Chiesti oltre 5 anni per un accoltellamento
Un 26enne residente nel Centro federale d’asilo di Chiasso, in un alterco ha provocato a un altro ospite una profonda ferita di sette centimetri alla guancia
di Carlo Canonica
Non capita spesso di avere degli squarci di vita del Centro federale d’asilo (Cfa) di Chiasso. Questa volta, però, lo spaccato esposto nella Corte delle Assise criminali di Mendrisio in Lugano, a seguito di un fatto di sangue avvenuto a inizio marzo 2023, non è idilliaco. In aula il 26enne algerino è stato accusato di omicidio intenzionale subordinatamente lesioni gravi e lesioni semplici qualificate; ingiuria; furto ripetuto, in parte tentato; appropriazione semplice; violazione di domicilio; contravvenzione alla Legge sugli stupefacenti e contravvenzione alla Legge federale sul trasporto viaggiatori. La discussione si è animata soprattutto per il primo reato. Il 26enne è accusato di aver accoltellato più volte un tunisino perché quest’ultimo lo aveva provocato e insultato. Il procuratore pubblico
ha chiesto una pena di 5 anni e 10 mesi, mentre l’avvocato della difesa ha richiesto una pena di 3 anni e 6 mesi. La sentenza della Corte composta dalla presidente
giudici a latere Monica Sartori Lombardi e Giovanna Canepa Meuli e dagli assessori giurati, è prevista per oggi.
Chiocchetti, Roberto Ruggeri Felicita Soldati Francesca Verda Il suo è un ‘caso perso’
Da come è stato ricostruito in aula, dopo la morte della madre avvenuta nel 2017, si è ritrovato in casa con un padre che non lo voleva. Il 26enne, che non trovava lavoro nel suo Paese, ha preferito attraversare il Mediterraneo con un barcone piuttosto che continuare la sua vita lì. Arrivato in Francia ha iniziato a lavorare come corriere per una nota azienda di trasporti privati e ha avuto i primi guai con la giustizia per dei furti. Dopo aver perso il lavoro, ha girovagato in diverse nazioni europee fino ad arrivare a Chiasso. Nel giro di una ventina di giorni dal suo arrivo al Cfa, e durante le sue uscite, ha commesso tutti i reati che gli sono stati imputati. Il 26enne durante l’interrogatorio ha affermato che «qui non posso dire di essermi comportato bene, ma neanche male: con il personale del centro c’era un buon rapporto, ma con gli altri ospiti non andavo d’accordo». Le sue difficoltà nell’integrarsi, ha spiegato Soldati, «sono dovute anche alle sue scarse conoscenze linguistiche e ai problemi di comunicazione. Non bisogna anche sottovalutare il luogo, qui gli scontri sono all’ordine del giorno». Da notare che in una perizia avvenuta nel Cfa prima dell’accoltellamento, la sua condizione era stata valutata come un ‘caso perso’, un fatto, sottolinea la giudice, che «avviene raramente».
Un fendente da 7 centimetri
Il reato principale del quale è accusato, come detto, è di omicidio intenzionale tentato. Nello specifico, quel giorno, il 26enne non dormiva da due giorni e aveva consumato cocaina e medicamenti vari. Poco prima dei fatti, sempre da quanto ricostruito in aula, l’imputato era agitato perché doveva parlare con la direttrice del centro, a causa dei suoi comportamenti poco rispettosi e violenti nei confronti degli altri ospiti. Subito dopo una stretta di mano con la promessa di restare calmo, ha incontrato il tunisino che lo ha accusato di furto. In un primo momento è rimasto calmo, «ma quando ha insultato mia madre defunta, ho perso il controllo». Stando al pp, ha scavalcato il cancello chiuso del Cfa, ha recuperato un coltellino nascosto precedentemente all’esterno e si è indirizzato nuovamente verso il Cfa. Nel frattempo, è stato raggiunto dal tunisino e hanno cominciato la colluttazione nel corso della quale ha sferrato i fendenti, procurandogli un profondo taglio della lunghezza di 7 cm alla guancia e una ferita superficiale al dorso del polso.
‘Solo per fortuna non ci è scappato il morto’
Durante la sua requisitoria il pp ha affermato che «i fatti sono estremamente gravi. Se non siamo qui per parlare di un defunto è solo per un caso fortunato». In aula è stato sottolineato che i fendenti sono stati sferrati a casaccio: «Nel corso di un’azione dinamica, si perde il totale controllo della situazione perché qualsiasi parte del corpo può essere colpita. E nella fase dell’inchiesta, lui ha detto che era cosciente del rischio». Secondo il pp ha attaccato «in maniera fredda, spregiudicata e temeraria e per motivi futili e infantili. Lui voleva vendetta. È stato accusato pubblicamente e ha ricevuto l’ingiuria alla madre defunta, ma questi non sono motivi per prendere un coltello per difendersi». L’unica possibile attenuante, continua, «potrebbe essere il suo vissuto da migrante e l’alterazione dovuta alla droga. Ciononostante ha compiuto un gesto non degno alle nostre latitudini». Pertanto Ruggeri ha chiesto la pena sopra descritta e l’espulsione dalla Svizzera e dall’area
Schengen per 10 anni. Anche il rappresentante dell’accusatore privato, ha rimarcato che il 26enne «voleva lavare con il sangue queste umiliazioni ricevute. Nello scontro, dopo i primi fendenti che hanno provocato ferite sanguinanti, lui non si è fermato. Anche quando è arrivata la sicurezza, il 26enne ha continuato a cercare di ferirlo. Siamo in presenza di una persona che voleva ammazzare e sapeva che cosa stava facendo».
Arturo Garzoni, ‘A iniziare il litigio è stato il tunisino’
Durante la sua arringa l’avvocato della difesa ha tenuto a precisare che «la prima guardia che era presente ha sottolineato che erano entrambi a sferrare colpi. A iniziare il litigio è stato il tunisino e il 26enne non ha mai avuto intenzione di uccidere. Voleva solo difendersi». Inoltre, ha contestato il fatto che avrebbe proceduto con lucidità: «Non ha agito in maniera cosciente, lo stato psicofisico del soggetto era alterato. Dopo i fatti non era neanche in grado di comunicare e aveva assunto cocaina prima dei fatti. Bisogna tenere in considerazione che si è anche scusato più volte di quanto ha fatto». Da qui la sua proposta di pena e senza opporsi all’espulsione dalla Svizzera, ma contestando quella dall’area Schengen dato che il 26enne vorrebbe tornare in Francia.