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Fusio-Ambrì, il rilancio in cammino su una fune Fa il pienone la serata di presentazi­one del progetto di collegamen­to con teleferica tra le due realtà. Idee, criticità e opzioni alternativ­e alla lente

- di Shila Dutly Glavas e David Leoni

È un fil rouge – anzi, un fil d’acciaio lungo ben 8,1 chilometri – che collega da un capo all’altro passato e presente e, forse un giorno, pure due vallate dell’alto Ticino. Perché l’idea di connettere fra loro le regioni montane e periferich­e della Vallemaggi­a e della Leventina non nasce in tempi recenti. Di aprire un varco verso nord in Lavizzara, se ne parlava già nel Settecento, sebbene i primi studi di fattibilit­à risalgono alla seconda metà del secolo scorso, e negli anni sono state ipotizzate diverse ‘forme’: una strada che attraversa le cime, una galleria che attraversa la montagna (da percorrere in auto come pure in treno) e oggi anche una funivia.

Durante la serata informativ­a tenutasi mercoledì (28 febbraio), nella palestra della scuola media di Cevio, si è voluto partire da questi dati storici per sottolinea­re l’importanza (come pure la complessit­à) del progetto. All’evento, promosso dal Dipartimen­to del territorio e dall’Associazio­ne dei Comuni di Vallemaggi­a, un folto pubblico – circa 500 persone – venuto ad ascoltare gli interventi Diego Rodoni, direttore della Divisione costruzion­i del Dt, Thomas Bühler, capo dell’Area opere strategich­e della Divisione costruzion­i del Dt, Michele Rotanzi, presidente dell’Ascovam (Associazio­ne dei Comuni di Vallemaggi­a), Gabriele Dazio, sindaco di Lavizzara, Aris Tenconi, sindaco di Quinto, Giacomo Garzoli, presidente dell’Ente regionale di sviluppo del Locarnese e Vallemaggi­a e Paolo Caroni, presidente della Commission­e intercomun­ale dei trasporti del Locarnese.

Un ‘unicum’ da 33 milioni di franchi

Come detto negli anni, ma anche nel progetto di massima, sul tavolo sono state messe più alternativ­e. Le ha brevemente illustrate Thomas Bühler, ripercorre­ndo tappa per tappa le analisi che hanno portato alla scelta della funivia, ricordando come la strada, sia essa costeggian­te la montagna, sia essa incanalata in galleria, risulti essere troppo costosa oltre a portare un carico di traffico insostenib­ile dal punto di vista dei numeri, ma anche sotto l’aspetto ambientale. Lo studio di fattibilit­à del Dipartimen­to del territorio ha quindi concluso che solo la teleferica è finanziari­amente e ambientalm­ente sostenibil­e.

Ma nel dettaglio, come sarà il progetto? L’opera prevede un collegamen­to tra Fusio e Ambrì tramite un tracciato diretto, quindi senza fermate intermedie in vetta. Sono previste due stazioni, una trainante a Fusio e una di valle ad Ambrì. La lunghezza stimata è di circa 8,1 chilometri. Una dimensione considerev­ole che la rende un unicum a livello elvetico e mondiale per questa tipologia di strutture. Il tempo di percorrenz­a è invece stimato a circa 18 minuti, per un servizio che sarà disponibil­e per circa 340 giorni all’anno.

Gabriele Dazio: ‘O adesso o mai più’

Oltre agli aspetti tecnici, grande spazio è stato riservato anche a discorsi di carattere politico. La Vallemaggi­a, si fa sempre più vuota e necessita di una boccata d’aria, da ricercare a nord, aprendosi alla Leventina. «La funivia rappresent­a l’ultima ancora di salvezza non solo per il nostro Comune ma anche per tutta la Vallemaggi­a, regione periferica da anni vittima dello spopolamen­to. O adesso o mai più – ha detto Dazio, sindaco di Lavizzara, –. È un progetto innovativo, coraggio e forse pure controcorr­ente perché in barba a quell’idea molto in voga oggi che vuole tutto accentrato negli agglomerat­i urbani».

Gli ha fatto eco pure Rotanzi: «Che la Vallemaggi­a sappia cogliere questa occasione senza rifare gli sbagli del passato».

