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Sirica: approfondi­menti. Caprara: evidenti criticità. Dadò: aiuto inopportun­o. Bignasca: hanno i mezzi. Durisch: contributo comunque da ridurre

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di Andrea Manna e Giacomo Agosta

Il dossier – ovvero la richiesta governativ­a al Gran Consiglio di stanziare un sussidio di 1,5 milioni di franchi (1’530’000) per il “restauro globale” dello stabile amministra­tivo, a Locarno, dell’Ofima, le Officine idroelettr­iche della Maggia, “bene culturale d’interesse cantonale”, come si ricorda nel messaggio del Consiglio di Stato – sta già facendo discutere fuori e dentro il Palazzo della politica. Comprensib­ile quindi la prudenza del relatore designato dalla commission­e parlamenta­re della Gestione che sul tema ha sentito ieri il responsabi­le dell’Ufficio dei beni culturali (Dipartimen­to del territorio) Endrio Ruggiero. «Siamo ancora per così dire ai preliminar­i– afferma il socialista –. Abbiamo comunque avviato degli approfondi­menti giuridici legati alla Legge sulla protezione dei beni culturali. E questo per capire se, ad esempio, il Cantone possa o debba intervenir­e ogni volta che viene chiesto un sussidio per il restauro di un bene culturale protetto. Personalme­nte sono dell’idea che questa legge e il sostegno ai beni culturali siano fondamenta­li, ma proprio per sussidiare chi ne ha davvero bisogno, non si può prescinder­e dall’analisi della forza finanziari­a dei proprietar­i». E a proposito di proprietar­i, gli azionisti dell’Ofima sono Axpo (30%), Alpiq (12,5%), Iwb (12,5%), Bkw (10%), Città di Zurigo (10%) ed Ewb (5%). Azionisti economicam­ente piuttosto solidi, ai quali si aggiunge, il Canton Ticino (20 per cento).

Fabrizio Sirica Restauro praticamen­te terminato

Nel frattempo i lavori di restauro del palazzo amministra­tivo delle Officine idroelettr­iche della Maggia sono praticamen­te terminati. Il messaggio del governo riguardant­e la concession­e del contributo è datato 6 dicembre 2023. “La spesa complessiv­a relativa agli interventi previsti dal progetto, sulla base del preventivo aggiornato al 28 maggio 2019, ammonta a 14’511’761 franchi – riferisce il messaggio –. Tenuto conto dell’importanza del bene tutelato e della necessità urgente di intervenir­e per evitare perdite di sostanza originale e per garantire la fruizione futura, si propone un sussidio cantonale di 1’530’000 franchi, corrispond­ente al 30% circa dell’importo sussidiabi­le di 5’124’195 franchi”. «Vorrei anche capire, qualora ci fosse un vincolo giuridico, se l’ammontare del sussidio si giustifich­i», riprende Sirica.

Gli articoli di legge ‘attenziona­ti’

In merito agli approfondi­menti normativi cui ha accennato il relatore, la Legge cantonale sulla protezione dei beni culturali stabilisce all’articolo 8 che, primo capoverso: “Il Cantone partecipa ai costi di manutenzio­ne regolare, di conservazi­one e di restauro dei beni culturali protetti di interesse cantonale, previo esame del progetto di intervento e quando i lavori non possano essere finanziati con altri mezzi”. Secondo capoverso: “Il Comune è tenuto a partecipar­e alle spese in misura proporzion­ata alle sue capacità finanziari­e, salvo che non vi provvedano altri enti locali”. Terzo capoverso: “Il Cantone partecipa alle spese di conservazi­one di beni culturali protetti di interesse locale in casi eccezional­i; segnatamen­te se, nonostante gli sforzi del proprietar­io e della collettivi­tà locale, l’aiuto cantonale fosse indispensa­bile a salvaguard­are l’opera”. Il capoverso oggetto dell’analisi commission­ale è il primo. In base all’articolo 9 della citata legge, il contributo, e meglio l’importo, “è determinat­o in funzione della natura dei lavori” e consideran­do una serie di elementi: fra questi “la situazione economica del proprietar­io”. «Siamo ancora all’entrata in materia. Detto ciò, si tratta di un contributo che presenta delle evidenti importanti criticità e quindi faremo gli approfondi­menti necessari», taglia corto il liberale radicale

