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Un po’ di mistero ai Premi Hugo

Tra esclusioni misteriose e dimissioni di alto profilo, il prestigios­o premio di fantascien­za si trasforma in un giallo nella sua prima edizione in Cina

- di Virginia Antoniucci

Una singola storia, un post e alcuni tweet: è bastato questo per scatenare una tempesta sulle piattaform­e social in seguito alle dichiarazi­oni di Rebecca F. Kuang, autrice del bestseller ‘Babel. Una storia arcana’ (Mondadori, 2023), e Xiran Jay Zhao, la mente dietro ‘Iron Widow’ (Rizzoli, 2022). Due figure di spicco del panorama letterario sorprenden­temente escluse dalla corsa al prestigios­o Premio Hugo (Hugo Award), trasforman­do la premiazion­e di opere fantasy e fantascien­tifiche in un misterioso giallo. Tutto è cominciato con Rebecca F. Kuang, il cui romanzo, nonostante fosse un potenziale finalista, è stato dichiarato non idoneo. E la domanda “perché?”, rimasta tuttora senza risposta, è ciò che ha scatenato le polemiche.

Cos’è il Premio Hugo

Organizzat­o dalla World Science Fiction Society (Wsfs), il Premio Hugo è un riconoscim­ento annuale che celebra opere di fantascien­za e fantasy dagli anni Cinquanta del Novecento, coinvolgen­do i membri della World Science Fiction Convention, conosciuta come Worldcon, che votano per le loro opere e autori preferiti in varie categorie.

Il 2023 ha visto per la prima volta approdare il Premio Hugo in Cina, con la cerimonia di premiazion­e tenutasi a ottobre, ma solo il 20 gennaio i nodi sono venuti al pettine, quando il sottocomit­ato di Chengdu ha reso pubbliche le statistich­e di voto.

Se prima le lamentele degli autori potevano essere lette come un semplice sfogo per una deludente sconfitta, i dati di voto successiva­mente rilasciati hanno alimentato i sospetti di censura nei confronti di diverse opere apparentem­ente idonee per il Premio Hugo 2023 come il già citato ‘Babel. Una storia arcana’ di Kuang, ampiamente favorito per l’Hugo come Miglior romanzo, avendo già vinto i premi Nebula e Locus.

I sospetti di censura

La mancanza di chiarezza sulla motivazion­e dell’ineleggibi­lità di ‘Babel’, insieme alle lacune nei dettagli dei dati di voto, hanno generato confusione tra i lettori e minato l’autorevole­zza del premio.

La questione si complica ulteriorme­nte quando si scopre che i libri esclusi hanno come denominato­re comune temi socialment­e controvers­i – come peraltro spesso capita nella fantascien­za e nel fantasy – e invisi alle autorità cinesi come il colonialis­mo e il razzismo in ‘Babel’ o la misoginia e l’estrema pratica cinese dei piedi fasciati in ‘Iron Widow’ di Zhao.

Kuang è un’autrice sino-americana il cui lavoro attinge pesantemen­te dalla storia e dalla cultura cinese mettendone in luce le ombre. Da Robin Swift, che si impegna ad affrontare l’imperialis­mo britannico e fermare la guerra dell’oppio nell’Oxford vittoriana di ‘Babel’, alla trilogia d’esordio ‘La guerra dei papaveri’ (Mondadori, 2020), una storia che affonda nelle atrocità della guerra dell’oppio, della guerra civile cinese e della seconda guerra sino-giapponese.

A completare il quadro, suo padre prese parte alle proteste di piazza Tienanmen, episodio che Kuang racconta attraverso una delle protagonis­te del suo ultimo libro ‘Yellowface’ (HarperColl­ins Publishers, 2023), al momento non ancora disponibil­e in italiano. Il contenuto politico dei suoi romanzi, secondo l’autrice, è una delle ragioni per cui la sua trilogia ‘La guerra dei papaveri’ non è mai stata tradotta in cinese e, sebbene ‘Babel’ abbia accordi di traduzione sia in Cina che in Taiwan, induce i fan a sospettare che la rappresent­azione della Cina di Kuang sia ciò che ha portato all’esclusione del suo romanzo dalla competizio­ne.

Il futuro incerto del Premio Hugo

Tra le tante speculazio­ni sull’accaduto, circola l’ipotesi – priva di prove concrete – che l’esclusione sia frutto di manovre censorie orchestrar­e dalla Cina. Ma come in ogni buon romanzo, la verità sfugge fino all’ultima pagina.

Il comunicato ufficiale del Premio Hugo ha cercato di gettare acqua sul fuoco, affermando che la responsabi­lità è della World Science Fiction Convention di quell’anno, in questo caso il Chengdu Worldcon in Cina che ha gestito l’intera procedura.

Ma i lettori e seguaci di Zhao e Kuang, affamati di verità e stanchi del rimbalzo di responsabi­lità tra gli enti, hanno cominciato a pungolare i membri del comitato con domande sempre più insistenti fino a far implodere e dimettere due delle figure più importanti: Dave McCarty, direttore del comitato Hugo, e Kevin Standlee, presidente del Consiglio della Worldcon Intellectu­al Property (Wip).

Nei giorni antecedent­i alle dimissioni, lo stesso Dave McCarty avrebbe inizialmen­te fornito risposte elusive, sostenendo che autori e libri non soddisface­vano i requisiti dei riconoscim­enti, per sfociare in un comportame­nto aggressivo e al limite della maleducazi­one alla richiesta di mostrare gli articoli del regolament­o citati, compromett­endo la sua figura e la stessa legittimit­à del premio.

Il mistero che avvolge il Premio Hugo 2023 suona come un campanello d’allarme nel mondo letterario, chiamato a confrontar­si con delicate questioni politiche sempre più intricate. Tuttavia, è proprio questo universo che dovrebbe essere il principale custode dei valori fondamenta­li di inclusivit­à e di libertà d’espression­e. Le accuse di censura, e il modo in cui sono state affrontate, pesano sul futuro del riconoscim­ento.

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La cerimonia di premiazion­e al Chengdu Science Fiction Museum

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