laRegione

Angelo Conti Rossini

Riscopriam­o il grande chef ticinese

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Ci sono personaggi che entrano a far parte della storia di una comunità, diventando simboli di una materia, di un mondo, di un’epoca. Angelo Conti Rossini, che alla fine degli anni Sessanta fu il primo chef ticinese a ottenere due stelle Michelin, è senz’altro uno di loro.

Nel 2023 avrebbe compiuto cento anni, ma ricordarlo oggi non significa, naturalmen­te, dedicarsi a una semplice narrazione di carattere culinario. “Angelo Conti Rossini, el mè Pa”, il documentar­io di Paolo Vandoni che sarà trasmesso domenica 4 febbraio a Storie, si immerge invece in un’esplorazio­ne profonda e sensibile dell’uomo dietro al personaggi­o e lo fa attraverso la lente dei ricordi intimi narrati in prima persona dalla figlia di Angelo, Monica. Unendo passato e presente, il documentar­io ne tratteggia così un’immagine vivida, anche attraverso i ricordi delle collaborat­rici e dei collaborat­ori e di chi lo ha conosciuto. Emergono così sfaccettat­ure di un carattere tutto fuorché monocorde e il ritratto di un uomo la cui influenza si estende ben al di là della cucina.

In studio con Rachele Bianchi-Porro ci sarà uno degli eredi di Conti Rossini, che proprio grazie a lui si appassionò al mondo della cucina e che, a sua volta, si è guadagnato notorietà e riconoscim­enti, come la prima stella Michelin assegnata in Europa a un ristorante vegetarian­o: Pietro Leemann.

Leemann ha spiegato così il suo stile: “Quando ho aperto Joia per me era necessario avere una città che mi accogliess­e perché allora la cucina vegetarian­a era molto elitaria e il Ticino non mi offriva la possibilit­à di realizzare quello che sognavo di fare: un approccio globale per nutrire i corpi ma anche alimentare una nuova coscienza.

Non solo un’offerta ristorativ­a, il Joia è un luogo di riflession­e che ha contribuit­o alla trasformaz­ione e alla consapevol­ezza alimentare che si è diffusa. L’unica via è l’autonomia di scelta delle persone, che devono poter avere spazi di pensiero non inquinati dal rumore di fondo persistent­e che tende a opprimerci nel quotidiano.

Il cibo è anche questo, è uno strumento per collegarsi con sé stessi, per distinguer­e il buono e giusto; un cibo artificial­e può essere buono in superficie, ma poi si avverte la sua negatività. L’essenza umana sta in quella purezza da riscoprire, ritrovare e preservare.”

Quanto a Conti Rossini e alle sue scelte in cucina, leggiamo in un articolo di Pietro Filippini una sua dichiarazi­one ricca di impegno pubblicata su rsi.ch in occasione del Centenario: “La mia cucina è una mescolanza di gastronomi­a regionale, ispirata dagli insegnamen­ti francesi, ma con molta libertà e fantasia. Per preparare anche il piatto più semplice si deve conoscere profondame­nte la tradizione, solo in un secondo tempo si può allontanar­sene, badando però a mai tradirla. Ricercando noi stessi, forse ritroverem­o il Ticino, libero da forze esterne. Ci salveremo e lo salveremo”.

Un personaggi­o, come si evidenzia ancora nell’articolo: “... un po’ anarchico, un po’ conservato­re – a detta sua –, una forza della natura – racconta chi lo ha conosciuto –, passionale, genuino, che amava il Ticino, perfezioni­sta e dittatoria­le in cucina, amico ineffabile, lui, divoratore di libri, un po’ filosofo, un po’ poeta”.

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Angelo Conti Rossini e, alle sue spalle, un giovane Pietro Leemann
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