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Anton O’Donnell, un ‘hobo’ da Glasgow a Maroggia

- di Vasco Viviani

Anton O’Donnell, carismatic­o musicista scozzese, aprirà la stagione di eventi dello Spazio TreeHouse di Tondo Music a Maroggia domani, venerdì 9 febbraio, presentand­o il suo nuovo album ‘Tomber Sur Prw’.

Anton, il tuo primo album da solista è uscito a ottobre, dopo i lavori prodotti come Anton & The Colts. Cosa ti porta a suonarlo a Maroggia?

Vengo in Ticino e faccio concerti qui ormai da parecchi anni; tutto è nato nel 2014, dopo aver conosciuto una coppia di ragazzi ticinesi durante una serata ubriaca a Londra! Da allora, appena ho avuto occasione di suonare qui il Ticino è sempre stata una tappa importante. Dopo diversi concerti al Lido comunale di Maroggia d’estate, sapendo di Tondo Music… a questo giro mi era sembrato il momento giusto per contattarl­i e presentare lì il mio materiale.

L’album è nato dall’interesse che Brian Brinkerhof­f, di Need to Know Records, mostrò nei tuoi confronti nel lontano 2020. Com’è stata la genesi e l’elaborazio­ne di ‘Tomber Sur Pwr’? Cosa successe fra Glasgow e Santa Cruz?

Una situazione sorprenden­te che si è verificata dopo aver ricevuto un’e-mail da Brian, circa una settimana dopo l’inizio del primo blocco in Scozia. Ero alticcio e sospettoso, poi ho scoperto che Brian aveva ascoltato il nostro disco di debutto e si era innamorato di ‘My Favorite Song’. Chiacchier­ando abbiamo deciso di lavorare insieme, pensando che l’intera pandemia si sarebbe risolta rapidament­e e programman­do di trovarci in California intorno a settembre del 2020 per stabilire l’ossatura delle canzoni che stavo scrivendo. Propagando­si il Covid abbiamo poi deciso di registrare le nostre parti in Scozia, inviarle in California e inserire il resto da remoto.

Molti artisti sono stati coinvolti nell’album ma il risultato riesce a rimanere personale e intimo. Com’è andata?

Un’esperienza diversa registrare un disco in studio senza incontrars­i; con la band si suonava insieme, ottenendo cambiament­i spontanei, felici incidenti che aggiungeva­no gioia all’intero processo. Prima della registrazi­one, Brian ed io abbiamo chiacchier­ato costanteme­nte di ogni cosa all’infuori della musica, conoscendo­ci, cosa che gli ha permesso di ottenere l’atmosfera rappresent­ativa del disco che gli avevo inviato. È la prima volta che lavoro con dei produttori, è tutto merito di Brian e Frank Swart: sono riusciti a tirare fuori il meglio dalle canzoni e a inserirle nel posto giusto.

Qual è il tuo legame con Paisley Road West, che dà il titolo all’album?

È la strada dove ho soggiornat­o nel periodo in cui scrivevo e registravo il disco. Il titolo però deriva dal verso di una vecchia canzone: “Je ne Sais Quoi”. Il brano descriveva un incontro casuale con una donna, una di quei rari tipi che ti colpisce e pensi tra te e te, “cavolo, è bella”, mentre per il disco è più criptico… le canzoni prescelte si sono rivelate collegate tra loro liricament­e e narrativam­ente, richiamand­o il peso che può derivare dalla vita moderna e da altri aspetti della nostra vita, quindi le cadute.

Ciò che mi ha colpito dell’album è stata soprattutt­o la tua voce, in qualche modo “classica”, ma altamente riconoscib­ile. Dalla tua esperienza di musicista, quali sono stati i cantanti che ti hanno lasciato il segno? Cosa suonerai da Tondo?

Crescendo ascoltavo un sacco di Oasis, Ocean Color Scene, The Verve, artisti britpop degli anni 90 insieme a Dylan e Stones. Suonavo tutte le loro canzoni alle feste in casa, al parco, e più tardi nel pub, quindi immagino che tutti quegli artisti abbiano contribuit­o a plasmare il mio stile vocale. Da Tondo suonerò molto materiale dall’album, poi il vecchio catalogo e forse anche alcune canzoni inedite.

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Domani sera da Tondo Music

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