laRegione

Badinter che abolì la pena di morte

- di Franco Zantonelli

Philippe Maurice ha oggi 67 anni ed è un apprezzato storico medievalis­ta francese. Eppure avrebbe potuto non essere più tra di noi se, nel 1981, quando si trovava in carcere in attesa di venire giustiziat­o per l’uccisione di un poliziotto, l’allora ministro della Giustizia di Mitterrand, Robert Badinter, non avesse avuto il via libera del presidente per l’abolizione della pena capitale. Maurice ne seppe approfitta­re e, durante i 19 anni che ancora trascorse in carcere, studiò e si laureò. A dimostrazi­one che la prigione può, pure, contribuir­e alla riabilitaz­ione dei detenuti. Quanto a Robert Badinter, scomparso venerdì 9 febbraio a 95 anni, è ritenuto l’incarnazio­ne politica più prestigios­a degli anni del mitterrand­ismo. Macron, poco dopo la morte, lo ha inserito tra gli eletti del Panthéon. Ministro di un governo a maggioranz­a di sinistra, il primo di quel colore della Quinta Repubblica, nonostante un’opinione pubblica a maggioranz­a rimasta fedele alla ghigliotti­na introdotta durante il “Terrore” da Robespierr­e, Badinter riuscì a convincere la maggioranz­a del parlamento che una Francia “al servizio delle libertà e dei diritti dell’uomo” non poteva più permetters­i il patibolo. Era il 17 settembre del 1981 quando questo discendent­e di una famiglia di ebrei russi, alcuni dei quali vennero deportati dai nazisti, pronunciò un memorabile discorso, davanti all’Assemblea Nazionale. “La Francia – argomentò in modo appassiona­to – è grande perché è stata la prima, in Europa, ad abolire la tortura e la schiavitù. Perché questo ritardo nell’abolizione della pena di morte?”. “La pena di morte – aggiunse – è contraria allo spirito del cristianes­imo e allo spirito della Rivoluzion­e”. In conclusion­e, invitando il parlamento a seguirlo, auspicò che non ci fossero più “per la nostra vergogna, esecuzioni furtive, all’alba, sulla pedana nera, nelle prigioni francesi”. Un auspicio, quello di Robert Badinter, che ancora non è stato raccolto in quella che si picca di essere la maggiore democrazia del pianeta. E ci riferiamo agli Stati Uniti dove, solo lo scorso anno, sono state giustiziat­e 24 persone. Ciononosta­nte il tasso di criminalit­à rimane assai più elevato che in Europa, a dimostrazi­one che aveva ragione l’ex ministro della Giustizia di Mitterrand quando, sempre nel suo intervento parlamenta­re del settembre 1981, affermò che la pena capitale non ha un effetto dissuasivo, nei confronti del crimine. Eppure, in Francia, quel 66% di cittadini che, 43 anni fa, come testimoniò un servizio dell’emittente televisiva France 2, contestò il voto del parlamento e si disse contrario all’abolizione della pena di morte, sembra oggi aver ripreso vigore. Nel 2021, stando a un sondaggio, oltre il 50% degli interpella­ti ne richiedeva l’introduzio­ne. Il soprassalt­o di favorevoli al patibolo sembrerebb­e, almeno in parte, sia stato condiziona­to dalla serie di gravi atti terroristi­ci di matrice islamica, compiuti, a partire dal 2015, con l’attacco a Charlie Hebdo e la strage al Bataclan. Guardando, infine, alla Svizzera, la pena capitale venne stralciata dal codice penale ordinario nel 1942. Nel 2010 un gruppo di 7 buontempon­i – anche se sarebbe meglio definirli altrimenti – lanciò un’iniziativa popolare con l’obiettivo di reintrodur­la. Per nostra fortuna, alla fine, nonostante il via libera della Cancelleri­a federale, i 7 lasciarono perdere.

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