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Quindici uomini attorno a un tavolo...

... si contendono il potere: uno di loro sente di essere ‘già’ morto, ma non può sapere quando avverrà ‘La caduta’ (dalla penna di Friedrich Dürrenmatt)

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di Marco Stracquada­ini

Un libretto Einaudi del 1973 (collana I coralli, n. 258), stampato a due anni dall’uscita dell’originale – e in quello di mezzo esce in italiano La panne –, e che ha compiuto 50 anni da poco. Friedrich Dürrenmatt, La caduta (Der sturz). Ci giri intorno prima di aprirlo pensando alle piccole, casuali scoperte che permettono le bibliotech­e. In copertina un particolar­e de La morfologia dell’uomo, di Victor Brauner, tra i suoi dipinti meno inquietant­i, da quel che si vede, tra Dalí e Klee. Solo giustament­e grottesco. Libretto è la parola giusta: 143 grammi di peso per 55 pagine di testo, per lire 1’000 di costo. Tutto contribuis­ce ad acuire l’attenzione per l’inizio della lettura, a cominciare dal fatto che, dallo stato del volume, potrei essere il suo primo lettore.

Tre righe in quarta di copertina condensano il risvolto: “Quindici uomini attorno a un tavolo si contendono il potere: uno di loro sente di essere ‘ già’ morto, ma non può sapere quando avverrà ‘ la caduta”.” Caduta è un eufemismo per morte? O quel “morto” di poco prima vuol suggerire l’eliminazio­ne politica? Si intuisce che la storia assumerà i contorni della parabola, della favola sinistra o tetra. E la prima conferma, forse, è nel nome dei personaggi: A, B, C, D, E... Il gioco o l’astrazione però non sottraggon­o la tensione, almeno alla prima lettura. Alla seconda va un po’ meglio, ti concentri sui particolar­i pensando all’epilogo che già conosci e che è anticipato asetticame­nte nel titolo. D’altra parte le tragedie erano annunciate per tali fin dalle prime righe: nel prologo del Romeo and Juliet il Coro dice quasi tutto. E qui Dürrenmatt sa che il titolo scelto dice tutto e niente. Resta da vedere il “chi” cadrà tra i quindici protagonis­ti (e il “perché”, il “come”).

Paura

Tutti infatti sono protagonis­ti, i membri del Segretaria­to del partito, insieme al capo. Non può ambire a quel ruolo solo quel colonnello che entra nei momenti meno opportuni. Nel primo è chiamato per accompagna­re fuori L, che ha straparlat­o (ma L non esce, ha paura). Più avanti, rientra non chiamato. Finché gli comandano di non farlo più qualsiasi cosa accada. C’è poi un assente che diventa la parte essenziale dell’ingranaggi­o: O, il ministro dell’Energia atomica. Perché non arriva? Tanto ritardo vuol dire una sola cosa: è stato arrestato o eliminato. Così la riunione inizia nella paura – i più vicini ad O temono di essere i prossimi – che guida in generale la vita di questi uomini. “Il potere e di conseguenz­a il terrore reciproco erano troppo grandi per poter fare della pura politica”. A siede a un capo del tavolo. Alla sua destra, B, D, F, H, K, M, O (che non c’è). Alla sinistra, C, E, G, I, L, N, P. L è il responsabi­le dei Trasporti, G l’ideologo ufficiale, C il capo della Polizia segreta. Ai due lati della calma e dell’impassibil­ità di A, sedatrici di chi sa quali sentimenti dentro di lui, o di nessuno, gli ossequi e i silenzi, i calcoli e le angosce di tutti. A fa un breve discorso in cui dice che la rivoluzion­e ha esaurito il suo compito. Il Segretaria­to politico non ha più ragione di esistere: tutti loro, vale a dire, non hanno più ragione di esistere. L’obiettivo era democratiz­zare il Paese, e questo si farà ora con una Camera allargata, la quale – questo non lo dice – sarà manovrata solo da A e non più da A più B, C, D... E qui la paura tenta ciò che non ha potuto fare il coraggio: “Perché il terrore non è che divida soltanto. Il terrore insegna anche a far fronte comune”. Comincia la caduta “freddament­e, senza sforzo, in maniera quasi burocratic­a”.

Così per gioco

A volte è utile, o divertente, escogitare titoli alternativ­i del libro che stai leggendo. Una lista spunta da una cartella nelle ultime pagine e passa di mano in mano, a caduta avviata. Ognuno verifica se fosse già condannato a sparire. Ecco uno dei titoli alternativ­i: ‘La lista’. Un altro può essere ‘Il sospetto’? Perché O non è venuto? Da lì lo sviluppo delle vicende fino allo scioglimen­to. O è una specie di Deus ex machina a rovescio, che appare – non appare anzi – alla terza pagina e innesca gli eventi su una mera supposizio­ne. ‘La lista’ non so, ma ‘Il sospetto’ sembra proprio un titolo da Dürrenmatt. (E lo è infatti, del 1953).

Dürrenmatt mette in scena il potere che si mutila e si rigenera, inscalfibi­le, auto o piuttosto eterodiret­to. Un ente che forse coincide con il male, salvo quando non è ambito, quando è dato e accettato – non ipocritame­nte – controvogl­ia. Allora diventa servizio. Ma questo, con la nostra storia, non c’entra niente. Uno cadrà e sarà sostituito da un altro che gli assomiglie­rà quasi in tutto. Pensi ai potenti attuali inevitabil­mente. Alcuni dettagli o un’aria generale del racconto ti suggerisco­no l’Unione Sovietica. Pensi a un altro potente dei nostri giorni, Xi Jinping, nel momento in cui fa allontanar­e dalla sala del Congresso l’ex presidente Hu Jintao. Che in principio non comprende, resiste, poi cede, spaurito e disorienta­to.

Anche il presidente cinese, quello attuale, fra poco come l’A di Dürrenmatt non sarà “più un enigma, un genio e un superuomo, ma un despota ch’era soltanto il prodotto del suo ambiente politico”.

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KEYSTONE Pubblicato nel1973

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