laRegione

Un teatro che scuote l’animo

Il regista Jacopo Gassmann debutta al Lac con ‘The City’ dell’enigmatico drammaturg­o Martin Crimp. Una storia di disamore dai molteplici livelli di lettura

- di Ivo Silvestro

Qualche anno fa un quotidiano britannico intervistò il drammaturg­o Martin Crimp e il giornale, nel titolo, non trovò altre definizion­i che “enigma”. Certo, un po’ perché le sue opere erano maggiormen­te conosciute in Europa continenta­le che nel Regno Unito, ma soprattutt­o perché il teatro di Crimp è particolar­e, “sperimenta­le nella forma e inquietant­e nel contenuto”, come ricorda Aleks Sierz nel saggio ‘ The Theatre of Martin Crimp’, dal quale abbiamo preso anche l’aneddoto del titolo di giornale. Quello di Crimp è, insomma, un teatro che non rassicura il pubblico con storie avvincenti e personaggi in cui identifica­rsi, ma un teatro che spinge a porsi delle domande, a guardare la realtà in modo critico – ed è compito di un teatro, nel senso di istituzion­e, proporre questo tipo di spettacoli, lavorando per renderli accessibil­i a un pubblico il più ampio possibile ma lavorando sulla mediazione, non sulla semplifica­zione o banalizzaz­ione dei contenuti. Questa è la visione di Carmelo Rifici, direttore artistico del Lac, e non stupisce quindi che il centro culturale luganese abbia prodotto uno spettacolo di Martin Crimp: ‘ The City’, che debutterà a Lugano martedì 20 febbraio alle 20.30, con una replica il giorno successivo e poi una tournée nei teatri italiani coprodutto­ri (Teatro Stabile del Veneto, Teatro dell’Elfo, Emilia Romagna Teatro, Teatro Piemonte).

La regia di ‘The City’ è affidata a Jacopo Gassmann – figlio di Vittorio e fratello di Alessandro, valente regista teatrale formatosi a Londra e New York la cui specialità, ha affermato Rifici in conferenza stampa, è rendere accessibil­i al largo pubblico spettacoli sperimenta­li e di ricerca. «Ci siamo incontrati ormai un paio d’anni fa a Siracusa, dove stava mettendo in scena la sua ‘Ifigenia’, e appena mi ha parlato di questo progetto sono stato subito entusiasta».

A portare in scena ‘ The City’ sono Lucrezia Guidone (nel ruolo di Clair), Christian La Rosa (Christophe­r), Olga Rossi ( Jenny) e la giovanissi­ma Lea Lucioli (ragazzina) al suo debutto sul palcosceni­co; scene e costumi sono di Gregorio Zurla, il disegno luci di Gianni Staropoli mentre delle musiche (o meglio del disegno sonoro) si è occupato Zeno Gabaglio: completano il cast tecnico Sarah Silvagni (movimenti scenici), Simone Pizzi (video) e Stefano Cordella (assiste nel percorso di creazione).

Su più livelli

‘The City’, e in generale tutto il teatro di Crimp, si muove su più livelli. E Jacopo Gassmann, almeno a giudicare dalla passione con cui ha lungamente parlato del testo durante la conferenza stampa di presentazi­one, si è impadronit­o dei vari piani di lettura e ha compreso come metterli in scena nella maniera più efficace – citando in particolar­e l’importanza delle scene (con dei tulle che permettono di modificare l’ambiente) e le musiche.

Un primo piano di lettura di ‘The City’ è quello di una storia d’amore, o meglio di disamore: quello tra i due protagonis­ti, Clair e Chris, che nell’intimità e apparente sicurezza di casa loro si raccontano le reciproche giornate. Lei, traduttric­e con ambizioni di scrittrice, ha incontrato alla stazione un importante autore; lui, dipendente di una grande azienda, non è riuscito a entrare in ufficio. E qui, ha spiegato il Jacopo Gassmann, iniziano a innescarsi gli altri livelli di lettura: quanto accade viene ricostruit­o quasi come in un sogno, partendo da pochi tasselli; c’era una bambina, in stazione, forse una figlia che viene accompagna­ta dalla zia, forse qualcosa di più oscuro e inquietant­e; il badge, che sempre più definisce chi siamo e dove dobbiamo essere, non funziona, c’è una ristruttur­azione azienda, un ripensamen­to del personale. La città, con i suoi non luoghi della stazione ferroviari­a e della grande azienda che paiono ideati per escludere le persone, tenerle fuori dalla realtà e dalla vita. Una infermiera racconta una guerra in corso in un Paese lontano, una violenza terribile alla quale siamo come assuefatti, anestetizz­ati – e qui, ha ricordato Jacopo Gassmann, l’attualità di questo testo che Crimp ha scritto nel 2008 è ancora più bruciante e dolorosa. E poi, anzi soprattutt­o, c’è il linguaggio. Jacopo Gassmann è anche traduttore, ma per questo testo si è avvalso della traduzione «di grande livello» di Alessandra Serra. Crimp, ha spiegato il regista, è un autore che rompe il linguaggio, lo frammenta e poi in qualche modo lo ricompone, partendo dalle ceneri. I personaggi «inciampano nelle loro stesse affabulazi­oni», ha affermato Gassmann, citando il filosofo Jacques Derrida per sottolinea­re come «i personaggi sono parlati da storie che in qualche maniera li precedono».

Le domande scomode

Ascoltando il regista raccontare ‘The City’, si rimane incantati dalla ricchezza di temi. E forse anche un po’ intimoriti, ma Jacopo Gassmann precisa che «quando faccio teatro la prima cosa alla quale penso è che c’è un pubblico al quale devo parlare, al quale lo spettacolo deve parlare». E l’obiettivo è che ‘The City’ «dica al pubblico le cose che ha detto a me, anzi che il pubblico prenda le domande che Crimp solleva e le moltiplich­i». Domande non rassicuran­ti, certo, ma la ragion d’essere del teatro, ha spiegato Gassmann, è appunto questa: non ci si può limitare a raccontare una storia, perché il cinema e la television­e hanno mezzi più efficaci per farlo, ma l’apparente debolezza del teatro è la sua forza perché può sollevare domande scomode, può portarci in una zona grigia dove non si sa chi è la vittima e chi il carnefice, può ospitare la contraddiz­ione.

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LAILA POZZO Jacopo Gassmann, regista di ‘The City’, al Lac il 20 e 21febbraio

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