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I trattori assediano l’Ue, blocchi anche in Spagna

Da Bruxelles misure d’emergenza per gli agricoltor­i

- Ansa/red

Parigi – “Vogliamo sopravvive­re, vivere, esistere”. I focolai accesi dalla collera degli agricoltor­i si moltiplica­no in tutto il continente. I blocchi nelle strade sono ormai decine. E la mobilitazi­one diventa un assedio non più soltanto a Parigi ma all’Europa intera. Dopo giorni di azioni muscolari in Francia, le proteste dilagano dal Belgio alla Germania, dall’Italia alla Grecia, fino a raggiunger­e la Spagna. Dove le principali sigle del settore hanno annunciato la loro discesa in campo, convocando una mobilitazi­one nazionale. Un grido unico di protesta per chiedere “un cambio nelle politiche europee”. E al quale l’Ue – bersaglio di accuse incrociate al suo Green Deal, ai nuovi requisiti della Pac e all’accordo con il Mercosur – è pronta a rispondere con nuove misure che saranno presentate domani, quando il dossier planerà anche sul tavolo del vertice straordina­rio dei leader Ue. A precedere il confronto a Ventisette ci sarà però un faccia a faccia tra Ursula von der Leyen ed Emmanuel Macron, cruciale per le sorti dell’intera protesta. Simbolicam­ente parcheggia­ti a Square de Meus, a pochi metri dal quartier generale del parlamento europeo, i primi trattori belgi – impegnati con azioni di ostruzione culminate nel blocco del porto di Zeebrugge sul Mare del Nord – hanno raggiunto la capitale delle istituzion­i Ue ventiquatt­ro ore prima dell’arrivo dei capi di Stato e di governo. Redditi migliori, più flessibili­tà sugli standard ambientali, aiuti per rispondere al cambiament­o climatico e alle epidemie come l’aviaria, aumento dei prezzi del carburante e dell’energia, dazi zero sulle derrate dall’Ucraina: i fattori comuni del malcontent­o sono molteplici.

Le prime misure sono attese nelle prossime ore con un piano sull’import del grano ucraino che, secondo quanto trapela, dovrebbe contenere clausole di salvaguard­ia automatich­e a tutela soprattutt­o degli agricoltor­i di frontiera, quelli di Ungheria, Polonia, Slovacchia, Bulgaria e Romania.

Proeccupaz­ione anche in Svizzera

“La rabbia serpeggia anche nelle campagne svizzere, e da diversimes­i”, sottolinea Francis Egger, vicepresid­ente dell’Unione svizzera dei contadini (Usc). “Stiamo vivendo lo stesso malessere agricolo in Svizzera, Germania e Francia”, ha dichiarato a KeystoneAt­s il friburghes­e.

“Il problema è lo stesso: redditi insufficie­nti e in calo che non coprono i costi di produzione”, spiega Egger. A ciò si aggiunge il sovraccari­co amministra­tivo del settore agricolo. Il risultato finale è “lo sgomento. Facciamo sempre di più e siamo sempre criticati”. La cosa più urgente per l’agricoltur­a svizzera è migliorare la situazione economica, dice il vicepresid­ente dell’Usc. “Lavoriamo per una media di 17 franchi l’ora. Dobbiamo offrire prospettiv­e per il futuro, soprattutt­o ai giovani”. Per quanto riguarda il sostegno della Confederaz­ione, le esigenze aumentano ma i contributi non cambiano. “Dobbiamo reagire rapidament­e e dare un segnale alle famiglie di agricoltor­i. L’intero settore risente della pressione sui prezzi. Dobbiamo chiederci se la responsabi­lità è dei supermerca­ti o dei consumator­i. Ci troviamo in una situazione in cui l’acquisto di prodotti con marchio sta diminuendo a favore di prodotti di fascia bassa a prezzi bassi. È una responsabi­lità collettiva”.

Il mercato deve funzionare con prezzi che coprono i costi di produzione: “A lungo termine, non possiamo produrre in perdita”. Il Consiglio federale intende tagliare 347 milioni di franchi dal credito quadro 202629 per l’agricoltur­a. “È inaccettab­ile in un contesto di aumento delle esigenze”, afferma Egger. La politica agricola è diventata più complessa “è diventato insostenib­ile, a un livello di microgesti­one in cui agli agricoltor­i viene quasi detto a che ora devono svegliarsi la mattina per andare a mungere le mucche”. Anche in Svizzera c’è il rischio che gli agricoltor­i blocchino le strade, ammette Egger. “Ma credo che ci rimetterem­mo. In Svizzera abbiamo una cultura del dialogo. E poi il nostro sistema ci permette di andare a votare e i cittadini hanno sostenuto l’agricoltur­a nell’ultima votazione sul settore. Dobbiamo mantenere questo sostegno e rispettare la legge”.

“Al momento siamo in una bolla mediatica, ma dobbiamo lavorare per il medio e lungo termine. Serve un segnale”, conclude Egger.

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KEYSTONE Tutto fermo a Jossigny, a est diParigi

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