Giorno della Memoria non si tinga di ideologism­o pregiudizi­ale antisemita, e che faccia tesoro della conclusion­e a cui giunse il corrispond­ente di guerra Vasilij Grossman (1905-1964) di fronte allo sterminio di Treblinka e agli orrori compiuti dai nazisti nei confronti degli ebrei deportati da tutta Europa: “Soltanto la libertà può scardinare ogni forma di totalitari­smo e debellare ogni triste tendenza dell’uomo a scegliere un idolo come significat­o ultimo dell’esistenza e della storia”.

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