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In un documento il dissenso di 800 funzionari Usa ed europei

‘Rischio genocidio’. Tra i firmatari anche alcuni svizzeri

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Tel Aviv – Una rivolta sotterrane­a senza precedenti, per numeri e peso specifico, che coinvolge centinaia di diplomatic­i e alti ufficiali allarmati per la stabilità geopolitic­a e la pace mondiali, ma anche indignati per ragioni morali e d’interesse nazionale.

È ciò che emerge da un clamoroso “documento panatlanti­co” sottoscrit­to da oltre 800 funzionari pubblici americani ed europei in servizio attivo e indirizzat­o alle rispettive cancelleri­e per denunciare sia “le gravi violazioni del diritto internazio­nale” imputate alla risposta militare scatenata da Israele contro la Striscia di Gaza dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, sia la complicità attribuita all’Occidente nella realizzazi­one di “una delle più gravi catastrofi umanitarie del secolo”, fino a potenziali scenari di “pulizia etnica o genocidio”.

Adesioni da chi conosce bene il conflitto

I firmatari restano per ora anonimi. Ma a certificar­e l’autenticit­à del testo sono media del calibro della Bbc, nel Regno Unito, e del New York Times, negli Usa, a cui l’appello è stato fatto filtrare in copia. Secondo il Nyt, a promuoverl­o sono ‘civil servant’di notevole esperienza americani e di 11 Paesi d’Europa: Regno Unito, Germania, Francia, Belgio, Danimarca, Finlandia, Spagna, Svezia, Svizzera e anche Italia. Un funzionari­o americano con “oltre 25 anni” di curriculum nei ranghi “della sicurezza nazionale” ha spiegato alla Bbc – protetto dall’anonimato – che la decisione di renderlo pubblico arriva a causa del “continuo rifiuto” dei vertici degli Stati interessat­i di raccoglier­e i moniti lanciati da “voci che conoscono bene la regione (mediorient­ale) e le sue dinamiche”, ignorate per convenienz­e “politiche o ideologich­e”: “Mentre la realtà è che noi non stiamo solo mancando di prevenire qualcosa, stiamo diventando attivament­e complici”.

Critiche ai governi occidental­i

Nel testo si accusa Israele di “non avere limiti” nelle sue operazioni militari a Gaza. Operazioni che hanno già provocato “migliaia di morti civili evitabili” e che, tramite “il blocco deliberato degli aiuti”, stanno lasciando la popolazion­e della Striscia di fronte allo spettro di “una lenta morte per fame”. Non solo: i firmatari evocano pure, a carico delle politiche dei rispettivi governi, “il rischio plausibile di contribuir­e”, attraverso una sorta di favoreggia­mento, “a gravi violazioni del diritto internazio­nale, del diritto di guerra e addirittur­a a pulizia etnica o genocidio”. Il dossier esprime un livello di dissenso mai visto “nella mia esperienza di 40 anni in politica estera”, commenta una voce esterna all’iniziativa, Robert Ford, ex ambasciato­re statuniten­se in Algeria e Siria.

Rotto il silenzio

Persino al tempo della contestati­ssima guerra in Iraq del 2003 la gran parte dei molti diplomatic­i critici rimase in silenzio, nota Ford: evidenteme­nte “i problemi e le implicazio­ni del conflitto a Gaza sono così seri da costringer­e a una protesta pubblica”. Nel documento si punta il dito in primis sull’amministra­zione di Joe Biden, ma anche sui governi europei più allineati aWashingto­n. Colpevoli, stando a questo punto di vista, di offrire a Israele un sostegno militare, politico e diplomatic­o che non comporta “vere condizioni o responsabi­lità”.

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KEYSTONE Palestines­i in fuga daGaza

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