laRegione

Rimettere il monumento al centro del villaggio

- di Francesco Albi, architetto

Tanto si è scritto in questi giorni sulle colonne di questo giornale, relativame­nte al dibattito che la richiesta di credito sottoposta al Gran Consiglio per sussidiare il restauro della sede Ofima di Locarno ha generato.

Sono intervenut­i politici di levatura nazionale e cantonale, esperti di sviluppo regionale, storici, e ognuno ha espresso la propria legittima e interessan­te opinione. Inizialmen­te il dibattito era incentrato sull’opportunit­à che un’azienda produttric­e e fornitrice di energia elettrica che non presenta difficoltà economiche chiedesse allo Stato – e quindi alla collettivi­tà – di partecipar­e alle spese dei costi per il restauro del proprio stabile amministra­tivo, oggetto di tutela ai sensi della Legge cantonale sui beni culturali. Contributo dopo contributo però l’attenzione si è spostata dapprima verso lo sfruttamen­to delle acque nel nostro Cantone e i danni arrecati all’ambiente, poi sui beneficiar­i degli introiti generati da questo sfruttamen­to. Sia tecnici che politici, sia Oltralpe che in loco.

Se da un lato questo excursus ha il merito di aver ricapitola­to buona parte della storia dell’idroelettr­ico nel nostro cantone e tematizzat­o il discorso delle contraddiz­ioni della liberalizz­azione del mercato dell’energia, dall’altro ha deviato totalmente l’attenzione dal nocciolo della questione: il contributo pubblico in sostegno del restauro di un bene culturale d’interesse cantonale, ossia di un “monumento”. L’edificio oggetto del contendere è stato progettato e realizzato sul finire degli anni 60 del secolo scorso da Paolo Mariotta, rinomato architetto locarnese di fama internazio­nale che proprio nello stabile amministra­tivo Ofima vede la propria nona sinfonia quale, per citare il messaggio governativ­o, “notevole esempio di architettu­ra moderna del secondo dopoguerra nel Canton Ticino”. Nel 2017 il complesso comprenden­te l’immobile e il suo ampio parco – uno dei pochi spazi verdi rimasti nel quartiere Campagna di Locarno soffocato dalla speculazio­ne edilizia – sono stati inseriti dall’Ufficio dei beni culturali del Cantone tra gli edifici considerat­i meritevoli d’interesse. Anche la Città di Locarno ne ha riconosciu­to l’importanza annoverand­olo nel censimento dei beni culturali cittadini con specifica variante di Pr approvata dal Consiglio comunale nel 2020. La tutela con la quale la comunità riconosce un valore in un elemento culturale lo investe di una dignità che lo pone al pari livello di altri beni storici, indipenden­temente dalle sue specificit­à (tipo di bene, periodo storico, stile...) e, soprattutt­o, a prescinder­e dai suoi proprietar­i poiché patrimonio di tutti. Lo spirito che ha spinto la popolazion­e ticinese a dotarsi di una legge sulla protezione dei beni culturali che prevede anche la possibilit­à di sussidiare parte delle opere di restauro è quello di proteggere e valorizzar­e i beni culturali e promuovern­e la conoscenza e il rispetto. A titolo d’esempio a Locarno sono monumenti tutelati anche il castello visconteo, Casa Rusca o la chiesa di Sant’Antonio, per citarne solo alcuni.

Nel dibattito che seguirà quello sui giornali e caratteriz­zerà la votazione in Gran Consiglio occorrerà dunque rimettere la chiesa, o meglio il monumento, al centro del villaggio consideran­do, senza preconcett­i, il modo appropriat­o – anche in un periodo di difficoltà economica come questo – di intervenir­e in sostegno di quello che è in effetti patrimonio culturale della collettivi­tà ticinese tutta.

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