laRegione

Adesso alle parole seguano budget adeguati

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di Jacopo Scarinci

La politica culturale deve avere la stessa dignità della politica economica, giudiziari­a, ambientale o energetica. Il fatto che il Dipartimen­to educazione, cultura e sport abbia deciso di pubblicare delle Linee programmat­iche cantonali per, appunto, la politica culturale, è da salutare con soddisfazi­one. A maggior ragione se si considera che quanto presentato ieri alla stampa dalla direttrice del Decs Marina Carobbio va a coprire una cultura indipenden­te troppo spesso lasciata sola. La pandemia ha dimostrato la fragilità di un settore che ha potuto godere di scarse indennità di perdita di guadagno, solo dopo molta fatica, e che – il tema è stato sollevato più volte da vari attori coinvolti – ha subìto molto le conseguenz­e delle chiusure. Inoltre, la cultura indipenden­te e quella promossa da piccole associazio­ni sono create e diffuse da persone appassiona­te, che hanno alle loro spalle anni di studio, approfondi­mento, lavoro, esperienza. Persone che vogliono da un lato creare bellezza, dall’altro trasmetter­e a chi ascolta, vede o legge la loro opera emozioni, racconto, storia. Riconoscer­ne il ruolo è un atto doveroso. Adesso alle parole devono seguire i fatti. Gli obiettivi e le misure proposte devono, come opportunam­ente ricorda anche l’associazio­ne ‘t. Profession­i dello spettacolo Svizzera’, trovare una traduzione nel budget che il Cantone dedica al sostegno della cultura indipenden­te. Senza che si vada a toccare, però, il contributo previsto a enti come l’Orchestra della Svizzera italiana, il Museo d’arte della Svizzera italiana, il Locarno Film Festival o ad altri enti i quali oltreché generare cultura e dare prestigio al nostro territorio sono un importante datore di lavoro: solo l’Osi ha una cinquantin­a di dipendenti residenti in Ticino, tra musicisti e personale amministra­tivo. Il sostegno al mondo della cultura deve essere garantito, non per bontà d’animo ma perché risponde a una precisa logica economica. Uno studio del Bak Basel del 2021 infatti parla chiaro: per ogni franco pubblico investito nel settore culturale in Canton Ticino se ne generano 2,58 tra indotto e valore aggiunto. Sarebbe ai limiti del suicidale non investire – e se possibile farlo anche maggiormen­te – in un ambito che porta non solo prestigio e arricchime­nto, ma pure pecunia sonante al Ticino. I detrattori, e chi parla di offerte dedicate a certe élite, sarebbe ora ne prendesser­o nota.

È triste prassi consolidat­a che nei momenti di crisi si tagli sulla cultura. Il già ministro italiano dell’economia Giulio Tremonti ebbe a dire che “con la cultura non si mangia”, dimostrand­o una non conoscenza della materia che colpì per la sua vastità. Queste affermazio­ni, come altre che si leggono a volte la domenica nel nostro Cantone, non sono solo false, ma sono atte a generare reazioni di pancia inutili e scorrette anche dal punto di vista dell’indotto. Dotarsi per la prima volta di una serie di Linee programmat­iche per la politica culturale da parte dello Stato rende giustizia a chi si impegna, spesso per tutta la vita, non solo per offrire svago al pubblico. Ma per diffondere e far conoscere musica, recite, l’arte in ogni sua sfaccettat­ura. I tempi che ci tocca vivere dimostrano in tutta la loro cupezza quanto c’è bisogno di cultura. Per permettere di usufruirne e goderne, chi la genera deve sempliceme­nte essere messo nelle condizioni di poterlo fare.

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