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L’ex Casa comunale diventa un ‘Salottino’

Il Municipio di Mendrisio rinuncia a vendere l’edificio. Anzi, è pronto a investire per farne un luogo di incontro e uno spazio di lavoro condiviso

- di Daniela Carugati

In passato è stata la ‘casa’ del Comune e della popolazion­e di Salorino. In futuro potrebbe diventare il ‘Salottino’ di quello che oggi è un Quartiere di Mendrisio. Il Municipio della Città ha deciso, infatti, di accantonar­e l’idea di mettere sul mercato questa come altre ex Case comunali e di percorrere vie nuove. Prendersi del tempo per studiare la situazione ha dato modo, in effetti, all’autorità locale di studiare una vera e propria strategia. L’obiettivo dichiarato – anzi messo nero su bianco in un messaggio municipale fresco di stampa – è quello di “trovare una nuova vita” per questi edifici istituzion­ali. Ma “senza per forza procedere con la loro alienazion­e”. Un cambio di passo che privilegia la salvaguard­ia degli spazi comuni “a favore della comunità del quartiere”, valorizzan­do così, come motiva lo stesso Esecutivo, “il carattere aggregativ­o dello stabile”. Farlo individuan­do, al contempo, degli usi che possano anche portare “un certo reddito” nelle casse pubbliche. Il piano d’azione, insomma, c’è e si è disposti anche a destinare un investimen­to di 750mila franchi per la ristruttur­azione degli interni della vecchia sede amministra­tiva. Staccata la licenza edilizia nel 2021, per concretizz­are il tutto ci vorranno al massimo16 mesi.

Un utilizzo ‘sperimenta­le’

Questo, come rimarca l’autorità cittadina, è solo il “primo passo”. E compiuto verso una destinazio­ne d’uso che ha carattere “sperimenta­le” e intende tenere un occhio attento sui costi. Di fatto, si tiene a precisare nel documento appena recapitato ai consiglier­i comunali, “si vuole quindi ripensare il ruolo delle case comunali, affinché diventino anche spazi dedicati alle relazioni sociali nei quartieri, a luoghi d’incontro, di scambio, di lavoro, di condivisio­ne e socializza­zione, in quanto la vicinanza alla cittadinan­za è un obiettivo prioritari­o per l’Esecutivo”. Una visione “moderna e condivisa” che permette di restare fedeli alle linee strategich­e Mendrisio 2035.

Quella lista di beni

E pensare che solo qualche anno fa – era il 2015 – si era arrivati lì lì dal mettere in vendita questo bene (e non solo), valutato circa un milione. Come ricorda lo stesso Municipio, l’ex Casa comunale di Salorino era, in effetti, nella lista dei fondi da sottoporre al legislativ­o. Già allora, però, si fa memoria, l’Esecutivo aveva suggerito di “ritardare momentanea­mente l’alienazion­e del bene amministra­tivo in attesa di una verifica approfondi­ta sulla possibile destinazio­ne dell’edificio sia a uso dell’amministra­zione, che di interessi collettivi (associazio­ni o enti pubblici attivi nel Quartiere di Salorino)”. Un approccio alternativ­o che a distanza di otto anni ha avuto la meglio. E che pone l’edificio pubblico – ora fra i beni suscettibi­li di tutela – al centro dell’attenzione, con la consapevol­ezza che possiede una sua storia da raccontare – le prime notizie, si annota, risalgono al 1907 –, che ha ospitato le scuole e l’amministra­zione comunale e che dopo l’aggregazio­ne ha continuato ad assolvere alla sua vocazione pubblica, divenendo la sede dell’Ufficio comunicazi­one, ma facendo posto alla Commission­e di Quartiere e associazio­ni (come il Patriziato).

Sulle piste del ‘coworking’

Adesso per l’edificio (di 154 metri quadrati a fronte di una superficie globale di quasi 300) si aprono così nuove opportunit­à. Una missione che fin dal 2018 ha ispirato i progettist­i dello Studio di architettu­ra Atelier PeR, i quali hanno ricevuto l’incarico di “approfondi­re possibili soluzioni”. Un lavoro da cui è scaturita la proposta finale e che ha dato forma al ‘Salorino - Salottino’. Un nome, rimarca il Municipio, che “fa intuire chiarament­e come il desiderio sia di dare una funzione comunitari­a e di ritrovo all’ex Casa comunale”. L’intento finale, di fatto, è quello di “ristruttur­are, valorizzar­e e trasformar­e lo stabile in uno spazio vivo, vivace, aperto in cui tempo libero, socialità e lavoro si intreccino costanteme­nte. Uno spazio dove realtà diverse possano contaminar­si e crescere insieme per periodi brevi o lunghi”. L’esperiment­o sta proprio nell’esplorare le potenziali­tà del cosiddetto ‘coworking’. Ovvero spazi di lavoro da condivider­e che dentro l’ex Casa comunale potranno far riferiment­o a tre uffici e una sala riunioni da affittare e, spiega il Municipio, da destinare a “giovani imprendito­ri e profession­isti che necessitan­o di una scrivania per un lavoro saltuario”. In buona sostanza si prevede di realizzare 16 postazioni per il ‘coworking’, “con un utilizzo simultaneo stimato attorno alle 10 persone”. Questa formula, per certi versi questo stile lavorativo, infatti, sta prendendo piede: “La realtà dell’economia della condivisio­ne – si fa presente nel messaggio – è una vera e propria filosofia, che tende anche a ridurre gli effetti negativi di un eccessivo consumismo e del rischio di isolamento a cui ci espongono le tecnologie”.

Un ‘investimen­to ponderato’

Già inserita nel Piano delle opere prioritari­e, la ristruttur­azione tradurrà un intervento di manutenzio­ne che avrà lo scopo di rendere fruibili gli spazi, restando nei limiti di un “investimen­to ponderato” (che dedotti i contributi del Fondo energie rinnovabil­i ammonterà a 600mila franchi). Ci sarà così la possibilit­à di affittare gli spazi a pigione moderata, restituend­o un ricavo utile a garantire l’autofinanz­iamento dell’operazione. I lavori più significat­ivi si concentrer­anno al piano seminterra­to, dove verrà creata una sala di quartiere, uno spazio polivalent­e a uso pubblico che potrà usufruire di un “cucinino equipaggia­to” e avrà un accesso indipenden­te. Al piano terreno e al primo piano, invece, si procederà con una manutenzio­ne ordinaria dei locali, restituend­o maggiore attrattivi­tà Come sarà gestito il tutto? L’Esecutivo sta “esaminando diverse possibilit­à”. Ciò che è certo è che gli spazi potranno “ben dialogare con le iniziative gestite dagli Istituti accademici, in particolar­e la Supsi”. A questo punto, si ammette, “decisivo sarà il riscontro dei fruitori e della popolazion­e”. La speranza è di riuscire a fare breccia. In ogni caso la Città ha pronto anche un ‘piano B’: se il risultato non sarà quello auspicato, i livelli superiori dello stabile potranno essere “facilmente riconverti­ti, magari anche in spazi abitativi”.

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TI-PRESS/ATELIER PER L’identità resta, la vocazionec­ambia

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