Da Eisenhower a Napoleone
Dopo le ristrettezze dell’Auditorio il pubblico è tornato agli agi della Sala Teatro del Lac, dove c’è ancora sovrabbondanza di posti, anzi c’è una caccia disordinata a posti liberi che dovrebbe essere un po’ disciplinata. L’Orchestra intanto ha ritrovato il direttore slovacco Juraj Valcuha e il pianista polacco Piotr Anderszewski, che le sono certamente congeniali.
In programma “These Worlds in us” di Missy Mazzoli è del 2006, il Terzo Concerto per pianoforte di Béla Bartók del 1945, la Terza Sinfonia di Ludwig van Beethoven del 1804. Un programma che traccia due secoli in retromarcia con opere create nelle capitali politiche, ovviamente anche economiche, del loro tempo: Nuova York e Vienna. Nuova tra gli ospiti nei programmi dell’Orchestra della Svizzera italiana, Missy Mazzoli (*1980) è una compositrice americana di Pennsylvania, quindi comprensibilmente di casa nella non lontana New York. Il suo brano eseguito ieri, breve e forse utile agli ascoltatori per saggiare le peculiarità acustiche della sala, mi è sembrato di modesta qualità. Ricorderò la serata di giovedì soprattutto per il concerto di Béla Bartók, opera estrema e tragica, incompiuta nelle ultimissime battute per la morte sopraggiunta del compositore. Opera che intriga e attrae molti grandi interpreti, che il melomane, grazie ai mezzi elettronici di cui dispone, può ascoltare con agio. L’interpretazione introversa, forse sofferta di Anderszewski, si è dipanata nel silenzio assoluto della sala, ha soggiogato un pubblico che alla fine ha, col dovuto rispetto, atteso per sciogliere un applauso appassionato, che è poi stato compensato fuori programma da una Sarabanda di Johann Sebastian Bach.
Nella seconda parte con l’Eroica di Beethoven, il programma ha fatto un salto nel tempo di un secolo e mezzo e nel luogo: dalla Nuova York del generale Dwight Eisenhower alla Vienna di Napoleone Bonaparte. L’Eroica è una sinfonia troppo bella e troppo nota, si può quasi fischiettare. La magnifica Orchestra l’ha eseguita con una precisione mozzafiato, con scelte dinamiche e ritmiche felicissime: l’Allegro con brio come “una gioconda corsa di gara per salire un colle”, la Marcia funebre con la serenità del filosofo che sa quanto la vita sarebbe terribile senza la morte… C’è anche un modo di misurare la riuscita di un concerto al Lac osservando il pubblico all’uscita. Dalla serenità di chi non ha l’ombrello ed ha cominciato a piovere, di chi si mette in coda tranquillo alle insufficienti macchine timbra-tagliando degli autosili.