Vento d’affari miliardario per l’energia verde
Serve anche abilità per districarsi nella giungla di norme
Vento di affari. I prossimi mesi si preannunciano densi di operazioni finanziarie nell’eolico italiano. Sul mercato ci sono circa 650 megawatt per un valore vicino ai 2 miliardi. E altri dovrebbero arrivarne nei prossimi mesi. Un’opportunità per gli investitori di lungo periodo di assicurarsi un posto in prima fila nelle energie verdi italiane. Ma anche per il Paese che ha fissato l’ambizioso traguardo di sviluppare altri 80 gigawatt di potenza rinnovabile installata entro il 2030. «L’eolico ha un ruolo importante nel mix energetico italiano», spiega Alessandro Cadei, Senior Partner e responsabile Ema Energy & Utilities di Bain & Co. «Il vento spira anche di notte, quando il fotovoltaico non produce e le tecnologie per il suo sfruttamento hanno ormai raggiunto un livello di industrializzazione elevato». L’Italia sta però faticando non poco a tenere il ritmo necessario a raggiungere gli obiettivi di fine decennio in fatto di produzione di energia da fonti verdi. Un dato per tutti: a fronte di richieste di allacciamento per 300 gigawatt pervenute a Terna, tra solare ed eolico, soltanto 5,7 hanno avuto il via libera di Comuni e Regioni. Di questi, peraltro, meno del 10% riguardava impianti per catturare l’energia del vento: una quota esigua dovuta non solo agli effetti del cambiamento climatico, ma anche alla resistenza delle comunità locali alla costruzione di torri alte anche oltre 100 metri, dal notevole impatto paesaggistico. I campi eolici già in funzione stanno perciò diventando merce molto preziosa e ambita dagli investitori, finanziari e industriali.
Le multinazionali
La prima a muovere le pale del consolidamento è stata a dicembre la Plt Energia della famiglia romagnola Tortora, che ha acquistato un portafoglio eolico di 656 megawatt, tutti in Italia, dal colosso danese Vestas. Presto, però, anche un’altra multinazionale, la portoghese Edp, potrebbe «lasciare campo» ad altri operatori nel quadro di una rotazione delle attività, utile a liberare capitali. Il gruppo ha infatti da poco affidato a Unicredit l’incarico di cercare un acquirente disposto a pagare circa 400 milioni per sette moderni impianti distribuiti fra Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia, con una potenza di 190 megawatt.
I nomi
Sul mercato si stanno poi affacciando una serie di imprenditori alla ricerca di capitali per sviluppare i loro progetti, corredati da autorizzazioni a vari stadi. A inizio anno, per esempio, il pioniere del vento Oreste Vigorito — che nel 2011 ha venduto a Erg i primi parchi eolici, avviando la svolta verde del gruppo della famiglia Garrone — ha dato incarico alle banche d’affari Lazard e a Ing di trovare un investitore interessato a entrare con una partecipazione di minoranza nella sua Italia Vento Power Corporation. Ivpc è stato uno dei primi gruppi nazionali a lanciarsi nel settore dell’energia eolica e oggi è titolare di impianti per 300 megawatt. Secondo le prime stime, la quota cedibile di Ivpc potrebbe arrivare sino al 49% per un esborso di circa 500 milioni, poiché la valutazione dell’intero gruppo dovrebbe aggirarsi intorno al miliardo. Alla finestra ci sarebbero diversi fondi pensione e grandi investitori infrastrutturali come gli svedesi di Eqt, gli australiani Macquarie e Ifm, e gli svizzeri di Eip, già soci al 9% della controllata di Eni nelle rinnovabili, Plenitude. Stesso percorso è pronto a intraprendere Alberto Bitetto, fondatore e presidente di Whysol Investments con un portafoglio di impianti eolici da 150 Mw già in funzione. Whysol, affiancata dai consulenti di Rothschild, sta valutando l’apertura del capitale – in minoranza o in maggioranza – a investitori di lungo periodo che vogliano supportarne la crescita. «Una parte consistente degli impianti eolici italiani ha un’età elevata, l’80% oltre otto anni», ricorda Cadei di Bain. «Nei prossimi anni, quindi, ci sarà bisogno di interventi di repowering (l’aggiornamento tecnologico delle pale, ndr) che richiederanno investimenti significativi», aggiunge. «Da qui l’aumento delle operazioni finanziarie che, credo, porterà a un consolidamento del settore, con operatori dalla maggior capacità produttiva ed economicamente più forti».
Giungla di regole
Oltre ai capitali, i processi di aggiornamento degli impianti esistenti richiedono anche conoscenza del territorio e abilità nel districarsi all’interno della giungla regolamentare italiana.