È morto Alfredo Castelli, papà di Martin Mystère
Se il fumetto, in Italia, non è più considerato una cosa da ragazzini ma una forma d’espressione artistica lo si deve anche a lui, ad Alfredo Castelli, morto ieri all’età di 76 anni. Se il fumetto è riconosciuto come un’arte, Castelli si merita il titolo di maestro e, nel giorno della sua morte, è doveroso ricordarlo non solo come il papà di Martin Mystère, certamente il suo personaggio più popolare ma comunque solo una tappa di un percorso artistico e umano ben più ampio e che lo ha visto attivo come sceneggiatore, storico del fumetto, animatore e fondatore di riviste. La cattiva fama di quelli che, nel primo dopoguerra, erano chiamati “giornaletti” Alfredo Castelli la sperimentò fin da bambino: prodotto proibito in famiglia, gli venne concesso di leggerli, e in grande quantità, solo durante la quarantena per una malattia infettiva che, possiamo dire noi oggi, fu provvidenziale. Da lì nacque la grande passione per il fumetto e, più in generale, per la narrativa di genere che ha saputo fare sua con intelligenza e ironia. Lo vediamo già nel primo fumetto che Castelli, appena diciottenne, riuscì a pubblicare sugli albi di Diabolik: la serie umoristica di Scheletrino, alla quale seguì un’altra serie umoristica a tema horror, Zio Boris.
Sempre in quegli anni fondò ‘ Comics Club 104’, molto probabilmente la prima fanzine italiana dedicata al fumetto, nel quale si cercava di riscostruire il lavoro – quasi sempre non accreditato – di grandi fumettisti, talvolta ricorrendo alla fantasia: non riconoscendo il disegnatore di Topolino Floyd Gottfredson, Castelli si inventò un misterioso autore, Al Levin, il cui nome si diffuse tra gli appassionati trovando anche spazio in qualche pubblicazione ufficiale e che lo stesso Castelli riesumò, anni dopo, nell’ambito di una finta controstoria della Disney in cui il personaggio di Topolino era inizialmente afroamericano. Leggerezze di giovinezza e burle più mature a parte, va precisato che Castelli è stato, come accennato, uno storico del fumetto, tra i più competenti al mondo per quanto riguarda gli inizi di quest’arte, tra fine Ottocento e inizio Novecento. Ma torniamo agli anni Settanta, quando Castelli divenne una delle figure di riferimento del ‘Corriere dei ragazzi’, dove oltre a creare i popolari Gli Aristocratici, un gruppo di ladri gentiluomini, suggerì a un giovane Silver di battezzare il suo fumetto con il nome del personaggio più interessante, Lupo Alberto. Sempre in questo periodo nacque l’interessante ‘ Omino Bufo’, antesignano dei fumetti “disegnati male” – in questo caso dallo stesso Castelli – oggi popolari soprattutto online. Seguirono collaborazioni con ‘Il Giornalino’, ‘Supergulp’, ‘Diabolik’ (stavolta come sceneggiatore delle storie del re del terrore) e, soprattutto, con la Sergio Bonelli Editore per la quale scrisse alcune avventure di Mister No e di Zagor e creò, nel 1982, il già ricordato Martin Mystère, personaggio che segnò un importante rinnovamento rispetto ai più tradizionali Tex e Zagor. Il “detective dell’impossibile” è uno studioso che indaga misteri come la civiltà perduta di Atlantide, gli extraterrestri e le società segrete affiancato da un uomo di Neanderthal scampato all’estinzione, in una reinterpretazione di temi classici del genere d’avventura ricca di ironia e di elementi metanarrativi. Martin Mystère è uno dei pochi personaggi dei fumetti a non avere una “divisa” che lo renda riconoscibile e a invecchiare, con tanto di “crisi esistenziale” con il passare degli anni (in corrispondenza di quelle del suo creatore Alfredo Castelli). Un peccato che non vedremo mai una storia ispirata dalla radioterapia alla quale si era sottoposto per contrastare la malattia che alla fine l’ha ucciso: come ha raccontato in una delle ultime interviste, era affascinato da “quei macchinari e quello che fanno sono così affascinanti: rompo le scatole continuamente ai medici perché mi spieghino come funzionano quegli apparecchi, a che cosa servono luci e manopole”.