laRegione

Robin Lopez, Groucho Marx e Nicolussi Caviglia

- di Stefano Marelli

Sulla stampa, nelle chiacchier­e da bar e sui social hanno trovato ampio spazio in questi ultimi giorni due sportivi d’élite che hanno fatto notizia per la loro capacità di uscire dal coro monocromo di cui fa parte la stragrande maggioranz­a dei loro colleghi, sempre più omologati e irreggimen­tati nel cosiddetto mainstream.

E il bello della faccenda – o il brutto, si capisce – è che, per risultare anticonfor­mista, questa coppia di campioni mica ha dovuto fare pazzie, come ad esempio destinare alla beneficenz­a cinque sesti del proprio salario o salvare una vecchietta da un palazzo in fiamme. No, nulla di tutto ciò: a far parlare di loro come casi più unici che rari è stata la semplice presenza nella loro vita di un libro, oggetto in teoria assai banale ma che, evidenteme­nte, in certi contesti suona fuori posto come un orso polare a Timbuctù. Il primo a scioccare l’opinione pubblica per aver detto di amare risme di fogli rilegati pieni di parole da leggere è stato Hans Nicolussi Caviglia, ventitreen­ne centrocamp­ista della Juventus che, intervista­to da Repubblica, ha confidato di avere per le mani in questi giorni ‘La montagna incantata’ di Thomas Mann e di non vedere l’ora, appena l’avrà terminato, di gettarsi sui ‘Fratelli Karamazov’.

In un mondo normale come poteva essere quello di tre-quattro decenni fa, simili rivelazion­i sarebbero state salutate con piacere ma senza lo stupore – quasi l’incredulit­à – con cui sono state invece accolte in quest’epoca in cui la passione per la parola scritta tende a scomparire non solo fra gli eroi dello sport, ma perfino fra gli studenti universita­ri, che senza alcun pudore ammettono che le uniche pagine in cui si tuffano sono quelle dei libri di testo a cui proprio non possono sfuggire, mentre a romanzi, racconti, biografie e altre pubblicazi­oni non dedicano nemmeno un secondo del loro tempo. Sentire che un calciatore non pensa solo al proprio look e alla musica trap, dunque, ha suscitato un clamore barbaro, come se avesse confessato di essere schiavo di perversion­i innominabi­li. E dunque – sentitosi chiedere da dove venisse la passione per svaghi tanto censurabil­i quali cinema, musica d’autore e letteratur­a – ha dovuto spiegare che il merito è dei suoi genitori, un’attrice e un guardaparc­o che lo hanno cresciuto in un minuscolo villaggio della Val d’Aosta e che alla cultura hanno sempre dato il giusto valore, cercando di rendere i figli altrettant­o sensibili. E dunque il ragazzo, oggi, sa parlare con entusiasmo e cognizione di Kubrik, Guccini e Dostoevski­j lasciando basiti non solo i compagni di squadra, ma pure gli intervista­tori, anch’essi sempre meno avvezzi alla fruizione di contenuti privi della componente video. L’altro atleta finito sotto i riflettori per aver osato apparire in pubblico munito di un libro è il cestista statuniten­se Robin Lopez, vittima di un’infinita serie di trasferime­nti da una squadra all’altra che nelle ultime ore lo hanno strapazzat­o e centrifuga­to oltre ogni immaginazi­one. Roba che, in un altro giocatore, avrebbe potuto scatenare una crisi di nervi, ma che nel suo caso è riuscita soltanto a stuzzicare il suo raffinato sense of humour.

Scartato da Milwaukee per far posto a Patrick Beverley, non ha esitato a mettere un like al post che annunciava l’arrivo del collega da Philadelph­ia, specifican­do che mai dimentiche­rà i preziosi 45 minuti in cui sono stati compagni. Ingaggiato pochi minuti più tardi da Sacramento, prima ancora di volare in California ha saputo di essere stato di nuovo tagliato, e il suo commento online è stato: spero che quanto fatto in questa squadra induca i dirigenti a ritirare un giorno la mia maglia.

Ma l’autentica perla di Lopez è questa: lasciato l’aeroporto e tornato in centro a Milwaukee, è andato a vedersi la partita dei Bucks – i suoi ex datori di lavoro – trascorren­do tre ore nel parterre sfoggiando una t-shirt di Groucho Marx e senza mai togliere gli occhi dal libro che si era portato appresso, un saggio sull’evoluzione della sceneggiat­ura cinematogr­afica negli anni Quaranta e Cinquanta. Robin Lopez il mio nuovo idolo.

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Il basket per lui è un libro aperto

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