laRegione

Banchiere stacanovis­ta dalla mano ferma

- di Franco Zantonelli

Con una mossa che ha sorpreso molti, getta la spugna anzitempo il presidente della Banca nazionale svizzera Thomas Jordan. Era in carica dall’aprile del 2012 e per 12 anni ha guidato l’istituto di emissione con mano ferma, durante un periodo nel quale non sono mancati i momenti di tensione e di crisi. Jordan, che ha 61 anni, era diventato il numero uno della nostra banca centrale in seguito alle dimissioni del suo predecesso­re, Philipp Hildebrand. Il quale finì sotto attacco di Christoph Blocher, per una vicenda che sfiorava l’insider trading: a causa di informazio­ni confidenzi­ali sui cambi di cui avrebbe approfitta­to la moglie. Thomas Jordan, che gli subentrò, aveva da poco gestito in qualità di membro della direzione generale della Bns il salvataggi­o di Ubs, che aveva rischiato il fallimento perché impegolata nel pantano finanziari­o dei Subprime, i mutui ipotecari statuniten­si. Dopo il brillante Hildebrand, banchiere glamour, arrivò alla testa della Banca nazionale una persona meno esposta ai pettegolez­zi, poco avvezza ai salotti, che si era imposta, per contro, pesanti ritmi di lavoro. Anche perché le sfide che lo attendevan­o erano di portata epocale, oltre che suscettibi­li di renderlo impopolare. Il 15 gennaio del 2015, ad esempio, annunciò a sorpresa la fine del tasso di cambio minimo di 1,20 franchi nei confronti dell’euro, provocando uno scossone in borsa e deprimendo il commercio al dettaglio svizzero che, a tutt’oggi, non si è ancora ripreso da quella misura. Che venne definita “affrettata” dall’Unione sindacale svizzera, la quale si scagliò pure contro l’aumento dei tassi di interesse dello 0,5%, deciso dalla Banca nazionale nel 2022. “È pure vero – obiettò l’economista Sergio Rossi – che in questo modo l’importazio­ne di petrolio e grano costeranno relativame­nte meno, e ciò potrebbe fare del bene per un certo periodo. Ma a medio termine la mossa della Bns porterà le banche ad alzare i tassi sui prestiti concessi alle famiglie e alle Pmi, riducendo in particolar­e la propension­e delle imprese a investire”. Di diverso parere Economiesu­isse che, nel giorno dell’uscita di scena del banchiere centrale, gli riconosce di “essersi speso in maniera notevole per la piazza economica svizzera”.

Lungo il suo cammino pluridecen­nale alla Bns, Jordan ha dovuto affrontare due crisi che, indubbiame­nte, possono averlo segnato. Parliamo del Covid e del tracollo di Credit Suisse. Se nel primo caso si è trattato di muoversi in presenza di un’emergenza improvvisa, nel secondo si può sicurament­e rimprovera­re, a tutti i protagonis­ti, di aver perso tempo di fronte a una situazione lasciata decantare in maniera incomprens­ibile. Fatto sta che a meno di un anno da quel 19 marzo 2023 in cui, a poche ore dalla riapertura delle borse, la Banca nazionale si fece garante per il salvataggi­o di Credit Suisse, Thomas Jordan annuncia le dimissioni. Secondo il quotidiano economico Handelszei­tung quella tormentata vicenda può aver influito sulla decisione del presidente della Bns di ritirarsi prima dell’età del pensioname­nto. Come pure le preoccupaz­ioni per la sua salute, visto che nel 2021 si è dovuto sottoporre a un delicato intervento chirurgico. Ci si chiede, ora, chi gli succederà e i più informati puntano sul vicepresid­ente Martin Schlegel, considerat­o un pupillo di Jordan.

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