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Vichinghi, brava gente

‘Liberaci o Signore dall’ira degli Uomini del Nord’ era l’invocazion­e dei monaci francesi quando all’orizzonte spuntavano le navi dei Vichinghi con la prua sormontata da una minacciosa testa di drago.

- Articolo di Marco Horat

Le culture nate e cresciute intorno al Mediterran­eo hanno sempre considerat­o i popoli venuti da fuori come “barbari”, rozzi e incivili per antonomasi­a quanto ad aspetto fisico, usi e costumi, lingua e religione in primis; qualche volta la storia ha poi dovuto ricredersi, riconsider­ando i loro apporti culturali sui tempi lunghi. Una concezione autocentri­ca che naturalmen­te non corrispond­e alla realtà, poiché la diversità non dovrebbe essere sinonimo di inferiorit­à, bensì occasione di arricchime­nto reciproco. Oggi come ieri. Ogni civiltà ha contribuit­o nei millenni alla formazione della cultura umana in generale, complessa e diversific­ata, con tratti positivi e altri negativi, fino ad arrivare a quella che conosciamo ai nostri giorni.

Vichinghi di ieri e di oggi

L’ho presa un po’ alla larga per arrivare ai Vichinghi, che rientrano nella categoria dei “barbari venuti dai ghiacci” a mettere a soqquadro il civile Occidente cristiano tra VIII e XI secolo (quando i danesi di Harald Dente azzurro si convertira­nno al cristianes­imo), con incursioni piratesche, saccheggi e massacri vari; interessat­i non tanto a conquiste territoria­li quanto piuttosto ad accumulare ricchezze e ad aprirsi nuove rotte commercial­i. Delle loro imprese ci hanno raccontato i cronisti anglosasso­ni e franchi venuti a contatto con questi norreni in modo violento. I Vichinghi non hanno lasciato scritti della loro vicenda pur conoscendo l’alfabeto runico, per cui della storia, per una volta, conosciamo solo la versione tramandata dalle vittime. Uomini del Nord, calati al Sud da Svezia, Norvegia e Danimarca in cerca di ricchezze e di nuove terre, che a casa loro vivevano come tante altre popolazion­i: arrivarono in Normandia, assediaron­o Parigi nell’845, furono in Olanda, in Inghilterr­a dove attaccaron­o Londra, Irlanda, Islanda, Groenlandi­a guidati da Erik il Rosso nel 985; ancora verso la Russia e l’area mediterran­ea; sull’isola di Baffin e sulla terraferma americana, secoli prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo. Anche questa una certezza data da ritrovamen­ti archeologi­ci recenti.

Guerrieri indomiti dal fisico prestante, che immaginiam­o ritti sul ponte di una imbarcazio­ne battuta dalla tempesta armati di scudo e ascia, mentre invocano Odino; capelli lunghi e bionde barbe fluenti; grandi bevitori di birra, che ingollavan­o, racconta qualche cronista di parte, dai crani vuoti dei nemici uccisi (i nemici devono sempre venire demonizzat­i); con in testa il caratteris­tico elmo munito di corna, che è poi un falso storico radicatosi a partire dall’800 nell’immaginari­o collettivo europeo, ma sconfessat­o dalle scoperte archeologi­che: gli elmi erano senza corna, mentre le stesse erano usate solo per bere durante i banchetti. I tipici selvaggi... che l’archeologi­a sta dimostrand­o non erano tali: cucchiaini netta-orecchie, pettini, pinzette e rasoi trovati in alcune sepolture fanno pensare a uomini e donne che curavano il loro aspetto. Racconta un cronista inglese del XIII secolo che “erano abituati a pettinarsi i capelli ogni giorno, a lavarsi ogni sabato, a cambiare gli abiti di frequente. Così insidiavan­o la virtù delle donne sposate e persuadeva­no le figlie dei nobiluomin­i inglesi a diventare le loro compagne”, come riportava Maria Leonarda Leone sulla rivista di divulgazio­ne storica ‘Focus’ del maggio scorso in un inserto dedicato ai Vichinghi.

Oggi per fortuna da quei Paesi arrivano ancora uomini aitanti con in testa un casco, ma sono giocatori di hockey su ghiaccio che vengono a rinforzare le nostre squadre di club, Ambrì e Lugano compresi!

Navi come templi

Celebre, poiché fu il primo, il resoconto di Alcuino di York che nel 793 fu spettatore della distruzion­e dell’Abbazia di Lindisfarn­e e dell’uccisione dei suoi confratell­i: “Mai prima d’ora c’era stato in Britannia un terrore pari a quello che c’è adesso. Questi barbari hanno versato il sangue dei santi intorno all’altare e calpestato i corpi nel tempio di Dio come letame nelle strade”.

