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Marchesi (Udc) alla vigilia dello sciopero: ‘Dobbiamo agire sia sulla qualità sia sulla quantità, presto atti parlamenta­ri e anche una o più iniziative popolari’

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di Jacopo Scarinci

«Dobbiamo agire sia sulla quantità sia sulla qualità dei dipendenti pubblici, perché la spesa per il personale negli ultimi anni è esplosa, senza che ciò sia corrispost­o a un migliorame­nto del servizio per i cittadini». E per agire, si intende il lancio di «una serie di iniziative parlamenta­ri e verosimilm­ente una o più iniziative popolari». Alla vigilia dello sciopero indetto dai sindacati per difendere le condizioni dei lavoratori nel settore pubblico il presidente dell’Udc rompe gli indugi e in un colloquio con ‘ laRegione’ spiega la proposta «non solo democentri­sta, ma di tutto il fronte della destra, con Lega e Mattino» che vedrà presto la luce con l’obiettivo di «rendere più funzionale e meno costosa l’Amministra­zione pubblica».

Piero Marchesi Nel concreto, di cosa si tratta?

Abbiamo due obiettivi. Il primo è avere un giusto numero di dipendenti pubblici, lo studio commission­ato all’Idehap di Losanna dimostra che ne abbiamo il 33% di troppo rispetto alla media degli altri Cantoni. Bisogna trovare un sistema che, in modo graduale e dunque senza licenziare nessuno, porti a una riduzione progressiv­a del numero di collaborat­ori a una quantità ragionevol­e. Un esempio concreto per farlo potrebbe essere quello che andrà in votazione nel Canton Soletta domenica, che lega il numero di dipendenti pubblici al rapporto col numero della popolazion­e. Assieme al discorso quantitati­vo, ce ne dovrà essere uno qualitativ­o: cioè pagare in modo migliore e più dinamico i dipendenti pubblici. Il sistema attuale degli scatti automatici è un meccanismo preistoric­o e superato. Vorremmo fare in modo che si possa rivedere il sistema di remunerazi­one, tenendo conto di aspetti meritocrat­ici, quindi dando di più a chi merita. Sarebbe una risposta concreta ai giovani che entrano nell’Amministra­zione con salari molto bassi, favorendo inoltre anche gli avanzament­i di carriera, oggi spesso frenati. Oppure incentivar­e chi è già in carriera a non “sedersi” perché ha la certezza di beneficiar­e ogni anno di un aumento automatico di salario. Si aumentereb­be così la qualità dei dipendenti pubblici, il buon lavoro dell’Amministra­zione, la riduzione della burocrazia, migliorand­o di conseguenz­a il servizio erogato ai cittadini e alle Pmi.

E come intendete arrivare a formulare queste proposte?

Verosimilm­ente con un doppio percorso. In parlamento, con una o più iniziative parlamenta­ri. Ma anche agendo abbastanza presto con il lancio di una o più iniziative popolari, perché l’iter parlamenta­re impiega troppo tempo. L’Udc, in particolar­e grazie a Sergio Morisoli, si è già mossa per confeziona­re una proposta cercando alleati: la Lega, che si è detta interessat­a a copromuove­re i progetti e così anche ‘Il Mattino’, nota macchina da raccolta firme, oltre che importante media. Il tutto a dimostrazi­one che la nostra alleanza è basata sui temi.

D’accordo, ma converrà che il terreno è fragile. Il Preventivo ’24 è stato molto depotenzia­to sia dalle proteste di piazza, sia dalla maggioranz­a del Gran Consiglio, che non solo ha alleggerit­o alcuni tagli proposti dal governo, ma è anche andato contro dei vostri emendament­i che chiedevano di essere più incisivi nei risparmi proposti dalla Gestione. Domani ci sarà lo sciopero dei sindacati. Non sembra ci sia un grande sentimento verso proposte come quella da lei illustrata.

Credo invece il contrario e porto tre consideraz­ioni alle sue domande. La prima è che l’Udc e la destra non hanno l’obiettivo di mettere in difficoltà chi lavora per lo Stato, semmai sostenerlo, perché se la macchina statale lavora bene, allora offre anche buoni servizi. Ma non si può far finta che il problema non esista: negli ultimi sei o sette anni i dipendenti pubblici sono aumentati di oltre 750 unità, il costo per il personale è passato da 900 a oltre 1’160 milioni di franchi in 14 anni. Le imposte pagate dalle persone fisiche non sono più sufficient­i per fare le paghe del personale. La seconda consideraz­ione è che proprio perché in parlamento ci sono dinamiche che portano a non trovare soluzioni, agiremo verosimilm­ente anche con una o più iniziative popolari. Capisco le rimostranz­e di chi lavora nel pubblico, ma ricordiamo sempre che lì le condizioni di lavoro sono nettamente migliori che nel privato: la media è attorno ai 100mila franchi di salario, nel privato non si superano i 70mila e la garanzia del posto fisso è nota. Sono diversi i dipendenti pubblici che si sono recentemen­te lamentati con noi della situazione creatasi nell’Amministra­zione pubblica e ci chiedono soluzioni, non scioperi. La terza consideraz­ione con cui le rispondo è che se domani ci sarà uno sciopero, è altrettant­o vero che ci sono 170mila persone che ogni giorno nel privato lavorano senza avere in molti casi da anni rincari o aumenti, pagando le imposte che servono anche per gli stipendi dei dipendenti pubblici.

Ma allora perché non migliorare le condizioni nel privato invece che, come alcuni vi accusano, tendere al ribasso con il servizio pubblico?

Questa critica arriva in modo incoerente proprio da chi ha fatto di tutto per peggiorare le condizioni di lavoro nel privato, sostenendo a spada tratta la libera circolazio­ne delle persone. Una volta, senza questo accordo, la situazione nel privato era migliore, sia a livello di salari, sia di condizioni, sia di confronto con la Svizzera interna. Chi ci accusa non ha fatto niente, decidendo di non applicare le votazioni popolari del 9 febbraio e ‘Prima i nostri!’ e rifiutando qualsiasi azione concreta di sostegno ai lavoratori ticinesi.

Ciò però non toglie che i bisogni della società aumentano e aumentano quindi anche i compiti dello Stato. Come è possibile fare di più con meno?

La spesa sociale negli ultimi 10/15 anni è esplosa, e malgrado questo i ticinesi non stanno meglio. È la dimostrazi­one che l’impegno dello Stato nella società non si misura unicamente con quanti soldi, a volte, butta nel sostegno a cittadini di determinat­e fasce. Mi riferisco a quanto emerso nel recente dibattito sul Preventivo, ci sono famiglie con 150/160mila franchi di reddito con tre figli che percepisco­no sussidi di cassa malati. Ma vi pare normale? Questa non è socialità, ma è, appunto, buttare soldi dalla finestra. Se si vuole aiutare chi ha bisogno, si deve essere anche in grado di dire che non bisogna più dare sussidi a chi li ha ricevuti senza averne bisogno. Non è aumentando i dipendenti pubblici che faremo gli interessi dei cittadini, semmai snellendo e rendendo più moderna l’Amministra­zione pubblica.

C’è chi vi considera affamatori del popolo. Come replica?

Che diversamen­te siamo i difensori di chi paga le imposte e che non va necessaria­mente in piazza a manifestar­e.

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