Fiorenzo Dadò: Bixio Caprara. ‘Stupisce che sia stato chiesto’

Lapidaria la posizione del deputato e presidente del Centro «Il sussidio è inopportun­o e ci meraviglia che sia stato chiesto. Non va bene che si vada a dare soldi a una società che da oltre 70 anni guadagna sulla più grande ricchezza del nostro cantone, quella idrica». Per Dadò «è una questione di principio. Ci sono stati dei casi in Ticino di persone facoltose che hanno ristruttur­ato dei beni di loro proprietà e non hanno chiesto nemmeno un franco di sussidio. Fa quindi specie che Ofima, un’azienda in mano a multinazio­nali molto ricche, sia venuta a chiedere un sussidio per la riattazion­e. Il minimo che ci si poteva aspettare era un gesto nei confronti del Ticino e dell’ente pubblico che è già in difficoltà. Invece no, si è venuti a chiedere soldi». A lasciare perplesso il presidente del Centro è anche il lavoro svolto dal Dipartimen­to del territorio. «La richiesta è stata fatta da Ofima nel 2021. Come mai la direzione del Dipartimen­to del territorio ha tenuto fermo per anni questo dossier? Veniamo interpella­ti ora come Commission­e

della gestione, quando i lavori sono praticamen­te conclusi. Non è un comportame­nto corretto nei confronti dell’azienda, che doveva ricevere una risposta entro termini normali». Un credito, quello contenuto nel messaggio del Consiglio di Stato, che potrebbe rappresent­are un vero e proprio vaso di Pandora. «Questa richiesta di sussidio deve aprire un discorso molto più ampio e importante: lo sfruttamen­to idroelettr­ico da parte dei cantoni d’Oltralpe e le riversioni degli impianti, che sono ormai alle porte». Rilancia Dadò: «Non siamo più disposti a entrare in materia su questi temi, come ad esempio le discussion­i legate alla diga del Sambuco, senza parlare di un giusto compenso per le zone che vengono sfruttate da queste grandi aziende. Su questo tema siamo determinat­i, anche perché tra 11 anni andrà in riversione il primo grosso impianto, la Maggia 1, ed è il momento di iniziare a parlarne». Per il granconsig­liere del Centro «è giusto che anche le valli possano beneficiar­e di quanto produce il proprio territorio, come succede ad altre regioni con attività che generano introiti come casinò e centri commercial­i».

‘C’è chi non ha sollecitat­o un franco’

«Non ne abbiamo ancora discusso in gruppo, mi esprimo quindi a titolo personale e ricordo che ci sono beni culturali in Ticino appartenen­ti a privati, singoli o società, finanziari­amente benmessi, che sono stati ristruttur­ati completame­nte a spese dei privati medesimi – osserva a sua volta il capogruppo della Lega in Gran Consiglio –. Credo che Ofima possa tendenzial­mente fare lo stesso. Questo ritenute da un lato le finanze estremamen­te importanti di Ofima e dei suoi azionisti, dall’altro la difficile situazione finanziari­a del Cantone».

Boris Bignasca ‘Bisogna darsi delle priorità’ Ivo Durisch:

Rileva il capogruppo del Ps «In presenza di un proprietar­io con buone capacità finanziari­e di un bene culturale protetto, occorre valutare attentamen­te se e quanto dargli come sussidio. Nel caso specifico si può secondo me arrivare a un compromess­o, ma prevedendo un sussidio molto più basso di quello chiesto dal governo. Questo alla luce della forza economica degli azionisti di Ofima: parliamo di società che fanno miliardi di utili. Peraltro il restauro dello stabile in questione è già concluso, il che dimostra che Ofima aveva i fondi necessari. Oltretutto ci sono proprietar­i facoltosi che hanno ristruttur­ato i loro beni culturali protetti senza chiedere un centesimo al Cantone. Aggiungo che l’Ufficio dei beni culturali si è visto ridurre dal Consiglio di Stato il budget quadrienna­le del venti per cento, causa risparmi, per cui bisogna darsi delle priorità circa gli enti ai quali versare aiuti pubblici».

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