Sparò al figlio, inflitti nove anni di prigione
Fu tentato omicidio per dolo diretto: la Corte delle Assise criminali di Lugano ha condannato il 51enne a una pena superiore a quella chiesta dall’accusa
Non sette anni e mezzo di prigione, bensì nove. Il giudice Mauro Ermani, presidente della Corte delle Assise criminali di Lugano, ha inflitto al 51enne una pena superiore alla richiesta (di sette anni e mezzo) formulata mercoledì dalla pubblica accusa, sostenuta dal procuratore generale sostituto Moreno Capella. Nella sua arringa pronunciata ieri, l’avvocata Letizia Vezzoni, invece, aveva postulato una condanna non superiore ai cinque anni di reclusione. La legale valuterà nei prossimi giorni, assieme al suo assistito, un’eventuale dichiarazione di ricorso contro la sentenza.
La ricostruzione difensiva regge, ma...
La Corte, composta dai giudici a latere Renata Loss Campana e Luca Zorzi, più sei assessori giurati, ha spiegato il giudice nella breve motivazione orale della sentenza, ha condiviso la ricostruzione fornita dalla difesa, ma solo fino ai fatti del 4 agosto, quando il padre ha sparato per due volte al figlio, non uno solo né accidentalmente, bensì con intenzione. Come ha stabilito la perizia balistica, infatti, uno dei due colpi ha ferito il figlio da una distanza di almeno quattro metri, senza dimenticare che sono stati due i bossoli rinvenuti dalla polizia lungo la via Aeroporto di Agno dove si sono svolti i fatti la domenica del 7 agosto del 2022, quando il padre sparò al figlio. Ci sono dunque, agli occhi della Corte, tutti i requisiti per la realizzazione del reato di tentato omicidio per dolo diretto, come invocato dalla pubblica accusa, che ha rinunciato a sostenere la qualifica del reato di tentato assassinio.
Il giudice ha detto che la narrazione dell’avvocata è stata condivisa. La Corte ha però rilevato che l’imputato aveva alle spalle una precedente condanna risalente a 30 anni fa, in seguito alla quale non ha mai voluto intraprendere un percorso riabilitativo. Ermani ha pertanto sostenuto che l’uomo non si è mai messo in discussione, nemmeno quando è diventato padre, sebbene non avesse i mezzi per far fronte al suo ruolo di genitore. Di fronte ai primi segnali di scompensi del figlio, che si assentava spesso da casa e aveva contrasti in famiglia, non aveva gli strumenti per gestire come avrebbe dovuto la situazione. Al contrario, il padre non ha mai smesso di drogarsi con varie sostanze e addirittura ha condiviso il consumo di stupefacente con il figlio. Col passare degli anni, tutto ciò non ha fatto altro che peggiorare, ha proseguito Ermani. Fino al culmine di una relazione già compromessa, quando il giovane ha rubato i risparmi di una vita alla nonna (50’000 franchi). Questo episodio ha rappresentato la svolta, ha continuato il giudice. Una svolta che ha fatto scattare il conflitto di lealtà del padre con la madre (la nonna del figlio).
Due bossoli, due colpi esplosi
Da quel momento, nel tentativo di recuperare il bottino prima che sparisse, l’imputato si è messo a condurre un’indagine parallela, per conto proprio, ha indotto la compagna e la madre a mentire agli inquirenti sulla sua assenza da casa e si è convinto che il figlio meritasse una lezione. La Corte, ha aggiunto Ermani, è giunta alla stessa conclusione della difesa, per quanto riguarda la domenica 7 agosto del 2022, quando l’uomo è uscito di casa. Avrebbe voluto incontrare anche le altre persone, che probabilmente erano coinvolte nel furto. È inoltre plausibile che tra padre e figlio si fosse innescata una colluttazione. Tuttavia, come detto, i riscontri oggettivi hanno dimostrato che gli spari non sono stati esplosi accidentalmente. Sono stati rinvenuti due bossoli e la perizia balistica ha stabilito che almeno un colpo è partito da una distanza, tra papà e figlio, di almeno quattro metri. Da questi fatti difficilmente confutabili, il giudice ha detto che la Corte è giunta alla conclusione secondo la quale i due spari sono stati esplosi intenzionalmente. Giuridicamente, in questo caso, si parla di dolo diretto, ecco perché l’uomo è stato riconosciuto colpevole di tentato omicidio intenzionale.
L’uomo ha scelto strategie sbagliate
Il comportamento dell’imputato dopo gli spari ha ulteriormente convinto la Corte della colpevolezza dell’uomo, che ha cercato di tenere la situazione sotto controllo e non ha seguito il figlio all’ospedale. In seguito, ha osservato Ermani, l’imputato ha tentato di sfuggire alle proprie responsabilità, ha mentito agli inquirenti, o non ha raccontato tutto come avrebbe dovuto, sostenendo dapprima di aver sparato due volte, poi una sola, versione mantenuta anche in aula penale. Di fronte all’inasprirsi della situazione, l’uomo ha scelto le strategie sbagliate. In questo caso si è giunti molto vicini al decesso di una persona e la Corte, ha spiegato il presidente, ha preso in considerazione i criteri emersi dalla giurisprudenza per i casi simili. In altre parole, è partita da una pena di 14 anni di reclusione. Una pena poi attenuata siccome sono state considerate la scemata responsabilità, il disagio e la prostrazione dell’uomo. Nella commisurazione della pena, gli spari del 7 agosto 2022 sono costati all’imputato 8 anni di carcere, mentre un altro ne è stato aggiunto, per altri reati per i quali è stato riconosciuto colpevole. A favore del 51enne, nella commisurazione della pena, è andata unicamente una lieve collaborazione in corso d’inchiesta. La Corte ha inoltre riconosciuto, nel principio, la richiesta di risarcimento per torto morale avanzata mercoledì dalla patrocinatrice del figlio. La quantificazione richiesta, ossia 40’000 franchi non è stata accolta. Una decisione in merito è stata dunque rinviata al foro civile.
‘Per lei, la riabilitazione sarà lunga’
Il percorso di riabilitazione è ancora lungo per lei, ha detto Ermani rivolgendosi all’imputato, per il quale è stato ordinato un trattamento ambulatoriale. Vani sono stati i tentati della difesa di far valere il rapporto della psichiatra del carcere dove l’uomo è detenuto, fino a ieri da metà dicembre 2022 in espiazione anticipata della pena. Un rapporto che, secondo Vezzoni, dimostrerebbe che il suo assistito è autenticamente pentito di ciò che ha fatto e della sua predisposizione a collaborare. La prognosi della psichiatra documenta i passa avanti dell’imputato nell’affrontare i sensi di colpa e di sconfitta come genitore.
La Corte non ha condiviso le richieste avanzate dalla legale del 51enne nell’arringa pronunciata ieri mattina. L’avvocata Vezzoni ha chiesto invano una riduzione sostanziale della pena richiesta dalla pubblica accusa (sette anni e mezzo di reclusione). Nell’eventualità che la Corte non ritenesse l’accidentalità dello sparo (o degli spari), Vezzoni ha chiesto di tenere in considerazione il disturbo della personalità che è stato accertato dal perito, la scemata responsabilità, la collaborazione dell’imputato e la sua disponibilità a sottoporsi a un trattamento ambulatoriale.