laRegione

Primo sì al progetto di mandato negoziale

Ok della commission­e del Nazionale. Udc su tutte le furie

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Berna – La commission­e della politica estera del Consiglio nazionale (Cpe-N) sostiene l’apertura di negoziati con l’Ue. Lo ha affermato ieri davanti ai media il suo presidente LaurentWeh­rli (Plr/Vd). Il voto non è però stato unanime: il progetto di mandato negoziale è stato approvato da 16 membri contro 9. Una minoranza, rappresent­ata davanti in conferenza stampa da Franz Grüter (Udc/Lu), crede che un futuro accordo sia dannoso per la Svizzera e la sua prosperità.

Per la maggioranz­a invece, ha spiegatoWe­hrli, è indispensa­bile stabilizza­re le nostre relazioni con Bruxelles, specie in un momento difficile come quello che stiamo vivendo. L’approccio a pacchetto scelto dal governo è stato apprezzato.

Ciò non significa tuttavia una cambiale in bianco per l’esecutivo; la commission­e ha chiesto diversi chiariment­i al Consiglio federale, in particolar­e per quanto attiene alla protezione dei salari, agli aiuti di Stato, a un eventuale accordo sull’elettricit­à, al traffico ferroviari­o viaggiator­i e alla libera circolazio­ne delle persone in generale. Wehrli, spalleggia­to dalla vice presidente della Cpe-N, Sibel Arslan (Verdi/Bs), ha spiegato che non sono state tracciate “linee rosse”, imposte insomma condizioni rigide, specie in merito alla liberalizz­azione totale o parziale del mercato dell’elettricit­à o del traffico ferroviari­o. Il risultato finale delle trattative sarà in ogni caso determinan­te per decidere della bontà o meno dell’intesa, ha puntualizz­ato il vodese.

Dal canto suo, Grüter ha rammentato che la commission­e ha bocciato (16-9 e 15-9) due proposte del suo partito: la prima chiedeva di respingere il mandato negoziale tout court; la seconda proponeva al governo di non entrare in materia sugli aspetti istituzion­ali. Il lucernese ha criticato gli elementi di continuità con l’accordo quadro abbandonat­o tre anni fa dal governo. Come allora, la Corte europea di giustizia continuerà ad avere l’ultima parola in caso di vertenze, ha sottolinea­to Grüter, compresa la possibilit­à di imporre misure compensato­rie, ossia «punizioni», se la Svizzera non si adeguerà. «Ciò non vuole dire che non potremo votare, ma saremmo costretti a farlo col fiato sul collo di Bruxelles», ha affermato. Altro aspetto negativo: i versamenti regolari (e miliardari) all’Ue quale contributo di coesione. “Capitolazi­one vergognosa”, “ipocrisia da parte del Consiglio federale”: l’Udc non ha usatomezzi termini. Il partito chiede il referendum obbligator­io su qualsiasi accordo, con doppia maggioranz­a di popolo e cantoni. È nell’interesse dei cantoni avere voce in capitolo pronuncian­dosi in votazione, ha detto Thomas Aeschi (Zg), presidente del gruppo parlamenta­re, in una conferenza stampa tenutasi poco dopo quella della Cpe-N. Il partito teme che il Consiglio federale utilizzi giustifica­zioni legali per fare in modo che sia necessario solo l’avallo del popolo.

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KEYSTONE Plotone d’esecuzione democentri­sta

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