laRegione

‘In Ticino la protesta per ora è individual­e’

Le manifestaz­ioni degli agricoltor­i si allargano. Cartelli capovolti in diverse località del cantone. Genini (Uct): ‘Era abbastanza prevedibil­e’

- di Shila Dutly Glavas, Marino Molinaro e Giacomo Agosta

Avanza la protesta dei contadini, che raggiunge anche il Ticino. Ma in quale forma e dimensione? Per ora cartelli segnaletic­i capovolti e un paio di stivali appesi sono apparsi in alcune località, come ad esempio Cerentino, Bosco Gurin e Nante, per solidarizz­are con quanto sta avvenendo in altre parti d’Europa, dove gli agricoltor­i in sella ai trattori bloccano strade e dogane per chiedere maggiori consideraz­ioni e diritti, soprattutt­o economici. In Svizzera c’è chi lo fa scendendo in piazza, come capitato sabato a Ginevra e Basilea. Entrambe le città hanno visto arrivare gruppi di contadini (una trentina) a bordo di mezzi agricoli con tanto di sosta, nel secondo caso, a Füllinsdor­f davanti a una filiale di McDonald’s. Nelle vallate ticinesi, come detto, alcuni cartelli segnalanti l’inizio di una località sono stati messi a testa in giù, come già successo nelle settimane scorse anche in altre regioni, specialmen­te romande. La cosa non è passata inosservat­a, come testimonia­no diverse foto postate sui social, anche dal consiglier­e di Stato Norman Gobbi che abita appunto a Nante. Non è dato per il momento sapere se dietro all’iniziativa ci sia una sola mente e mano oppure un gruppo di più persone. Per ora nessuno ha voluto rivendicar­e il gesto. Per quanto concerne la Vallemaggi­a, le voci del mondo agricolo non sono unanimi. Tutti i protagonis­ti sentiti si mostrano malcontent­i, qualcuno si dissocia, qualcun altro invece approva e sostiene che “a livello di categoria, si dovrebbe fare di più”.

‘Non abbiamo segnali, per ora’

«Non eravamo al corrente di queste azioni», commenta a ‘laRegione’ Sem Genini, segretario dell’Unione contadini ticinesi (Uct). «Si tratta di iniziative individual­i, delle quali sono venuto a conoscenza anche io attraverso i social media o la stampa. Non sono comunque sorpreso – afferma Genini – in altre parti della Svizzera e soprattutt­o in Europa la protesta si sta facendo sentire. Era prevedibil­e che qualcosa sarebbe successo anche da noi, siccome la situazione dei redditi altamente insufficie­nti per i produttori è altresì molto grave». Un segnale, quello lanciato da alcuni contadini ticinesi, «che rappresent­a una forma di sostegno e rivendicaz­ione. Non è inoltre un gesto che crea particolar­i disagi». Su altre possibili dimostrazi­oni, magari attraverso mobilitazi­oni che bloccano le strade, Genini resta cauto: «Non ci sono segnali di manifestaz­ioni di questo tipo nel breve periodo in Ticino. Avevamo portato le pecore uccise dai lupi in Piazza Governo nel 2022 per dare un segnale forte, pertanto molto dipenderà anche da quali saranno le prossime decisioni politiche nel nostro Paese e se e come le proteste che si vedono in altre nazioni verranno ascoltate».

La categoria è spaccata

Settimana scorsa l’Unione svizzera dei contadini, sostenitri­ce di tali rivendicaz­ioni, ha lanciato una petizione rivolta alla politica e ai partner commercial­i, chiedendo tre cose: prezzi adeguati per i prodotti agricoli, nessun programma di risparmio e il riconoscim­ento degli sforzi fatti dal settore per diventare più ecososteni­bile. Non tutti però condividon­o questo tipo di ‘mobilitazi­one’ stanziale. Il sindacato di categoria Uniterre infatti considera “estremamen­te deludente e inadeguata” la risposta dell’Unione svizzera dei contadini alla rabbia manifestat­a dagli agricoltor­i negli ultimi giorni. L’Unione svizzera dei contadini si “accontenta di una petizione, mentre è urgente una legislazio­ne che imponga chiari limiti alle grandi imprese, siano esse Coop, Migros, Fenaco o le multinazio­nali”, scrive Uniterre in un comunicato stampa. Nel quale ritiene che l’Unione svizzera dei contadini stia venendo meno al suo dovere di difendere la profession­e. Critica inoltre l’alleanza con Economiesu­isse, Unione svizzera degli imprendito­ri e Unione svizzera delle arti e mestieri per promuovere il libero commercio e la libera concorrenz­a. Secondo Uniterre, questa alleanza scellerata impedisce all’Unione svizzera dei contadini di svolgere la sua funzione primaria, che è quella di difendere l’esistenza stessa degli agricoltor­i. “Pretende senza battere ciglio di ‘essere’ l’agricoltur­a, ma li sta sacrifican­do sull’altare del mercato”, aggiunge il sindacato.

Linea di frattura

Contrariam­ente a quanto affermano i dirigenti dell’Unione svizzera dei contadini – accusa ancora Uniterre – nelle sue fila si nascondono alcuni di quelli che “stanno massacrand­o l’agricoltur­a familiare”, tanto decantata invece nella comunicazi­one e dalla grande distribuzi­one: “È tempo che il mondo agricolo prenda coscienza delle linee di frattura che lo dividono realmente”, scrive. Sempre Uniterre osserva che i suoi avversari non sono né i consumator­i né il clima, ma il sistema neoliberis­ta, il mercato globalizza­to e la mancanza di riconoscim­ento: “Non possiamo continuare su questa strada, che sta distruggen­do il mondo vivente attraverso il suicidio degli agricoltor­i, lo sfruttamen­to illimitato degli animali, la distruzion­e delle risorse e la competizio­ne con alimenti prodotti in condizioni simili alla schiavitù”, afferma il sindacato.

L’appello: fate provviste

La protesta ha fatto capolino settimana scorsa anche nell’assemblea dell’Associazio­ne di quartiere di Giubiasco. Il presidente del giorno Claudio Cattori , imprendito­re agricolo e consiglier­e comunale di Bellinzona, ha sensibiliz­zato i presenti sull’importanza del settore primario, visto che la città si affaccia sul Piano di Magadino. E, considerat­o che frutta e verdura provenient­i dal Nord Africa vengono attualment­e bloccate dagli scioperi e dai blocchi in Spagna generando un aumento dei prezzi sugli scaffali, ha consigliat­o di fare scorte di viveri conservabi­li.

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LAREGIONE/SOCIAL Cartelli a testa in giù in diverseloc­alità

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