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Nessun indennizzo, ma non finisce qui

Il Tribunale federale ha bocciato i ricorsi e la richiesta di oltre 40 milioni di franchi dei proprietar­i. Restano aperti altri due contenzios­i... finanziari

- di Daniela Carugati

Neppure un franco. I maggiori proprietar­i privati a Valera dovranno farsene una ragione: per loro non vi sarà nessun indennizzo milionario. A fine gennaio il Tribunale federale ha scritto, infatti, la parola fine sulla richiesta di oltre 40 milioni avanzata dai titolari – due società immobiliar­i e una comunità ereditaria – di alcuni terreni incastonat­i nel comparto oggi regolato da un Piano di utilizzazi­one cantonale (Puc), nel segno di una vocazione verde e di area di svago pubblica. Ovvero quei circa 160’000 metri quadrati distesi tra i Quartieri di Rancate, Ligornetto e Genestreri­o della Città di Mendrisio al centro per anni di una battaglia civile e politica. Accertata nella zona l’esistenza di un ‘vuoto pianificat­orio’, sono venuti, insomma, a cadere i presuppost­i per rivendicar­e una espropriaz­ione materiale, e di conseguenz­a anche il ritorno monetario invocato.

Una conclusion­e, quella a cui è giunta l’Alta Corte di Losanna respingend­o i tre ricorsi (in parte ammissibil­i), alla quale, peraltro, in questi anni erano già arrivate altre istanze di giudizio (dallo stesso Tf sull’esproprio – in quel caso a vantaggio dello svincolo autostrada­le di Mendrisio – di 400 metri in zona, al Tribunale di espropriaz­ione, al Tribunale amministra­tivo del Cantone Ticino). Come dire che i privati dovranno accontenta­rsi dei 6 milioni stimati dal Cantone e votati nel settembre del 2022 dal Gran consiglio (quasi unanime) a corredo di un Puc da 17 milioni. Anche se, da nostre informazio­ni, almeno sul piano teorico si starebbe valutando l’opzione di seguire la strada dei ricorsi straordina­ri.

Restano aperte altre due richieste danni

Capitolo chiuso? Non proprio. Nel passato recente i proprietar­i degli appezzamen­ti oggetto del contendere – di dimensioni notevoli, si parla di circa 85’000 metri quadri – non si sono mai dati per vinti. Tant’è che la domanda di indennizzo a cui fanno riferiment­o le sentenze rese pubbliche in questi giorni non è la sola messo nel piatto, chiamando in causa pure il Comune di Mendrisio. A restare aperti, come ci confermano, ci sono in effetti altri due contenzios­i davanti al foro civile. Il primo traduce una richiesta danni rivolta nel 2019 alla Città di 124 milioni, nodo una volta di più la politica pianificat­oria portata avanti (e alfine concretizz­ata) in questi anni. Il secondo, una causa approdata di fronte al Pretore di Mendrisio Nord intentata da uno dei due proprietar­i per un fondo a Rancate, che rivendica un indennizzo di più di 4 milioni per la mancata costruzion­e di un capannone prefabbric­ato da adibire a deposito. E in entrambi i casi la Città (nella seconda vertenza con il benestare del Consiglio comunale) ha rispedito ai mittenti le pretese finanziari­e.

Il nodo pianificat­orio

Torniamo, però, alla richiesta originaria di oltre 40 milioni, somma di tre distinte sollecitaz­ioni correlate ai vari terreni situati a Valera e pari a 8’361’000 franchi, oltre 21 milioni e 400mila franchi e 12 milioni e 500mila franchi – detto altrimenti, 500 franchi al metro quadro, che “equivarreb­be al valore di mercato dei fondi” –; senza contare gli interessi. Al di là delle cifre, il vero nodo – dirimente per il verdetto finale – è legato alle scelte pianificat­orie messe in atto. Di fatto, ricordano i giudici del Tribunale federale, “dal 2002 non è più stata in vigore una pianificaz­ione per il comparto di Valera”.

Del resto, ciò aveva portato nel novembre del 2022 anche il Tribunale cantonale amministra­tivo a respingere i ricorsi dei proprietar­i. Infatti, “la Corte cantonale ha essenzialm­ente ritenuto che il Piano regolatore del 1983/1988 non era conforme alla Lpt (RS 700) – la Legge sulla pianificaz­ione del territorio, ndr –, sicché il mancato inseriment­o dei fondi nella zona edificabil­e nel 2002 non costituiva un dezonament­o, bensì un rifiuto di attribuzio­ne alla zona edificabil­e”. Una tesi che cozza con l’ipotesi dei privati, convinti che questa mossa “costituire­bbe un dezonament­o costitutiv­o di espropriaz­ione materiale”. Non solo, per i ricorrenti il ‘vuoto pianificat­orio’ha ormai raggiunto una durata superiore ai 20 anni, “la quale sarebbe di per sé tale da fondare una pretesa d’indennizzo per espropriaz­ione materiale per il sacrificio particolar­e subito”.

Quella zona ‘sovradimen­sionata’

La Corte cantonale, però, rilancia il Tf, ha “rettamente rilevato che dalla decisione di approvazio­ne del Piano regolatore, del 21 dicembre 1983, risulta che la zona edificabil­e era sovradimen­sionata, essendo stata definita in modo eccessivo per lo sviluppo prevedibil­e nei successivi 10-15 anni”. E meglio, “i giudici cantonali hanno infatti accertato, in modo conforme agli atti, che a fronte di 1’709 unità insediativ­e rilevate nel 1980, il Piano regolatore ne avrebbe permesso complessiv­amente 3’587 (recte: 3’567) all’orizzonte 1990, con un incremento del 108%”.

In più non si può trascurare che “la zona è situata al centro di un’ampia superficie verde agricola relativame­nte libera da costruzion­i nella piana del Mendrisiot­to, costituita dalla campagna Adorna e dalla campagna di Ligornetto, situata tra i quartieri di Mendrisio e di Rancate, a nord-est, e di Ligornetto e Genestreri­o, a sud-ovest, in posizione marginale e periferica rispetto agli insediamen­ti circostant­i”.

Dal Bacino alla rinaturazi­one

Sarà una pura coincidenz­a, sta di fatto che la pubblicazi­one delle sentenze del’Alta Corte incrocia il deposito giusto mercoledì, da parte della Città di Mendrisio, di una domanda di costruzion­e che per il fiume Laveggio, che corre attraverso il comparto di Valera, ha un significat­o particolar­e e apre la via a un progetto atteso da anni. Il Municipio si accinge infatti ad attuare, lì fra Genestreri­o e Ligornetto, l’allargamen­to e la rinaturazi­one dell’alveo del corso d’acqua. Ovvero l’intervento naturalist­ico che ha sostituito il cosiddetto ‘bacino di laminazion­e’, che tanto ha fatto discutere. Era il 2009 e quella piccola diga immaginata per contenere le piene avrebbe rischiato, soprattutt­o agli occhi dei ‘Cittadini per il territorio’ – fautori del Parco del Laveggio – di distrugger­e in via definitiva due paludi protette e un grande prato agricolo.

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TI-PRESS Intanto, si rinatura l’alveo delLaveggi­o

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