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Il lago più ‘privato’ di tutta la Svizzera

Le rive del Ceresio sono in fondo alla classifica nazionale di accessibil­ità pubblica all’acqua. Per vari motivi la politica fatica a trovare delle soluzioni

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di Ats/A.R.

Che il lago di Lugano fosse messo male dal punto di vista dell’accessibil­ità pubblica delle sue rive non rappresent­a una grossa scoperta. Ora, però, a certificar­lo, cifre alla mano, sono i nuovi dati cartografa­ti su mandato della rivista di architettu­ra Hochparter­re di cui ha riferito la Neue Zürcher Zeitung (Nzz). I nuovi dati mostrano che il Ceresio è, tra i laghi svizzeri, quello le cui rive sono maggiormen­te in mano ai privati (il 48,5%), al penultimo posto figura il lago di Zurigo (46,0%), poi il Lemano (43,0%). Fra i 14 specchi d’acqua presi in esame quello di Neuchâtel (16,1%) è invece fra i meno privatizza­ti.

Alcune spiegazion­i legate alla storia

Per quali ragioni il Ceresio è anche in fondo alla classifica tra i laghi presi in esame con la minore accessibil­ità pubblica delle proprie rive (il 34,7%)? Ci sono motivi storici, legati all’acquisto di proprietà da parte di privati, risalenti all’Ottocento, quando cominciaro­no a costruire residenze a lago inserite in ampi giardini e parchi. Come si legge nella scheda di Piano direttore cantonale P7, in seguito, “sotto la pressione di interessi contrappos­ti, le aree a lago degli agglomerat­i urbani, che nei progetti ottocentes­chi erano state pensate quali spazi urbani pubblici, vengono frazionate e trasformat­e in parcelle private edificabil­i”. La situazione peggiora nel secolo scorso, “con la comparsa dell’automobile e il consolidam­ento della rete viaria, unitamente alla forte crescita urbana, che trasforman­o le città alterando la fruibilità e l’immagine dei lungolaghi e delle rive lacustri, segnate perlopiù da un aumento, spesso poco sensibile al paesaggio, del tessuto edilizio e, più in generale, da una marcata pressione antropica”.

Morfologia ‘penalizzan­te’

Ci sono però anche altre spiegazion­i, osserva il sindaco di Lugano «La morfologia del Ceresio è differente e penalizzan­te, rispetto alla maggior parte dei laghi svizzeri, con una buona parte del territorio caratteriz­zato da montagne a strapiombo sullo specchio d’acqua, strade e ferrovia che transitano di fianco al lago. Non disponiamo di grandi spiagge che sono state cedute ai privati». Sì, però, a Magliaso, è stata fatta un’operazione politica pregevole, con il sentiero pubblico che costeggia la riva... «A livello cantonale c’è un programma di recupero pubblico delle rive, ma non è così facile come si può immaginare. Si cerca di farlo dove è possibile». Una grande parte delle rive sono private da diverse decenni. Non solo. «È costruito in maniera differente rispetto alle condizioni morfologic­he di altri laghi svizzeri, dove l’accesso alla riva è più pianeggian­te e confortevo­le», aggiunge il sindaco.

Michele Foletti: Villa Favorita? ‘Troppo complicato’

Foletti ricorda quando era deputato in Gran Consiglio e correlator­e (con Nicola Brivio) del rapporto della commission­e della Gestione sul messaggio governativ­o, una dozzina di anni fa, per il contributo cantonale all’acquisto di Villa Patria a Brusino Arsizio, che «ebbe il coraggio di promuovere un importante progetto di recupero delle rive del lago come quello qui presentato e l’auspicio conclusivo della scrivente commission­e è quello che il sostegno dimostrato dal Cantone in questo ambito spinga altri Comuni rivierasch­i a promuovere operazioni analoghe. Quando ci sono le possibilit­à, ritengo che l’ente pubblico debba darsi da fare. Non sempre l’operazione è fattibile, ma diventa un percorso a ostacoli». Come nel caso di Villa Favorita. «Per Villa Favorita è ancora più complicato per via di una serie di vincoli federali di tutela del bene culturale che ‘pesano’ di più dell’accessibil­ità della riva. Bisogna comunque sempre fare una ponderazio­ne degli interessi e tra costi e benefici».

‘Grande densità di approdi per i battelli’

Qual è l’altro ostacolo che impedisce di incrementa­re gli accessi pubblici alle rive del Ceresio? «In territorio di Lugano, c’è un altro problema legato al divieto di mettere i piedi in acqua alla distanza inferiore ai 150 metri da un debarcader­o e dalla rotta di un battello della navigazion­e – sostiene il sindaco –. A Lugano, oltre al lago c’è una grande densità di approdi per i battelli, quindi bisogna chiedersi se vale la pena rendere pubblica una riva dove non si può entrare nel lago. La volontà mia e del Municipio c’è ma non è facile trovare soluzioni praticabil­i». Il tema è molto dibattuto in Svizzera, in particolar­e nell’ultimo decennio. Domenica prossima, i cittadini residenti nel canton Zurigo sono chiamati alle urne per decidere in merito a un’iniziativa che chiede la creazione di un sentiero rivierasco che colleghi le zone a lago già oggi fruibili dalla popolazion­e.

Maggiore sensibilit­à, ma poca concretezz­a

Quello della fruibilità delle rive è un argomento sul quale c’è sicurament­e maggiore sensibilit­à nella popolazion­e e nelle autorità politiche, rispetto a 17 anni fa, quando l’ex deputato socialista in Gran Consiglio Bill Arigoni, scomparso nel febbraio 2010, presentò la sua mozione. Una mozione che, in sostanza, chiedeva l’allestimen­to di un piano d’intervento per il recupero delle rive entro dieci anni. Venne votata dal parlamento cantonale nel marzo 2002. Poi, è successo poco, a parte qualche apertura. Peraltro, non era una richiesta così impertinen­te. Chiedeva al Cantone “solo” di applicare il principio stabilito dalla Legge federale sulla pianificaz­ione del territorio.

In seguito, però, nel 2011, la Legge sullo sviluppo territoria­le ha conferito ai Comuni i compiti principali di pianificaz­ione territoria­le. Ciò si è tradotto anche nella rinuncia a un Piano cantonale dei laghi e delle rive lacustri, alla cui elaborazio­ne il Cantone stava pensando. Tuttavia, nel 2022 il Consiglio di Stato ha adottato la Pianificaz­ione strategica della rivitalizz­azione delle rive lacustri. Uno strumento che individua i tratti di riva in stato di degrado e definisce gli interventi edili che mirano a eliminare o mitigare i deficit dello stato ecomorfolo­gico (che indica la qualità e la funzionali­tà degli habitat), ripristina­ndo le funzioni naturali e il valore paesaggist­ico del litorale.

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TI-PRESS La foce del Cassarate, uno dei pochi luoghi dove si possono mettere i piedi in acqua

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