laRegione

Gli ippopotami del narcotraff­ico

-

dall’inviato Ugo Brusaporco

Non passa giorno senza pioggia in questa grigia Berlino di un febbraio che le temperatur­e raccontano quasi primavera. Gli ultimi film del Concorso vengono centellina­ti fino a venerdì, e intanto si chiude il mercato, un mercato in cui il protagonis­ta ufficiale è stato quest’anno l’Italia che ha avuto modo di mettere in vista le proprie produzioni. Nella serata l’ottantunen­ne Martin Scorsese ha ricevuto l’Orso d’Oro onorario, un ritorno nella capitale tedesca dove nel 1992 aveva presentato in competizio­ne ‘Cape Fear’, senza fortuna.

In Concorso abbiamo visto l’interessan­te ma sinceramen­te non compiuto ‘Pepe’ di Nelson Carlos De Los Santos Arias, un film che paga la scarsità della produzione cercando di ovviare con deludenti soluzioni, eppure un film importante e attualissi­mo. Il film del regista di Santo Domingo racconta di quanto successe negli anni 80 del secolo scorso, quando un piccolo gruppo di ippopotami furono prelevati dalla loro Africa per essere portati Oltreocean­o, entrando a far parte della Hacienda Nápoles, assurda tenuta del narcotraff­icante colombiano Pablo Escobar, nel dipartimen­to di Antioquia, nel Nord-ovest del Paese. Ucciso Escobar, gli animali presenti nella tenuta furono dirottati in altri siti; a parte gli ippopotami che trovarono da soli la strada per fuggire e trovarsi una nuova casa, nei pressi del Rio Magdalena. In breve tempo si sono diffusi in modo inquietant­e, tanto da costringer­e nel novembre scorso il governo colombiano a drastiche misure per bloccare la crescita di questa popolazion­e infestante: gli ippopotami consumano una grande quantità di risorse, fino a 50 kg di erba al giorno, e le loro feci sono pericolose. Il film racconta questa storia partendo dalle verdi vallate africane dove vivevano felici; pochi esemplari, cinque, furono posti in container e fatti navigare fino alle coste dell’America del Sud, e poi nella tenuta. A farci da cicerone in questo viaggio sono le parole di uno di questi ippopotami, il “Pepe” del titolo che sarà il primo ucciso dalla polizia durante gli scontri per prendere la casa di Escobar. Una storia di ordinaria follia, capace di regalare frammentat­e emozioni e di meritare sinceri applausi.

Non convince del tutto, sempre in Concorso, ‘Des Teufels Bad’ (Il bagno del diavolo) degli austriaci Veronika Franz e Severin Fiala. Nonostante sia nel concorso parallelo dedicato al miglior film omo e lesbo, il Teddy Award, sempre attento alla sensibilit­à dei rapporti, il film si trascina malamente con una banalità narrativa imbarazzan­te e con molti a chiedersi perché portarci nella fredda Alta Austria nel 1750, per dire di situazioni prevedibil­i, in un gioco già visto che meglio sviluppato appartiene alla storia del cinema muto e di autori come Mauritz Stiller e Victor Sjöström, solo per citarne alcuni che hanno trattato la crisi di giovani spose a fronte di mariti infausti e di suocere matrigne in luoghi lontani dalla civiltà cittadina. E se poi la novità dev’essere lo sbocciare di un amore lesbico, altri dovevano essere i modi del raccontare. Come ha ben fatto in Concorso ‘Langue Étrangère’ di Claire Burger. Sempre nella stessa selezione trasversal­e Teddy, ma nella selezione ufficiale Encounters, si è visto ‘Tú me abrasas’ (Tu mi bruci) di Matías Piñeiro, adattament­o di ‘Schiuma di mare’, un capitolo dei ‘Dialoghi con Leucò’ di Cesare Pavese, pubblicati nel 1947. E il film si apre nel ricordo del suicidio di Pavese in quel caldo 27 agosto del 1950, in una camera dell’albergo Roma di piazza Carlo Felice a Torino. Sul comodino c’erano proprio quei ‘Dialoghi con Leucò’ che il film cerca di fare suoi, ma l’ultimo appunto su quel libro porta scritto: “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolez­zi”. Ecco, questo film purtroppo è un pettegolez­zo di cui Cesare Pavese non aveva bisogno.

 ?? ?? ‘Pepe’ di Nelson Carlos De Los Santos Arias
‘Pepe’ di Nelson Carlos De Los Santos Arias

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland