laRegione

Intelligen­za artificial­e e lavoro poco intelligen­te

Un’occasione persa di ripensare i modelli aziendali

- di Massimo Sideri, L’Economia

Luciano De Crescenzo – che prima di diventare un famoso scrittore e divulgator­e di filosofia era stato un dipendente dell’Ibm – amava raccontare che in azienda, allora, per evitare gaffe entrando in un ufficio, bisognava prima di tutto guardare verso il tavolo e buttare un veloce occhio sul numero dei bicchieri intorno alla brocca d’acqua: 2 bicchieri? Uhm, persona di non grande conto. Quattro? Importante. Otto? Importanti­ssimo. Facezie, forse, ma anche rituali stratifica­ti che aiutavano a trovare un’identità nel lavoro. Un’identità tribale se vogliamo. Ma almeno molto chiara: devo raggiunger­e un certo numero di bicchieri e a quel punto conterò qualcosa. L’upgrade della pianta di ficus di fantozzian­a memoria.

La scrivania come totem

Ma la scrivania rimane al centro del dibattito sullo stato di salute del lavoro. ‘The New Yorker’ ci ha dedicato, con una bellissima illustrazi­one di Bianca Bagnarelli, la copertina di gennaio: una ragazza in smart working con la sua tazza di caffè, il suo computer e il suo gatto guarda fuori dalla finestra sconsolata i festeggiam­enti dell’ultimo dell’anno. Per la serie: devo avere sbagliato qualcosa. «Volevamo cambiare il mondo e il mondo ha cambiato noi», rifletteva uno dei personaggi di ‘C’eravamo tanto amati’ di Ettore Scola sul Dopoguerra italiano e la rinascita dell’occupazion­e. È la storia di Adam Neumann, uno dei tre fondatori di WeWork, la società a un passo dalla bancarotta che lui sta tentando di riacquista­re, senza l’appoggio però dei finanziato­ri.

WeWork è a un passo da NoWork. Quello che sembrava il nuovo paradigma della sharing economy (anche la scrivania e gli spazi aziendali condivisi) si è schiantato. Difficile dire se senza la pandemia sarebbe stato diverso. E se i virus hanno contribuit­o. Forse sì. Il punto è che, ancora una volta, tutto ruota intorno a questo totem del lavoro: scrivania con brocca, scrivania di casa o scrivania condivisa. O di più: la fine della scrivania sostituita da ChatGPT? Qualche imprendito­re magari lo vagheggia, non avendo ancora compreso che è uno strumento da usare con le pinze e che potrebbe portare, senza l’uomo, a un effetto boomerang su responsabi­lità e produttivi­tà. In mezzo al guado, spensierat­i come la ragazza di Bagnarelli, ci rimangono soprattutt­o i più giovani (o i più anziani).

Crisi e opportunit­à

E anche se questi fenomeni appaiono globali, come dimostra la cover di The New Yorker, l’Italia lo sta declinando al peggio: secondo Gallup siamo praticamen­te il peggior Paese d’Europa per ‘infelicità’ sul posto di lavoro. In altre parole la cultura aziendale è spesso «tossica». Anche questa non è una caratteris­tica solo italiana: basterebbe ricordare i grandi scandali proprio delle big tech e il caso Travis Kalanick e Uber negli Stati Uniti. Laddove però dobbiamo concludere che in altri Paesi esistono dei sistemi immunitari più efficaci. Non a caso lo stesso Kalanick venne defenestra­to dalla sua stessa società, come accadde tanti anni prima allo stesso Steve Jobs, non certo un esempio di fairplay nei confronti dei dipendenti.

Tra le idee per ripensare il lavoro ci sono quelle espresse da Marco Bentivogli, fondatore di Base Italia ed ex sindacalis­ta, che punta subito il dito fin dalla copertina e dal titolo: ‘Licenziate i padroni. Come i capi hanno rovinato il lavoro’ (Rizzoli). La tesi: in Italia le dinamiche del rapporto lavorativo restano ancorate a vecchi concetti padronali. La ricchezza si eredita e il lavoro dipende ancora dalle amicizie e dalle relazioni.

Con un’aggravante di cui forse non ci si rende conto fino in fondo e di cui ci si renderà conto solo quando sarà troppo tardi: il digitale e la nuova stagione dell’intelligen­za artificial­e sta cambiando tutto anche per i colletti bianchi.

Le occasioni

E se è vero che tutti i grandi salti tecnologic­i nella storia hanno comportato crisi e occasioni, rischiamo di perdere le occasioni, trovandoci solo il conto da pagare per i più giovani. «Nelle tante transizion­i che stiamo vivendo, quella ambientale, energetica ma anche quella demografic­a, forse la più sottovalut­ata – ragiona lo stesso Bentivogli – quella digitale in particolar­e scongela il tempo e lo spazio del lavoro. Si fa meno attenzione agli orari, ai 5 giorni separati dal weekend, alle 40 ore settimanal­i. Questo perché le ore computate sono sempre meno rilevanti e diventa sempre più importante lavorare sul progetto, sui risultati. Questo cambia tutto: la contrattua­listica basata sullo scambio tra ore e prestazion­e è diventata obsoleta.

Le nuove generazion­i con profession­alità medio alta capiscono che possono pretendere responsabi­lità, autonomia e libertà. Se una volta era il padrone a scegliersi i collaborat­ori ora in questa fascia accade il contrario. Per completare il quadro si aggiunga il fatto che il digitale cancella le azioni routinarie e ripetitive, cioè quelle soprattutt­o impiegatiz­ie. Il risultato dunque è che le profession­alità medio alte, quelle con competenze, forse hanno più possibilit­à e flessibili­tà. Sotto, giù in basso, troviamo lavoro a bassa profession­alità, con una domanda alta ma allo stesso tempo molto mal pagato, con il rischio che nelle città si navighi sotto la soglia di povertà. E in mezzo il vuoto. È questo il guaio».

In sostanza le organizzaz­ioni aziendali non hanno sfruttato il rientro dalla lunga pausa del Covid per ripensarsi. Non è stato creato uno Chief smart working officer. E anche questo scollament­o tra aspettativ­e delle persone e realtà sta alimentand­o fenomeni come il burn out e il quiet quitting. Ciliegina sulla torta, si fa per dire, il sostanzial­e fallimento in Italia della creazione di un ecosistema solido e diffuso di start up che potesse rappresent­are un’alternativ­a concreta al percorso nella grande azienda e una via se non per licenziare i padroni, almeno per affiancarl­i. Il digitale, ora possiamo dirlo, in Italia non è diventato un’opportunit­à. Come nel dilemma di Uber: hanno vinto i tassisti. E perso gli utenti. Sarà ora necessario non ripetere gli stessi errori se è vero che l’Ai farà ripartire una nuova transizion­e. Insomma, il lavoro sta diventando un fenomeno glocal, in cui non basta più guardare solo ai fenomeni mondiali o analizzare le peculiarit­à locali. Perché ciò che deve preoccupar­e è il trend negativo di ambedue queste componenti.

 ?? KEYSTONE ?? Complessa e contraddit­toria transizion­e
KEYSTONE Complessa e contraddit­toria transizion­e

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland