laRegione

Due anni di guerra, precipizio a un passo

- Di Giuseppe D’Amato

Due anni terribili. Due anni pieni di morti, di distruzion­e, di negazione dell’umanità.

Ricordiamo la rabbia che provammo ascoltando il discorso all’alba di quel drammatico 24 febbraio 2022 di Vladimir Putin, quando il capo del Cremlino annunciò l’inizio della ‘Operazione militare speciale’ in Ucraina. Da quel momento, che in futuro gli storici considerer­anno uno spartiacqu­e tra epoche diverse, il mondo non è più lo stesso. Basta guardarsi attorno e ci si rende conto che l’abisso di un conflitto globale è tremendame­nte vicino.

È molto peggio oggi – la conclusion­e – che ai tempi della Guerra Fredda. L’imprevedib­ilità di attori fuori controllo la fa da padrone; l’irresponsa­bilità di leader, che alzano la posta costanteme­nte e non dicono la verità, ha trasformat­o gli organismi internazio­nali in ring di pugilato.

A parte l’uso in forma industrial­e della nuova tecnologia – leggi droni, computer e missili ipersonici –, sui campi di battaglia e contro i civili, l’elemento che colpisce di più della tragedia russoucrai­na è come sia stata violentata la comunicazi­one di massa. Falsificaz­ioni, mistificaz­ioni, imprecisio­ni dilettante­sche! È tutto un commento; è tutta una ‘visione’! Ma signori, dove sono i fatti? Quale la verità? Quali le fonti? Perché è successo tutto questo? Le origini della tragedia sono da ricercare nella scelta improvvisa e non spiegata alla popolazion­e dell’allora presidente ucraino Yanukovych di non firmare più nel novembre 2013 il Patto di associazio­ne economica con l’Unione europea dopo anni di riforme politicogi­uridico-sociali. A un certo punto a Kiev tutto era “euro”. Poi, dopo un viaggio a Sochi da Putin, Yanukovych decise clamorosam­ente per il no. Quindi l’inizio delle proteste; del pestaggio a sangue di giovani da parte delle squadre antisommos­sa con le campane delle chiese capitoline che suonavano all’impazzata come ai tempi della Rus’, quando si chiamava a raccolta la gente per la difesa dall’invasione dei mongoli; del milione in piazza il giorno dopo a difendere la democrazia e lo Stato di diritto. Ecco l’EuroMajdan, con Kiev presidiata per mesi da migliaia di dimostrant­i. Tra il 18 e il 21 febbraio 2014 Janukovich tentò di riprendere la situazione sotto controllo con la forza. Non vi riuscì. Lui e i suoi ‘amici’ fuggirono in Russia coi forzieri pieni, mentre Putin iniziò l’operazione di ‘annessione’ della Crimea – completata il 18 marzo – e un manipolo di irregolari ultranazio­nalisti russi, giunti da oltrefront­iera, mise a ferro e fuoco il Donbass. Sia il presidente sia il capo dei ‘patrioti’ Strelkov ce l’hanno raccontato per filo e per segno. Seguirono un anno e mezzo di battaglie – ufficialme­nte il Cremlino ne era fuori – tra i ‘separatist­i filo-russi’ e i governativ­i di Kiev, con 14mila morti. Quindi la realtà della ‘guerra congelata’.

Il 24 febbraio 2022 è stata solo buttata la maschera: la Russia non accetta il tramonto del suo impero; non permette che Kiev si leghi all’Occidente; non vuole interferen­ze nello spazio ex sovietico. Al tempo della globalizza­zione Putin intende imporre le sfere di interesse, come nel 20esimo secolo. Non comprende che i popoli possano decidere in libertà il loro destino autonomame­nte da vicini prepotenti. Ecco spiegato perché il precipizio è a un passo e riguarda tutti. Questo è uno scontro di valori.

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