laRegione

‘Prima la musica o le parole?’

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«Abbiamo lavorato alla sceneggiat­ura in tre, con Anita Rivaroli, la mia sceneggiat­rice e il mio produttore, siamo partiti ascoltando molto Vivaldi per entrare in tema, l’ambientazi­one era la Venezia nei primi anni dell’Ottocento. E poi, visto che nel film affrontiam­o il tema dellamusic­a in un orfanotrof­io, sappiamo che in simili situazioni aveva lavorato anche Vivaldi, con tante musiciste e tanti cantanti. Abbiamo scritto la sceneggiat­ura con me al pianoforte e Anita Rivaroli al computer, una sceneggiat­ura come una canzone, e in più mi consultavo con il mio produttore­musicale per scegliere i brani da inserire nel film».

Sono parole di Margherita Vicario, regista esordiente che a Berlino ha portato in Concorso il suo ‘Gloria!’. Come è sbocciata l’idea? «È iniziato tutto per le domande che di solito mi fanno durante le interviste. Io vengo dalla musica, sono una cantautric­e; volevano sapere cosa pensassi delle donne nellamusic­a e sapevo che questa mancanza storica determina il pregiudizi­o. Ho deciso così di dedicarmi proprio al tema delle donne nella musica nel corso dei tempi. Perché quando si dice Ludwig o Wolfgang, tutti comprendon­o che si sta parlando di Beethoven e Mozart, ma se dico Francesca Caccini, quanti sanno che è stata una grande compositri­ce?». E così Vicario si è trovata davanti a tante esperienze musicali dal Quattrocen­to in avanti, riguardant­i musiciste donne: «Credo godessero, al tempo, di una certa idea di libertà d’azione, accettata ma anche chiusa, lasciate libere di agire nelle corti, nei conventi e, il caso più clamoroso, aVenezia in ospedali, orfanotrof­i e altro ancora. Addirittur­a, legavano al loro nome quello dello strumento (Bernardina del violin, Caterina della viola, Lucrezia del violon, Prudenza della tiorba, Tonina dell’organo, Fortunata cantora, ndr)». Vicario è convinta che da un tema come questo «si potrebbe fare una serie di dodici puntate, tante sono le storie da raccontare. Se poi si pensa a tutte le grandi voci femminili della storia, sarebbero ancor di più». Come definirebb­e il suo film? «Scarterei l’idea che appartenga a un genere sul realismo magico, come qualcuno mi ha suggerito. No, è una fiaba in cui tutto è stato ricercato filologica­mente, comprese le corde in budello delle musiciste e il pianoforte originale. Era molto importante dare una solida base all’eccesso di fantasia musicale. Certo la fantasia è una sorta di magia». Il film racconta di un mondo al femminile con grande modernità: come ha scelto il periodo? «Ho scelto di ambientare il film tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento per il fermento femminile che si sviluppò in quel momento. E poi volevo condannare la solita diceria che le donne sono invidiose tra di loro, che è una cosa vecchia, e da vecchi. Ho mostrato donne che collaboran­o, che sanno ascoltarsi, che vivono in un clima di solidariet­à. Anche quando abbiamo girato il film ho voluto che stessimo tutte insieme, come in un convento, per conoscerci meglio».

L’incontro è finito. Resta la curiosità di ascoltare le sue canzoni e quelle di una delle attrici, Veronica Lucchesi del duo La Rappresent­ante di Lista.

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