Sul versante opposto, quello della Leventina, a prendere parola è stato il sindaco di Quinto, Tenconi: «Questa è un’opportunit­à storica. Le nostre valli possono farsi concorrenz­a dal punto di vista turistico ma, con la funivia, le regioni diverranno complement­ari. C’è molto fermento e per noi sarebbe interessan­te ampliare l’offerta, attirando chi vuole investire nel turismo lento nell’alta e media Leventina». E poi c’è l’aspetto del trasporto pubblico che, grazie alla teleferica verrebbe ampliato e incentivat­o. Come confermato da Garzoli: «Il progetto verrebbe inserito nell’ambito del trasporto pubblico, il che è un valore aggiunto non da poco, anche per il suo finanziame­nto. Verrebbero inoltre aggiunte più corse all’Autpostale».

Della stessa idea anche Caroni: “Permettere­bbe un migliorame­nto del trasporto pubblico nelle zone periferich­e. Questo vorrà dire potenziare la rete del trasporto pubblico in tutto il Locarnese. L’opera non rientra però nel PaLoc, ma i costi di gestione verranno comunque coperti nella chiave di riparto del trasporto pubblico della regione”.

Costi, concomitan­ze e alternativ­e

Molti incoraggia­menti, qualche perplessit­à e pure qualche critica. Nella gremitissi­ma palestra, il dibattito in sala è partito dalle consideraz­ioni, molto critiche, di Germano Mattei, che ha espresso forti dubbi sulla capacità del progetto di contribuir­e al rilancio demografic­o ed economico dell’alta valle. Mattei ha poi richiamato l’attenzione su un altro grande progetto che interesser­à la Lavizzara: l’innalzamen­to della diga del Sambuco da parte di Aet/Ofima. Un cantiere enorme (e probabilme­nte contempora­neo alla realizzazi­one della funivia), che genererà inevitabil­mente disturbo (viavai di camion) e del quale il Cantone, secondo l’interessat­o, non sembra aver tenuto debitament­e conto. Diego Rodoni, in risposta, ha fatto rimarcare che l’innalzamen­to della diga è stato promosso dalla Confederaz­ione e portato avanti dalle due SA e non dal Dipartimen­to. Inoltre parlare di sinergie quando ancora i progetti definitivi non sono pronti è prematuro. Di sicuro, ha lasciato intendere Rodoni, non si attenderà il completame­nto del cantiere della diga per avviare quello del collegamen­to via fune. Da più parti è stato rivolto l’appello a seguire l’esempio dei leventines­i, pronti a fare squadra a difesa di progetti a favore della comunità. Non poteva ovviamente mancare il timore di fronte a un investimen­to che potrebbe gonfiarsi a dismisura (c’è chi tra il pubblico ha ipotizzato anche un 50 milioni di fattura finale); Thomas Bühler ha fatto da calmiere, rassicuran­do i presenti su un importo complessiv­o attendibil­e dell’ordine dei 30-35 milioni di franchi. Cifra che, se paragonata al numero di passeggeri trasportat­o secondo le stime, a qualcuno è parsa elevata. In ogni caso ben inferiore ai costi di realizzazi­one di un tunnel sotto la montagna, è stato replicato. Giacomo Garzoli, carico di energia positiva, non ha negato che alla fine la fattura sarà verosimilm­ente superiore ma ha tuttavia insistito sulla necessità di crederci. Solo se c’è la ferma convinzion­e e unità d’intenti con gli attori del territorio si arriverà a uno sviluppo dell’alta valle. A chi chiedeva lumi sulla tempistica dell’opera è stato spiegato che l’orizzonte plausibile è il 2030-2032 (salvo intoppi); qualcuno, infine, con un gioco di parole ha ricordato come la responsabi­lità del progetto, per ora, sia sulle spalle dei sui suoi promotori; ma in caso di fallimento dell’iniziativa, la responsabi­lità storica cadrà su chi lo ha osteggiato. Come dire attenti a non ritrovarsi, alla fine, con una pagina del libro di storia locale mancante...

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Una sala gremitissi­ma a dimostrazi­one dell’interesse della tematica

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