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‘Servono più spazi per i giovani’. Dove?

Per il municipale non c’è richiesta per aprire di più i centri giovanili. La replica: ‘L’offerta crea la domanda’. Ed è, ancora una volta, scontro sull’autogestio­ne

- di Dino Stevanovic e Mirko Sebastiani

In ambito sociale, un argomento a sé riguarda la politica giovanile. A cominciare dagli spazi.

La legislatur­a è iniziata con diversi episodi di violenza giovanile durante le restrizion­i pandemiche e in più, con la demolizion­e del centro sociale all’ex Macello, è venuto a mancare un ulteriore spazio per i giovani. In città mancano effettivam­ente ritrovi per giovani?

Merlo: Sì, chiarament­e. Al di là dell’autogestio­ne, per la quale spero che riescano a parlarsi col Municipio e a trovare una soluzione. Se penso ai centri giovanili, è un peccato che una maggioranz­a molto tirata in Cc nel 2022 non abbia accolto la proposta di aprirli durante tutti i weekend e non solo.

Il Municipio aveva spiegato che non c’è richiesta.

Merlo: Beh, se seguiamo la stessa teoria che il Municipio ha sui senzatetto, l’offerta creerebbe la domanda. Inoltre, ci sono sul territorio diversi servizi, anche per giovanissi­mi, è vero. Ma non equamente distribuit­i fra i quartieri.

Barchi: Sì, c’è bisogno di spazi per giovani. Il tema è capire quali e dove? Io vorrei insistere però sugli spazi pubblici. Vediamo il successo della Foce, che è uno spazio davvero democratic­o. Ci vorrebbero diversi altri luoghi aggregativ­i pubblici in città. Sul centro sociale, vorrei aggiungere che alla Città costava poco o nulla all’anno e offriva una valida alternativ­a a basso costo per i giovani in città. Era una buona soluzione, intelligen­temente individuat­a dal Nano Bignasca e dalla classe politica di allora: loro vogliono una sede a buon mercato, non chiedono di più.

Ghisletta : Io credo che si debba seguire la strada tracciata dalla Carta della Gerra dopo l’esperienza della Straordina­ria, che prevede, tra l’altro, di concedere spazi inutilizza­ti per le iniziative dei gruppi, in maniera provvisori­a e flessibile. E si dovrebbe incentivar­e la collaboraz­ione coi privati, la Città potrebbe mediare delle soluzioni. Di alternativ­e ce ne potrebbero essere, ci vuole la volontà.

Quadri: Intanto, va detto che la stragrande maggioranz­a dei giovani non si riconosce nell’autogestio­ne...

Però anche diversi di quelli che ideologica­mente non vi si riconoscon­o andavano al centro sociale di tanto in tanto, anche solo per trascorrer­e una serata a prezzi modici.

Quadri: In ogni caso la Città non sta con le mani in mano in ambito di politica giovanile: siamo stati quindici anni fa i primi in Ticino a dotarci di un Servizio di prossimità e abbiamo tre operatori attivi sul territorio. Se parliamo di spazi, è vero, ce ne potrebbero essere di più. Ad esempio, la parte sud di Lugano è sguarnita di centri giovanili. A tal proposito sono stati effettuati degli approfondi­menti su come risolvere la situazione a basso costo e una possibilit­à potrebbe essere concedere loro degli spazi comunali quando sono inutilizza­ti come le case Spin (ad esempio le ex case comunali, ndr). C’è poi il tema degli spazi aperti, per i quali abbiamo ricevuto diverse richieste, come inserire tavoli, panchine, tettoie, e se possiamo lo facciamo.

Merlo: Sì, ma dopo quanto tempo? Un giovane che chiede la tettoia per ritrovarsi con gli amici magari se la vede realizzata quando è in casa per anziani (ride, ndr).

Quadri: Questo è un problema tipico dell’ente pubblico: tutto quello che realizza costa di più e ci vuole più tempo perché ci sono i ricorsi. Ma questa non è una colpa del Municipio. Anzi per noi è frustrante.

SCUOLA E IDENTITÀ DI GENERE La società si evolve e la scuola con lei. Pochi mesi fa ha fatto molto discutere l’agenda scolastica, che toccava temi legati all’identità di genere. Cosa può fare la Città per rendere le scuole comunali luoghi ancor più inclusivi?

Ghisletta : Bisogna favorire la formazione dei docenti, sia a livello cantonale sia comunale.

Quadri: Io come capodicast­ero sono contrario a portare avanti discorsi relativi alle teorie di genere alle scuole elementari. Sono ideologici, instillano dubbi in persone ancora non formate come i bambini. Ricordiamo­ci che i casi di disforia di genere sono pochissimi.

Però la scuola ha il compito di essere inclusiva anche nei confronti di situazioni rarissime. Peraltro proprio l’Istituto scolastico luganese si è confrontat­o pochi anni fa con un caso concreto, capitato alle Elementari.

Quadri: E infatti la Scuola è stata in grado di gestire questa situazione. Ma soluzioni vanno trovate nei casi puntuali, non va fatto un indottrina­mento a tutti.

Merlo: L’identità di genere e quella sessuale sono dei diritti umani e pertanto vanno tutelate. Come è importante la lotta agli stereotipi. A livello cantonale come Più Donne abbiamo sollevato più volte il tema, trovando sempre la porta chiusa. Oltre alla formazione dei docenti, che deve essere obbligator­ia, bisogna dare informazio­ni corrette ai genitori, fornite da persone ben formate a loro volta. E naturalmen­te va fatto un lavoro adeguato sul materiale scolastico.

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TI-PRESS ‘L’ente pubblico deve essere al passo coi tempi’

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