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Orologi di lusso per dei falsi: condannati

Pene fra i 14 e i 20 mesi in parte sospesi alle Assise criminali per un 41enne e un 24enne colpevoli di un tentato ‘rip deal’ lo scorso ottobre in città

- di Dino Stevanovic

Sei orologi di lusso sostituiti con altri contraffat­ti, per un danno totale di 600’000 franchi. Una truffa cosiddetta ‘rip deal’. Questo il tentato colpo che hanno provato a mettere a segno un 41enne rumeno e un 24enne francese lo scorso ottobre in una gioielleri­a di Lugano. Fermati dal provvidenz­iale intervento della polizia, sollecitat­a dai negozianti insospetti­tisi dalle trattative precedenti alla compravend­ita, i due sono stati arrestati e condannati ieri alla Corte delle Assise criminali per tentata truffa e il più giovane anche per truffa a causa del coinvolgim­ento in un colpo simile, ma andato a segno un mesetto prima nel Locarnese. La Corte presieduta da Amos Pagnamenta li ha condannati a quattordic­i mesi sospesi condiziona­lmente per due anni (il 41enne) e a venti mesi sospesi per quattordic­i di questi (il 24enne).

‘Si spacciano per profession­isti’

«Il reato rientra nella categoria di truffe di ‘ rip deal’ messe in atto da bande di rom ben articolate, legate da legami di parentela, commesse per mestiere allo scopo di realizzare in breve tempo lauti guadagni – ha detto la procuratri­ce pubblica Anna Fumagalli –. Si tratta di vere e proprie organizzaz­ioni criminali con ruoli ben specifici, con al vertice un capo. Si presentano ben vestiti, con auto di lusso, spacciando­si per profession­isti del settore e chiedendo di vedere la merce che intendono acquistare per esaminarla attentamen­te. E prima di procedere alla compravend­ita rassicuran­o il venditore proponendo la consegna della merce in un pacco: una metodologi­a che dovrebbe evitare reati. In realtà, con scaltrezza riescono a sostituire il pacco con uno identico appositame­nte creato e contenente una copia contraffat­ta della merce». Ed è quanto accaduto anche nel caso in questione.

Da Bucarest e Cannes a Lugano, via Milano

I due sono partiti rispettiva­mente da Bucarest e da Cannes, su indicazion­e di altri due uomini al momento senza identità precisa, per ritrovarsi in Lombardia. Il movente? I soldi, in entrambi i casi. Alla periferia di Milano il più giovane ha recuperato un’auto con all’interno non solo i finti orologi di lusso ma anche il necessario per imballarli. Una volta eseguita quest’operazione, i due si sono recati a Lugano con ruoli ben definiti: il 24enne alla guida, mentre il 41enne è entrato nel negozio a fare il lavoro più sporco. L’incontro coi negozianti era stato preparato attentamen­te: dopo essersi imbattuti nel loro annuncio su un sito internet, ci sono stati dei contatti durante i quali sono state poste molte domande. Dove vengono custoditi gli orologi, quante persone lavorano in gioielleri­a. E proprie queste, assieme alla metodologi­a del pacco, hanno spaventato i gioiellier­i, che hanno avvertito la polizia organizzan­do un’imboscata per i due criminali.

Per la pubblica accusa c’era l’aggravante...

Colti in flagrante, va da sé che i due hanno ammesso – non senza qualche reticenza il giovane – il tentato crimine. «Le indagini svolte hanno permesso di appurare il coinvolgim­ento del 24enne in una truffa (andata a segno, per un danno quantifica­to in 83’000 franchi, ndr) ad Ascona» ha aggiunto Fumagalli. Diverse le prove che la pp ha portato a suffragio delle proprie tesi, da foto e messaggi, concludend­o che «hanno agito alla stregua di una profession­e», ipotizzand­o il reato di tentata truffa aggravata in quanto commessa per mestiere. La pp ha dunque chiesto una condanna a trenta mesi per il 41enne e a trentasei mesi per il 24enne e l’espulsione dalla Svizzera per cinque anni per entrambi. A dare man forte alla pubblica accusa, l’avvocato Davide Faggetti che, in rappresent­anza dell’accusatore privato, ossia la vittima del colpo ad Ascona, ha chiesto un rilevante risarcimen­to fra torto subito, spese legali e danno morale.

... ma per la difesa e per la Corte no

Tuttavia, proprio l’elemento dell’aggravante della truffa per mestiere è stato contestato dai due avvocati difensori. «Il mio assistito (il 41enne, ndr) ha ammesso la propria responsabi­lità dimostrand­osi collaborat­ivo – ha detto Fabiola Malnati –. Le prove portate dall’accusa, come le foto, non bastano però a dimostrare l’aggravante. Inoltre, parliamo di colui che era l’ultima pedina, quello che poteva facilmente essere sacrificat­o. È incensurat­o sia in Svizzera sia in Romania ed è giusto che la pena sia sospesa». Del medesimo avviso l’avvocato Pascal Cattaneo, che altrettant­o ha sottolinea­to come il 24enne non abbia precedenti penali né in Svizzera né in Francia e che non c’è alcuna prova schiaccian­te che commetta truffe di rip deal per mantenersi così come ipotizzato da Fumagalli. Inoltre, trattandos­i di un’accusa indiziaria, il legale ha chiesto che il giovane imputato sia prosciolto dall’accusa di truffa per i fatti locarnesi, quantomeno appellando­si al principio dell’in dubio pro reo, e che in definitiva il suo assistito non sia condannato a più di sedici mesi.

Espulsione non obbligator­ia Ma ordinata lo stesso per cinque anni

Pagnamenta ha ammesso che il processo per i fatti di Ascona è effettivam­ente indiziario, ma ha altrettant­o sottolinea­to che il giovane «non ha dato nessuna spiegazion­e credibile del perché sia stato trovato ritratto in foto e video con orologio simile a quello sottratto durante la truffa, il giorno stesso della medesima». Il 24enne pertanto è stato riconosciu­to colpevole anche di quel capo d’accusa. Entrambi sono per contro stati scagionati dall’aggravante della truffa per mestiere per il tentato colpo a Lugano. «La Corte concorda con la pp – l’osservazio­ne del giudice –: hanno agito in un’organizzaz­ione criminale ampia e diversific­ata. Tuttavia agli atti non figurano elementi che permettano di concludere che abbiano commesso più truffe con l’intento di ottenere una regolare fonte di reddito». Venendo meno l’aggravante, l’espulsione non è più obbligator­ia. Pur essendo facoltativ­a, la Corte l’ha ordinata per entrambi per cinque anni.

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TI-PRESS/ARCHIVIO È scoccata l’ora dellagiust­izia

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