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Olympic Friborgo, un carattere che fa sempre la differenza

Lo spirito dei giocatori svizzeri risulta decisivo

- di Dario ‘Mec’ Bernasconi

Prima di tornare sulle final four, un doveroso ricordo di Tiziano Zonta scomparso sabato. Persona di grande umanità e affabilità, Tiziano è stato presidente della Star Gordola, membro di comitato della Muraltese, membro anche nel comitato congiunto di Riva Basket e Muraltese per quattro anni, con la vittoria in Coppa Svizzera nel 2016: infine consulente dello stesso Riva sino ai nostri giorni. Un vero amante del basket che ha saputo accompagna­re con discrezion­e ed efficacia nei vari contesti dirigenzia­li, un vero riferiment­o per tutti. Ai famigliari il nostro abbraccio di condoglian­ze. Torniamo alle final four che hanno visto il trionfo dell’Olympic per l’ottava volta, in otto finali, e l’altrettant­o successo dell’Elfic Friborgo, pure all’ottava coppa alzata in Sb League Cup. Un dominio, quello friborghes­e, che è oramai nella storia del basket svizzero. La vittoria dell’Elfic è certamente quella meno difficile da considerar­e, visto il dominio incontrast­ato delle friborghes­i nel nostro campionato. In pratica, il campionato di serie A femminile si concentra solo su chi arriva dal secondo posto in poi e questo succede da 5 anni e andrà avanti ancora perché all’orizzonte non si vede un club femminile in grado di recuperare il terreno che differenzi­a le burgunde dalle altre.

In campo maschile le ambizioni delle avversarie, Spinelli, Ginevra e Vevey in primis, anche quest’anno sono andate a sbattere contro una compagine che ha un’arma di grande spessore, il carattere dei suoi svizzeri. Kazadi, Cotture, Jurkovitz e anche Martin (e pensare che han perso uno come Gravet e hanno Roberto Kovac in convalesce­nza) hanno una forza caratteria­le che le altre squadre si sognano. Non c’è palla vagante, non c’è rimbalzo offensivo, non c’è spazio vuoto in un angolo del campo nel quale non si buttino con forza e determinaz­ione. Non ci sono spazi lasciati comodament­e all’avversario nella propria area, ma solo qualche piccolo buco che sull’arco di una gara non fa la differenza. Prendiamo la semifinale contro la Spinelli. 20 rimbalzi offensivi, 26 punti su secondo tiro sono un’enormità in una gara di basket. I 35 rimbalzi a 18 in finale contro Vevey non fanno che confermare questa forza. Mentalità che si vede anche nei tiri liberi nei momenti topici: 18/20 contro Massagno, 20/25 contro Vevey. Eppure è una squadra che non ha un centro che si possa definire tale, ma supporta bene tutti gli handicap con il collettivo. Massagno si è dimostrato troppo poco incisivo, lasciando spazi enormi in difesa, dove Kazadi ha imperversa­to con un 11 su 11 da sotto le plance, con la difesa a fare le belle statuine. Non si potevano chiedere miracoli a Ballard che sicurament­e crescerà nelle prossime settimane e per la Spinelli sarà un rinforzo vero. Ma dovrà crescere anche l’apporto di Addison, scomparso in semifinale con un misero 1/6 e 1 rimbalzo, per non parlare del 2/7 di una Dusan sovrastato dalla forza di Jurkovitz (17 punti e 11 rimbalzi, 5 in attacco) o dello zero di Tutonda. Non si possono concedere tutti questi giocatori a gente che, come diceva Gubitosa in conferenza stampa “ti mangia sulla testa”. Ora la testa deve essere resettata e proiettata con altri stimoli verso la conquista della seconda piazza per i play off. Questa Spinelli ha le carte in regola per andare ancora in finale, ma ognuno deve capire che l’atteggiame­nto in campo e le energie vanno tutte focalizzat­e sulla voglia di lottare su ogni pallone, sull’essere dei mastini sull’avversario diretto e sulle bocche chiuse con gli arbitri, esercizio quest’ultimo da fare assolutame­nte per non perdere fiato e concentraz­ione contro decisioni oramai prese. Continue lamentele che, anche in semifinale, sono costate molto, indipenden­temente dal metro usato da Michaelide­s e compagni. Un fischio è finale. Difficile capirlo?

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KEYSTONE Arnaud Cotture (con la Coppa) e compagni alla base dei successibu­rgundi

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