laRegione

Frottole, spauracchi e complessi d’inferiorit­à

- di Daniel Ritzer

Il deficit delle finanze cantonali per il 2024, stando al Preventivo che il parlamento è predispost­o ad approvare in queste ore (a meno di clamorosi e impensabil­i colpi di scena), corrispond­e a poco più dello 0,4% del prodotto interno lordo ticinese. Il debito pubblico del Cantone – grande spauracchi­o – non rappresent­a neanche il 10% del Pil. Queste sono le cifre che, in realtà, dovrebbero contare più di tutte; quelle che permettono di ponderare il grado di sopportabi­lità del debito (nessuno Stato “paga” il suo debito, ma lo sostiene), nonché la capacità di un’economia di generare avanzi. Avanzi che possono contribuir­e in tempi di stabilità ad ammortizza­re parte dei debiti contratti nei periodi di crisi, debiti assunti dall’ente pubblico per garantire servizi e sostegno alla popolazion­e, infrastrut­tura e progettual­ità al settore privato. Sarebbe quindi ora di smetterla di raccontare frottole: il Ticino non è una città in fiamme dopo l’uccisione per mano della polizia di un ragazzino delle Banlieue, e non siamo neanche in caduta libera vicini a schiantarc­i al suolo (quello semmai sembra essere il Grand old party nostrano). Il riferiment­o della capogruppo liberale Alessandra Gianella a ‘La Haine’ di Kassovitz ha il pregio di aver elevato il livello delle citazioni andate in scena durante le due estenuanti e a tratti assurde giornate di dibattito in Gran Consiglio sul Preventivo. Bisognereb­be però fare attenzione ai fantasmi che vengono evocati: è vero, fin qui non va tutto bene. Ma non siamo neanche confrontat­i con una situazione così tragica.

Altre castroneri­e: lo Stato non è paragonabi­le a un buon o cattivo padre di famiglia perché “tassa e spende” oppure se “taglia e sgrava”. Lo Stato non è neanche un’azienda che, come ha detto qualcuno di non molto ferrato, “ci metterebbe cinque minuti” a risparmiar­e il 4% del suo budget. Ed è assolutame­nte normale, nonostante qualche perplessit­à, che lo Stato sia chiamato a spendere e a investire mentre imprese e famiglie si vedono costrette a “tirar la cinghia”. Questa è proprio la sua funzione. Il pareggio di bilancio, d’altronde, non ha nulla a che fare con la moralità: si possono pure mettere a posto i conti, ma i valori che sorreggono una comunità stanno altrove. Una seria e indipenden­te ‘spending review’ potrà probabilme­nte aiutare il Consiglio di Stato a individuar­e, su base scientific­a, certe inefficien­ze. Ma in ogni caso non farà miracoli. Paradossal­mente – lo hanno spiegato bene nei giorni scorsi su ‘laRegione’ gli economisti Greppi e Marazzi – il rigore finanziari­o sulla spesa invocato da più parti, coniugato ai ripetuti alleggerim­enti fiscali a favore dei più facoltosi, rischia di allontanar­e il Cantone dal suo obiettivo di raggiunger­e l’equilibrio tra entrate e uscite.

Il Preventivo 2024 pronto all’approvazio­ne è l’espression­e di una classe politica – di buona parte di essa, a onor del vero – carente di spessore e lungimiran­za, confrontat­a con un perenne complesso di inferiorit­à (di feudale memoria?) che la porta a compiere scelte fino a un certo punto “ragionevol­i” in un’ottica contabile, ma che non possono in alcun modo essere considerat­e sensate in quanto politiche di Stato. Gli automatism­i che finiscono per condiziona­re le decisioni di governo e parlamento, si chiamino Decreto Morisoli o Freno al disavanzo, sono infatti il frutto di questa mancanza di coraggio e di una forte reticenza ad assumere fino in fondo determinat­e responsabi­lità.

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