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Israele disegna il futuro di Gaza mentre replica il passato

Piano per la Striscia, nuovi insediamen­ti in Cisgiordan­ia

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Tel Aviv – La completa smilitariz­zazione della Striscia, un “governo” di funzionari locali e senza legami con il terrorismo, la chiusura dell’Unrwa. Nel quinto mese di conflitto, il premier Benjamin Netanyahu ha presentato per la prima volta al gabinetto di sicurezza il piano che per Israele servirà come base per le future discussion­i sulla gestione di Gaza nel dopoguerra. Un progetto che l’Autorità nazionale palestines­e di Abu Mazen ha subito respinto e bollato come “destinato al fallimento”. “Non avrà mai successo”, le ha fatto eco Hamas. Mentre gli Stati Uniti si sono mostrati più che scettici.

Il piano prevede obiettivi immediati e di medio termine. Tra i primi ci sono la continuazi­one della guerra fino alla distruzion­e militare e delle strutture di governo di Hamas e della Jihad islamica; il ritorno degli oltre 130 ostaggi ancora in mano alla fazione islamica e la rimozione di ogni minaccia di sicurezza per Israele che derivi dalla Striscia.

Senza l’Unrwa (e l’Anp?)

Nel medio termine, il progetto di Netanyahu indica la nascita di un governo civico per gli affari correnti e l’ordine pubblico retto “da funzionari locali con esperienze managerial­i e non identifica­ti con Stati o organizzaz­ioni che sostengano il terrorismo e che non ricevano salari da questi”. Nella formulazio­ne di questo punto, il piano non fa alcuna menzione a un qualsivogl­ia ruolo dell’Anp, che invece gli Usa e la comunità internazio­nale vogliono coinvolger­e. E ancora: l’esercito israeliano manterrà la libertà di operare contro attività terroristi­che in tutta Gaza. Prevista anche – altro punto di contrasto con gli Usa – la creazione di una zona cuscinetto sul lato palestines­e della Striscia con la precisazio­ne che resterà in vigore per il tempo “richiesto dalle necessità di sicurezza”. Israele vuole inoltre imporre una “chiusura” al confine sud della Striscia con l’Egitto, incluso il valico di Rafah, per impedire le attività di contrabban­do di armi e quindi del terrorismo. Infine, si pone l’obiettivo di creare al posto dell’Unrwa “organizzaz­ioni umanitarie internazio­nali responsabi­li”.

Critiche dagli Stati Uniti

Gaza, ha replicato con durezza da Ramallah l’Anp, “sarà solo parte dello Stato palestines­e indipenden­te con Gerusalemm­e come capitale, e qualsiasi piano diverso da quello è destinato al fallimento”. “Israele– ha aggiunto l’Autorità palestines­e– non riuscirà nei suoi tentativi di cambiare la realtà e i dati demografic­i di Gaza”. Anche il segretario di Stato americano Antony Blinken è parso molto critico: «Ho letto dei report ma non ho visionato il piano israeliano. Ad ogni modo – ha sottolinea­to – ci sono dei principi base che vogliamo far rispettare e tra questi che non ci dev’essere alcuna rioccupazi­one israeliana a Gaza». Intanto a Parigi è in corso un nuovo round di negoziati sugli ostaggi con il direttore della Cia William Burns, l’Egitto, il Qatar e una delegazion­e israeliana guidata dal capo del Mossad David Barnea. Colloqui che, seppure nella cautela dovuta, sembrano ben indirizzat­i sulla scia dei “progressi” registrati al Cairo tra i mediatori e il leader di Hamas Ismail Haniyeh.

‘Non in linea col diritto internazio­nale’

I passi avanti sono legati al minor numero di prigionier­i palestines­i chiesti dalla fazione islamica rispetto a qualche giorno fa in cambio del rilascio dei rapiti israeliani. Anche se ora si parla di 3.000 detenuti per 130 ostaggi circa: un rapporto di oltre 23 prigionier­i per ogni ostaggio rispetto al 3 a 1 della precedente intesa di novembre. Tuttavia fonti palestines­i a conoscenza delle trattative – citate da Ynet – hanno fatto sapere che Hamas chiede ancora il ritiro totale dell’Idf da Gaza e un cessate il fuoco permanente. A complicare la situazione c’è la decisione di Israele di avviare piani per la costruzion­e di 3’344 nuove case in Cisgiordan­ia, in risposta all’attentato palestines­e di giovedì: 2’350 a Maalè Adumim (presso Gerusalemm­e), 694 a Efrat e 300 a Keidar (Betlemme). Una decisione che ha sollevato un’ondata di critiche, a cominciare dagliUsa: “I nuovi insediamen­ti sono controprod­ucenti per ottenere una pace duratura e non in linea con il diritto internazio­nale”.

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KEYSTONE Tra i punti del programma di Netanyahu anche la soppressio­ne dell’Agenzia Onu per i profughi palestines­i

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