laRegione

Le procession­i e le guerre culturali

- di Ivo Silvestro

E così, per un altro anno ancora avremo dei figuranti con il volto dipinto di nero: la Fondazione Procession­i Storiche di Mendrisio ha annunciato, un po’ a sorpresa, di volersi prendere quella che, in altri contesti, chiameremm­o “pausa di riflession­e” e che ha un po’ il sapore dell’indecision­e. La fondazione rimane infatti “fermamente convinta”– così è scritto in un comunicato stampa che immaginiam­o attentamen­te ponderato – della bontà della decisione di non ricorrere più alla ‘blackface’ per alcuni personaggi delle procession­i; tuttavia visto che intorno a quella decisione si è tanto discusso e soprattutt­o tanto polemizzat­o meglio “sospendere e rimandare la messa in atto della contestata disposizio­ne”.

Questa decisione, o non decisione, nasce probabilme­nte dal temporaneo conflitto tra i due compiti della fondazione: da una parte quello di garantire lo svolgiment­o delle procession­i “in un contesto quanto più sereno e rispettoso possibile”, cosa che in questo caso porta ad accontenta­re i chiassosi che inorridisc­ono di fronte a ogni cambiament­o che non rientri nella loro visione del mondo; dall’altra quello di tramandare una tradizione alle future generazion­i adattandol­a alle nuove sensibilit­à, il che porta a rivedere una pratica, quella della ‘blackface’, che ha una storia forse da noi poco conosciuta ma fortemente legata alle discrimina­zioni. Il compromess­o tentato dalla fondazione cerca quindi di garantire lo svolgiment­o delle procession­i di quest’anno “in un contesto quanto più sereno e rispettoso possibile”, riservando­si di tornare a discutere “nei prossimi mesi” sul tema del volto dipinto della corte di Re Erode Antipa. Tuttavia pare difficile che il comunicato inviato domenica sera riesca davvero a calmare gli animi: probabilme­nte le discussion­i e le polemiche continuera­nno a tenerci compagnia fino a Pasqua – e alle di poco successive elezioni comunali, forse non del tutto estranee in questo dibattito –; sicurament­e riprendera­nno con la stessa intensità appena si tornerà a parlare dell’argomento.

Proprio guardando ai possibili sviluppi di questa vicenda, credo sia utile cercare di imparare qualcosa. Un primo insegnamen­to è che è necessario e urgente adattarsi alle nuove sensibilit­à presenti nella società; solo che non mi riferisco tanto a chi vuole costruire una società che sia davvero equa e inclusiva, ma a chi vede gli interventi che cercano di andare in quella direzione comeuna “imposizion­e dall’alto” e una minaccia per la propria identità. Molto probabilme­nte una decina di anni fa la decisione di non ricorrere più alla ‘blackface’ sarebbe stata accolta, invece che con la levata di scudi che vediamo oggi, con sbadigli e al massimo qualche sopraccigl­io alzato. Ma, appunto, oggi la sensibilit­à è cambiata e tenerne conto vuol dire coinvolger­e il più possibile le persone interessat­e, cosa che in questo caso – ma la Fondazione Procession­i Storiche di Mendrisio è purtroppo in buona compagnia – non è stata fatta e anzi, nel comunicato di domenica ancora si è ricordato che la decisione era stata accolta favorevolm­ente dall’Ufficio federale della cultura, dall’Unesco e dalla Commission­e federale contro il razzismo, dando implicitam­ente ragione a chi teme, appunto, imposizion­i dall’alto. Il secondo insegnamen­to è che, se stiamo importando qualcosa di pericoloso dalle battaglie culturali d’Oltreocean­o, non è il politicame­nte corretto ma la polarizzaz­ione del dibattito. Ma speriamo di essere ancora in tempo e di non svegliarci davvero in un mondo in cui non contano più gli argomenti, ma solo il “da che parte stai”.

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