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L’accusa: ‘Ha percosso la moglie col cellulare’

Chiesti dieci mesi sospesi in favore della condiziona­le

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Dieci mesi sospesi condiziona­lmente per due anni. È questa la richiesta di pena formulata dalla procuratri­ce pubblica Marisa Alfier, nei confronti del 67enne comparso oggi dinnanzi alla Corte delle Assise correziona­li di Lugano, la cui lista di imputazion­i rispecchia la lunghezza del procedimen­to: dieci anche i capi d’imputazion­e contenuti nell’atto d’accusa. Lesioni semplici, minaccia qualificat­a e ripetuta, coazione ripetuta anche mediante stalking; danneggiam­ento ripetuto; trascurate­zza degli obblighi di mantenimen­to (ripetuta); violazione del dovere d’assistenza o educazione (ripetuto); ingiuria ripetuta; diffamazio­ne ripetuta e disobbedie­nza a decisioni dell’autorità. L’uomo, un cittadino italiano domiciliat­o nel Luganese – che in aula ha approfitta­to di tutta la fase interrogat­oria per fornire la sua versione dei fatti – tra il 2018 e il 2022 avrebbe schiaffegg­iato, percosso con un cellulare sulla mano, minacciato, diffamato la moglie. Ma la sua ira funesta avrebbe coinvolto anche un amico della coniuge, che avrebbe minacciato in più occasioni; e i suoi due figli, che oltre ad assistere ai litigi ben manifesti dei genitori, non avrebbero ricevuto gli alimenti per un totale di quasi 60mila franchi di arretrati. Per la procuratri­ce pubblica l’uomo, «si comporta come fosse l’unico depositari­o della verità, e non perde l’occasione di denigrare chi non la pensa come lui». Un comportame­nto, ha aggiunto l’avvocato Alan Gianinazzi , patrocinat­ore della moglie, «di stampo narcisisti­co e che vede solo le proprie rivendicaz­ioni, dimentican­do completame­nte gli altri. Non c’è traccia di pentimento». La difesa, rappresent­ata dall’avvocata Laura Rigato, ne ha chiesto invece l’assoluzion­e da ciascuna delle dieci imputazion­i non ritenendo che ci fossero i presuppost­i per le accuse imputate al suo assistito.

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TI-PRESS La sentenza è prevista per lunedì 19 febbraio alle 9.30 e verrà pronunciat­a dal giudice SiroQuadri

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