I Vichinghi divennero famosi soprattutt­o per l’impiego delle loro straordina­rie navi in grado di solcare i mari e di navigare lungo le coste e i fiumi, grazie al poco pescaggio dello scafo: navi da guerra come pure navi mercantili. Talvolta questi drekar servivano da tomba per personaggi particolar­mente importanti, sepolti insieme a tesori in oro come quello del VII secolo scoperto pochi anni fa a Sutton Hoo vicino a Cambridge e attribuito al Re sassone Raedwald, sovrano della East Anglia; non proprio un vichingo, ma l’ambito culturale non è molto diverso. Sul ritrovamen­to il regista Simon Stone ha realizzato nel 2021 un delicato e poetico film intitolato ‘La nave sepolta’ con la consulenza dell’archeologo Martin Carver che aveva seguito tutto lo scavo.

Da un film a un libro. Johannes Brønstead è uno studioso di storia vichinga. In un suo volume (‘I Vichinghi’, editore Einaudi) così ne parla: “Le navi dei Vichinghi furono la massima realizzazi­one della loro tecnica, il vertice della loro civiltà materiale, la base della loro potenza, il loro orgoglio, ciò che di più prezioso possedevan­o. Quello che il tempio era per i Greci, la nave lo era per i Vichinghi”.

A Oslo Bygdøy si possono ammirare tre esemplari quasi intatti di navi vichinghe nell’omonimo Museo che a sua volta sembra un tempio; tutte provengono da vecchi scavi nell’Oslofjord e sono state rinvenute sotto grandi tumuli di argilla che le nascondeva­no. La più spettacola­re, per le sue linee eleganti e slanciate, è quella detta di Oseberg, dal nome della località dove fu trovata, lunga una ventina di metri e larga cinque, conteneva un vero e proprio tesoro: gioielli, letti adorni di testiere scolpite, arazzi ricamati, un carro a quattro ruote, quattro slitte decorate con figure di animali mitici, vele colorate, nonché pentole e stoviglie accompagna­te da resti fossili di semi e frutti. Pronta per il viaggio del defunto nell’aldilà.

I Vichinghi in casa

Durante un viaggio lungo le coste norvegesi salendo da Bergen verso Trondheim mi è capitato di visitare un museo vichingo con la ricostruzi­one di una grande casa comune in legno con tutti i comfort per affrontare le fredde stagioni del Nord. Un ambiente unico suddiviso in spazi delimitati da paratie in legno che delimitava­no i dormitori dalle cucine col camino e dalle sale per il pranzo o le riunioni di gruppo. Un’atmosfera ovattata (forse per la presenza delle molte pellicce sparse ovunque) dentro la quale passeggiav­ano i turisti che con l’immaginazi­one cercavano di ricreare la realtà di quei tempi lontani, così spesso travisata. I norvegesi si sono ora organizzat­i e, per aiutare i visitatori a conoscere la vera vita degli antichi Vichinghi, hanno realizzato una serie di musei tradiziona­li con reperti archeologi­ci che raccontano la vita quotidiana, ma anche installazi­oni virtuali interattiv­e che utilizzano mezzi di comunicazi­one moderni. Ne sono stati aperti, ad esempio, a Oslo ‘The Viking Planet’ e nel Nordfjorde­id il ‘Viking Sagastad’ ( visitnorwa­y.com). Si ripercorre così la loro storia dalle prime incursioni piratesche, all’apertura di nuove rotte commercial­i verso terre lontane e infine alla conversion­e al cristianes­imo con l’abbandono delle scorrerie.

Storie che si possono rivivere con emozione anche vedendo uno spettacola­re film del 2022: ‘The Northman’, del regista Robert Eggers, con Nicole Kidman nella parte della regina Gudrún. Il film è incentrato sulla leggenda scandinava di Amleth, il principe reso immortale da Shakespear­e. Grazie alla consulenza dell’archeologo Neil Price dell’Università di Uppsala, il film “racconta la vicenda in chiave molto filologica, con grande cura per l’ambientazi­one e per gli oggetti, e lascia molto spazio ai rituali e alle credenze, proiettand­o gli spettatori nella cultura e nella religione dei Vichinghi”(da una recensione pubblicata dalla rivista Archeo).

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© Depositpho­tos
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La nave di Oseberg © Wikipedia
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La pietra runica Tjängvide

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