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La zappa sui piedi

- di Aron Piezzi, docente e deputato Plr

“Noi che abbiamo scelto di insegnare non abbiamo il diritto di far pagare alle future generazion­i il malgoverno della scuola”. È una frase di Franco Lorenzoni estrapolat­a dal suo libro “Educare controvent­o”, letto proprio nelle scorse settimane. Mi sembra pertinente rispetto alla realtà che stiamo vivendo, non solo in ambito scolastico. Sono docente da quasi un trentennio e non mi passa neppur lontanamen­te per la testa l’idea (... funesta) di scioperare giovedì 29 febbraio. Sarò in aula, tra soddisfazi­oni e difficoltà, impegnato a stimolare sete di apprendime­nto e condivider­e conoscenze, scoperte ed esperienze spero arricchent­i. È un mio dovere, che fortunatam­ente si trasforma spontaneam­ente in piacere.

Grazie alle mie ormai ventennali esperienze politiche e d’altro genere, ho avuto la possibilit­à di conoscere e confrontar­mi pure con altri settori profession­ali, permettend­omi di contestual­izzare e valutare con maggior obiettivit­à le varie problemati­che che si presentano. La controprod­ucente testardagg­ine espressa da chi invoca lo sciopero, un modo di essere e di fare non appropriat­o alla nostra realtà, ne è un esempio lampante. Ma cos’è il “malgoverno della scuola” di cui parla Lorenzoni? A mio avviso, e nel nostro caso specifico, non si situa di certo nelle attuali diatribe sul contributo di solidariet­à e sul rincaro non assegnato. Non fa piacere a nessuno, evidenteme­nte, sostenere e/o subire queste iniziative anche impopolari e indigeste, ma risultano necessarie per senso di responsabi­lità collettivo (e consideran­do, comunque, che gli scatti salariali restano in vigore). È doveroso, inoltre, volgere lo sguardo oltre il settore pubblico, in cui queste situazioni portano pure a licenziame­nti.

Il “malgoverno” è da ricercare altrove. Mi occupo con regolarità dei veri problemi che assillano la scuola, grazie soprattutt­o al contatto quotidiano con questa realtà e al mio ruolo di deputato e attuale presidente della Commission­e formazione e cultura. Non è la sede per entrare nel merito di queste criticità, delle quali peraltro mi sono espresso più volte in passato. Rilevo tuttavia un auspicio: che il mondo della scuola si faccia maggiormen­te interprete nei confronti del Dipartimen­to di tali problemati­che, spesso enunciate dietro le quinte ma raramente nei consessi e attraverso i canali appropriat­i. Mi attenderei cioè che non ci si faccia sentire solo per temi legati agli stipendi e alle pensioni, ma anche e direi soprattutt­o per tematiche legate alla quotidiani­tà scolastica. Altrimenti passa l’idea, che poi si trasforma in fastidioso luogo comune, che i docenti e la scuola si lamentano e basta, senza mai essere propositiv­i in merito a questioni didattiche e pedagogich­e, ossia quelle che meritano davvero la nostra attenzione. Concludo riafferman­do la pericolosi­tà e la sproporzio­ne dello sciopero, controprod­ucente soprattutt­o in vista della già insidiosa votazione popolare sulle misure di compensazi­one della Cassa pensioni. Evitiamo, insomma, di tirarci la classica zappa sui piedi.

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