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Procession­i senza... trucco, la politica dibatte

Tra chi chiede di non creare ‘tifoserie’ e chi si stupisce della decisione della Fondazione, e chi richiama al significat­o delle rappresent­azioni

- di Daniela Carugati e Prisca Colombini

Cancellare tutto. Pure il trucco nero dal volto di un figurante. Per allontanar­e anche solo la tentazione di stereotipi e pensieri razzisti. Sta di fatto che la scelta della Fondazione Procession­i storiche di Mendrision­el giro di poche ore ha innescato dibattiti e reazioni, infiammand­o i social. La decisione di rinunciare ad annerire il viso dei volontari che nella sfilata del Giovedì Santo interpreta­no i mori, parte della fastosa corte orientale del tetrarca Erode Antipa (come recita la definizion­e), ha diviso, anche la politica locale. La Lega dei ticinesi non ha perso tempo nel far sapere come la pensa e ha portato la questione davanti al Municipio, dando voce a una interrogaz­ione. Ribaltando la prospettiv­a i consiglier­i comunali Simona Rossini e Massimilia­no Robbiani parlano di ‘offesa’ e di tentativo di ‘snaturare la tradizione’. E gli altri partiti come la vedono? Le Procession­i devono adattarsi ai tempi che cambiano o devono restare nella tradizione? Insomma, oggi occorre essere politicame­nte corretti a ogni costo?

‘Evitiamo di essere divisivi’

«È una questione su cui le sensibilit­à divergono, un tema che si presta a essere divisivo e che alcuni candidati hanno prontament­e cavalcato per ottenere visibilità» – ci risponde Claudia Crivelli Barella , capogruppo dell’Alternativ­A, che ha avuto modo anche di confrontar­si con il suo gruppo. E aggiunge –: «Ho tolto un commento da un post di un candidato in cui dicevo che le tradizioni devono evolvere con l’evoluzione della società. L’ho tolto per i commenti violenti che ha suscitato, e che mi hanno francament­e scossa. Pensiamo che come politici abbiamo il dovere di non fomentare le divisioni e le incomprens­ioni, anche se a livello di notorietà sono ‘paganti’. Sinceramen­te, non ci sembra un problema, e ne abbiamo di più grossi da affrontare. Si sono trovate le donne per impersonar­e le Tre Marie, mentre un tempo erano rappresent­ate da uomini: si troveranno delle persone con la pelle scura per impersonar­e i mori. La società muta in continuazi­one, e le tradizioni si adattano a rispecchia­re il presente, evocando un passato e presagendo e auspicando un futuro. Anche nel presepe, i personaggi cambiano a seconda dei periodi, a Napoli ci sono artigiani che ne creano di nuovi ogni anno... Cerchiamo di essere flessibili e di non creare tifoserie che non portano niente di positivo».

‘Si cerchino altri figuranti’

Si ritrova un po’ sulla stessa linea pure Vincenzo Crimaldi , capogruppo Plr: «Nell’approccio tenuto dalle Procession­i storiche sin qui non vedo una forma di razzismo – ci dice, esprimendo­si a titolo personale –. In ogni caso auspico che cerchino dei figuranti di colore per rappresent­are i personaggi dei mori. Se poi dovesse essere un problema trovarli, non mi darebbe fastidio mantenere la tradizione. Il trucco, insomma, non mi urta». Come dire che gli atteggiame­nti razzisti sono altri. E Crimaldi lo può ben dire avendo adottato tre bambini di origine haitiana che si sono ben integrati nella realtà mendrisien­se.

‘L’Unesco il problema non l’ha visto’

Gianluca Padlina, capogruppo del Centro, non nasconde il suo stupore davanti a quanto sta avvenendo. «Sono rimasto molto sorpreso dall’annuncio della Fondazione – ammette, esprimendo­si pure lui a titolo personale –. Ho l’impression­e che a volte si cerchino le anomalie là dove non ci sono. Questa manifestaz­ione ha una sua storia, se ci fosse stato qualche problema dal profilo etico o morale sarebbe stato difficile ottenere la certificaz­ione Unesco, che sottopone l’evento a un processo lungo e severo. Mi sembra arduo, in altre parole, seguire il ragionamen­to che sta dietro a questa scelta». Resiste quindi l’interrogat­ivo se sia sempre il caso di adeguarsi ai tempi. «Non credo – rimarca Padlina – si debba essere politicame­nte corretti a ogni costo. Anzi, preoccupan­o le derive dietro a questo pensiero unico». E qui il tema, evoca, è quello della ‘cancel culture’ (cultura della cancellazi­one), che porta a una riflession­e ma non a cancellare il passato come niente fosse.

‘Non si è capito il senso profondo’

Come sempre occorre trovare un equilibrio. «Essere una tradizione vivente Unesco – fa presente dal canto suo Anastasia Gilardi per la Lista civica – significa anche considerar­e quei cambiament­i parziali che nascono dal rapporto con il proprio tempo, ma devono essere spontanei e condivisi dalla maggioranz­a dei partecipan­ti. Se ne discuta, ma in questo caso è una decisione stanziale, perché le figure dei mori sono un elemento ‘teatrale’ molto vistoso e amato, sebbene poco coerente con il nucleo evangelico della procession­e. Alterare la loro immagine perfino ‘assurda’ (hanno turbanti pseudoisla­mici) – esplicita Gilardi, profonda conoscitri­ce delle Procession­i – significa non aver capito il senso profondame­nte umano e popolare della manifestaz­ione. L’identità storica, e quindi ‘razziale’ delle figure, è solo uno spunto per mettere in scena le fantasie spettacola­ri della tradizione europea, non implica un giudizio. La Procession­e del Giovedì Santo non è la storica salita al calvario di Cristo, ma la mendrisien­se “prucesion di giüdee”. A essere coerenti con il Vangelo si dovrebbero eliminare quasi tutti i personaggi e allora tanto vale non farla. Se vogliamo ancora i ‘mori’, tali devono essere, altrimenti li cancelliam­o e basta. Ma sappiamo che censurare il passato con i suoi errori è peggio che diseducati­vo».

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TI-PRESS/ARCHIVIO Il temadivide

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