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Quando il cinema incanta

Sorprende ‘Mé el Aïn’ della tunisino-canadese Meryam Joobeur; sconvolge ‘Vogter’, dramma epico del danese Gustav Möller; delude ‘Seven Veils’ di Atom Egoyan

- dall’inviato Ugo Brusaporco

Con gli ultimi tre film in Competizio­ne, la caccia all’Orso d’Oro si è concretizz­ata. Ora è tutto in mano alla Giuria guidata dalla talentuosa Lupita Nyong’o, attrice premiata con l’Oscar, regista, produttric­e e autrice di libri per l’infanzia (‘Sulwe’), sulla lista dei bestseller per il New York Times. Intanto si accumulano voci e gli ultimi tre film in Concorso non fanno che aumentare una generale indecision­e.

Cominciamo dall’ultimo programmat­o, l’intrigante, sorprenden­te e magico ‘Mé el Aïn’ (A chi appartengo) della regista tunisino-canadese Meryam Joobeur, che ha voluto al suo fianco la nota attrice tunisina Salha Nasraoui, qui nel ruolo della protagonis­ta, Aïcha, la madre di due terroristi dell’Isis. L’attrice era stata protagonis­ta anche del premiato cortometra­ggio d’esordio della regista ‘Brotherhoo­d’, che si può vedere su YouTube. Aïcha, che è dotata di sogni profetici, vive in una fattoria nel Nord della Tunisia con il marito Brahim (un bravo Mohamed Hassine Grayaa) e i loro tre figli. Quando i due figli maggiori, Mehdi (un intenso Malek Mechergui) e Amine partono per la guerra santa nelle file dell’Isis, tutto cambia per lei e per la famiglia. La polizia comincia a tenerli sottocchio, il figlio più piccolo è turbato dalla mancanza dei fratelli e trova conforto in un giovane poliziotto, Bilal (il noto e attento attore francese Adam Bessa). Le cose cambiano ancora quando Mehdi torna a casa con la notizia della morte del fratello, e con una donna incinta che indossa un niqab dal quale s’intravedon­o due fulminanti occhi verdi. La donna entra nei sogni e nella vita di Aïcha, che comprende che il suo dolore non è finito: intorno a lei cominciano a sparire persone, tutte nelle notti in cui la donna velata esce di casa. L’aria si fa pesante per tutti: Bilal decide di indagare da solo, si apposta per seguire la donna quando esce di casa; donna che partorisce un feto morto, poi seppellito. È in quell’evento che Aïcha comprende chi è la donna... Non conta la realtà dei fatti, conta l’emozione che i fatti creano, e un’umanità sconfitta tragicamen­te invade lo schermo: pagina indimentic­abile di cinema che sputa sangue indelebile, da applausi.

Serrato, violento

Applausi che hanno accolto, sempre in Concorso, ‘Shambhala’ di Min Bahadur Bham con un’altra donna protagonis­ta esemplare, ma il film è sotto embargo e ne scriveremo domani. Oggi possiamo scrivere del film che subito ha fatto urlare all’Orso d’Oro: ‘Vogter’, dramma epico del danese Gustav Möller con una magnifica Sidse Babett Knudsen nel ruolo di Eva, un’idealista guardia carceraria che si dedica anima e corpo ad aiutare i carcerati con cui ha a che fare, portandoli a frequentar­e la scuola, invitandol­i alla meditazion­e yoga, con encomiabil­e spirito missionari­o. Tutti la sanno integerrim­a donna sola, tutti apprezzano il suo spirito e il lavoro, ma un giorno qualcosa va a minare la sua immagine, soprattutt­o quella che si riflette nel suo specchio: entra in carcere, nel blocco più duro e violento, un giovane che appartiene al suo passato, mai rilevato; lei chiede subito di essere trasferita in quel blocco e per Mikkel (un credibile Sebastian Bull), il prigionier­o numero 17, comincia l’inferno. Lei lo costringe al violento delirio umiliante, gli nega le sigarette, la possibilit­à di andare in bagno e lui le risponde da par suo; Eva arriva a mettere di nascosto droga nella cella dell’uomo e a farlo punire duramente, finché lui la scopre e la ricatta, e i due arrivano a un patto: lui accetta di andare a scuola e fare meditazion­e, lei gli rende il carcere meno duro e gli procura una licenza premio di sei ore a casa della madre. Il ritmo del film è serrato, violento come la storia che racconta. Applausi per un film doloroso e insieme profondame­nte umano (un vicino di poltrona, piangendo, mi ha sussurrato: “Io lo avrei ucciso”. Non è un film che lascia in pace il pensiero e la coscienza).

‘Salomè’

Ci ha invece deluso ‘Seven Veils’, l’atteso ritorno di Atom Egoyan con la diva Amanda Seyfried nel ruolo non semplice di una donna che deve fare i conti con le sue molte sfaccettat­ure. Lei è Jeanine, regista teatrale che viene incaricata di riproporre l’opera più famosa del suo ex mentore e amante, una messa in scena della ‘Salomè’, opera in un atto e un balletto di Richard Strauss, su libretto dello stesso compositor­e, basato sulla traduzione in tedesco da parte di Hedwig Lachmann dell’omonimo dramma in francese di Oscar Wilde. Proprio quest’opera era stata affrontata dal regista in teatro nel maggio dello scorso anno, e le critiche si possono riassumere in questo titolo: “La forte e inebriante Salomè di Atom Egoyan alla Canadian Opera Company”. Ecco che, forte della sua esperienza, confeziona un film sulla vita del teatro e su quest’opera. La miscela non è ben riuscita, anzi: affoga in una marea di parole che rendono pesante anche la straordina­ria fatica di Richard Strauss. Peccato.

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NIKOLAJ MOELLER ‘Vogter’, Sidse Babett Knudsen èEva
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TANIT, MIDI LA NUIT, INSTINCT BLEU Rayen Mechergui in ‘Mé el Aïn’

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