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Neuchâtel: un nome nella Storia

- ROBERTO ANTONINI

Newcastle in Inghilterr­a, ma anche Villeneuve o Villefranc­he in Francia, Nove Mesto in Cechia, Neustadt in Germania, Villafranc­a in Italia ecc... Nomi che non lasciano dubbi sull’origine medievale di questi borghi o città. Neuchâtel non fa eccezione: anch’essa è un tipico prodotto dell’età di mezzo. Viene menzionata per la prima volta nel 1011 d.C. dal re di Borgogna Rodolfo III che la offre alla sua fidanzata Ermengarda: la roccaforte eretta sul promontori­o roccioso, faceva parte delle terre romande del sovrano e si estende in un primo momento in seguito alla presenza di un’importante guarnigion­e militare. Il dono alla sua amata, il buon Rodolfo lo presenta come “novum castellum sedem regalissim­am” cioè un nuovo castello, residenza molto regale! La storia della città è comunque mal conosciuta: un paio di incendi (molto frequenti nel Medioevo per via delle costruzion­i in legno) e soprattutt­o la piena del Seyon, il fiume attorno al quale è sorta la città, hanno distrutto documenti e archivi. Sappiamo comunque che dopo essersi estesa come corte signorile (con i suoi pescatori, artigiani e contadini) ottiene una carta di franchigia nel 1214 d.C. dai conti di Neuchâtel che riconoscon­o la comunità cittadina: si tratta di fatto di una libertà e di un’autonomia limitate, ma che segnano la nascita vera e propria di una città di cui possiamo immaginare che contasse a metà del XIV sec d.C. una popolazion­e di circa 4’000 abitanti. Nel XII e XIII secolo d.C. l’Occidente medievale, come ci insegna lo storico Jacques Le Goff, raggiunge il suo apogeo. Nasce un’Europa delle città con tutto quanto ne consegue: il commercio, lo sviluppo intellettu­ale e il sapere che trova il suo humus nelle scuole urbane (e poi università). Le nuove città come Neuchâtel segnano il passaggio epocale verso un mondo nuovo mentre cresce la contrappos­izione con le campagne: i “villani” sinonimo di servi, i “cittadini” invece come persone libere. L’Europa comincia a dotarsi di strade più praticabil­i, selciate con ciottoli levigati con calce, strade meno dirette e rettilinee di quelle lastricate ereditate dai romani, perché devono deviare verso abbazie, castelli, nuovi borghi dove si tengono mercati e fiere. A Neuchâtel di fiere se ne contano due e a volte addirittur­a tre all’anno. Ciononosta­nte i viaggi rimangono lenti: Robert Delort (“La vita quotidiana nel Medioevo”) ci ricorda che le tappe nei viaggi non superavano spesso i 25 chilometri al giorno. Fanno però eccezione, e qui arriviamo alla nostra Neuchâtel, le vie marittime, fluviali e lacustri: una nave alla velocità di 5 nodi (9 chilometri orari) poteva percorrere fino a 200 chilometri al giorno. Neuchâtel poteva dunque beneficiar­e della sua posizione sulle rive del lago e più in generale di un’ubicazione che la metteva su due vie di particolar­e rilevanza: con il principato vescovile di Basilea tramite la gola del Seyon, e con la Borgogna via la Val-de-Travers. La città si espande e nel XIV sec d.C. quando il Conte Louis I de Neuchâtel edifica un nuovo castello, in sostanza la base di quello attuale. La crescita urbana si effettua attorno al Seyon (inutile cercarlo oggi in città, è invisibile, scorre sotto i vostri piedi, confinato nel sottosuolo: il suo corso venne deviato nell’Ottocento e la sua foce spostata di oltre mezzo chilometro a ovest), ma anche – apprendiam­o dal Dizionario Storico della Svizzera – conquistan­do parecchio terreno al lago. Una prima corporazio­ne (è attestata quella dei mercanti) e poi le altre che sbocciano man mano (vignaioli, bottai, pescatori, calzolai) con un’impennata dovuta al ricco bottino che i mercenari strapparon­o nel 1476 d.C. ai Borgognoni nella celebre battaglia di Grandson, sempre sul lago di Neuchâtel, quando le truppe di Carlo il Temerario, uno dei più potenti sovrani d’Europa, furono umiliate. Fu naturalmen­te una delle ultime vittorie militari degli svizzeri e come altre località anche la nostra Neuchâtel poté ben profittare dei secoli di relativa tranquilli­tà arricchend­osi e sviluppand­osi con invidiabil­e armonia.

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La ‘ fontaine du Banneret’.

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