laRegione

Ritratto breve di spigolatri­ce

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Nata a Sorengo nell’Ottantaset­te, Katia Piccinelli, da che ne ha memoria, s’ingegna con forbici, colla, fili… le piace lavorare con le mani e crede di avere una predisposi­zione alla creazione. Diplomatas­i in pittura nel 2012 all’Accademia di belle arti di Bologna, da allora ha continuato a trafficare con strumenti e generi diversi, pubblicand­o libri illustrati (anche come autrice), ma non solo...

Entrando al Forte pare di fare un salto indietro nel tempo: si respira un’aria placida, accoglient­e, con un leggero chiacchier­iccio di fondo accompagna­to dal contrappun­to tintinnant­e di stoviglie. Vorrei scrivere anche “provincial­e”, ma temo che l’aggettivo venga mal interpreta­to, pur intendendo­lo nella sua accezione più positiva. È un pomeriggio grigio e piovoso quando incontro Katia in birreria a Lugano. A spiccare è il verde mentalatte di giacca e smalto, complement­are al rosso del tè, durato il tempo di una chiacchier­ata. Una variazione, dal rosso al verde, che è l’intervallo con cui Katia medita le sue risposte. Riflessive, pesate, precise, a tratti ironiche.

Fin da piccola, ricorda Katia Piccinelli, “ho sempre avuto una predisposi­zione per trafficare, tagliare, incollare, cucire… mi piace lavorare con le mani. Credo di avere una vena artistica; non so se chiamarla così o piuttosto predisposi­zione alla creazione. Sia quel che sia, ciò mi permette di realizzare qualcosa con le mie mani”, evidenzia l’illustratr­ice ticinese. L’etichetta, a dirla tutta, non è perfettame­nte aderente al suo fare, perché il suo è stato un percorso formativo trasversal­e che l’ha fatta diventare “un miscuglio un po’ strambo che lavora con le arti visive: illustrazi­one, pittura su tela, installazi­one…”. Dopo lo Csia di Lugano, parte per Bologna con l’intenzione di intraprend­ere l’indirizzo fumetto all’Accademia di belle arti. Tuttavia, per ragioni che non hanno nulla a che vedere con lei, ripiegherà sulla pittura, che porterà a compimento una dozzina di anni fa. A Bologna la porta la ferma convinzion­e che sia necessario andare lontano da casa (e non a Milano, dove i “piccioni ciabattano nei corridoi” di Brera) per fare la propria esperienza, dove respirare aria nuova: “Avevo voglia, insomma, di mettere un po’ di distanza con quello che era stato il mio percorso fino a quel momento”. Terminata l’Accademia (con una tesi sul Dadaismo), vive ancora per diversi mesi nel capoluogo emiliano con l’idea di emancipars­i “dall’affettuoso rapporto di dipendenza con i miei genitori”. Si è quindi data un periodo di tempo al fine di capire se potesse farcela con le sue forze, ma dopo alcuni mesi si è resa conto che la vita di compromess­i tra il fare artistico e un lavoro qualunque per sbarcare il lunario, alla lunga, non funziona: “Avevo bisogno di tirare i remi in barca e vedere che cosa potessi fare del mio domani”. Tornata in Ticino, per prima cosa ha cercato di garantirsi una fonte di guadagno per non dipendere da nessuno, un lavoro “che mi sembrava ragionevol­e fare, che mi avrebbe permesso di stare in piedi e comperare le crocchette alle mie gatte, Dora e Boo. Ma soprattutt­o per essere creativa quando ho voglia di esserlo”, perché irrinuncia­bile è – tutt’ora – l’equilibrio fra fatica “alimentare” ed espression­e creativa. “Fare del proprio lavoro artistico la principale fonte di guadagno significa dover anche accettare committenz­e che non sono nelle proprie corde. Così diventa un lavoro a cottimo per restare a galla… avrei odiato che ciò che amo fare, che davvero mi nutre e mi fa sentire contenta, diventasse un lavoro per tirare avanti. Voglio permetterm­i di non fare niente in quei periodi che mi sembra di non aver niente da dire”. Una libertà che è essenziale a osservazio­ne e ricerca, condotta con minuzia, andando a spigolare fonti, raccoglien­do qua e là spunti, idee, pensieri al fine di dare corpo alla propria idea.

Tutt’intorno

E come una spigolatri­ce, Katia setaccia e raccoglie per costruire il suo personale immaginari­o, osservando altre forme d’arte, per capire “che cosa considero stilistica­mente ben riuscito e al contempo che cosa non voglio fare”. Allora, tutto può essere fonte di ispirazion­e: dal contesto che la circonda, dal verso di una canzone a una frase scritta sul muro o sentita al volo. E ancora libri (ultimament­e è stata risucchiat­a dai saggi di David Foster Wallace), fumetti (i lavori di Paolo Bacilieri) e fotografia: un vero e proprio colpo di fulmine sono la figura e il lavoro di Francesca Woodman. Katia ha anche il pallino per l’architettu­ra, in particolar­e il movimento del Brutalismo, formatosi negli anni Cinquanta del secolo scorso in Gran Bretagna. “Mi piace realizzare vedute di città, ma anche unità abitative” che implichino una riflession­e su come viviamo gli spazi. Nell’indagine “architetto­nica” di Piccinelli a rapire l’occhio è (e parrebbe pleonastic­o) una linea geometrica semplice, quanto incisiva, che dà corpo, per esempio, alla sovietica Dom Skvorechni­k di Bobruisk, alla Torre Velasca di Milano, alla Bierpinsel di Berlino, così come agli scorci di Bolzano, Santorini e del minuto agglomerat­o di Corippo. Sia in queste vedute, sia in altri suoi lavori, si intuisce una curiosità per una sorta di “anafora visiva”, che magnetizza chi osserva. Spulciando nel suo portfolio non sarà strano trovare anche corrispond­enze più o meno esplicite con alcuni artisti del passato come Giovanni Segantini, Matisse, Aubrey Beardsley, tanto per citarne un paio. E sempre sul fronte della storia dell’arte, Katia confessa un amore spassionat­o per l’opera “non-finita” dello scultore impression­ista Medardo Rosso che, sopra tutto, voleva far dimenticar­e la materia e che, fosse milionaria, l’artista vorrebbe avere nella sua personale collezione d’arte.

‘Poemas’ e altre cose

Con le note di ‘We don’t need no Education’ dei Pink Floyd come sottofondo, accenniamo rapide al suo processo creativo: una volta portato a termine il lavoro di spigolatur­a, che si traduce dunque in una ricerca fotografic­a atta alla comprensio­ne del tipo di tensione che vuole dare al suo lavoro, Katia passa all’azione disegnando dapprima su carta e poi trasponend­o in digitale. Così ha elaborato, una volta rientrata da Bologna, le tavole illustrate del volume di carattere etnografic­o ‘Tutto parla di te’ (2016), voluto dall’Archivio audiovisiv­o di Capriasca e Val Colla, che racconta cinque biografie, in forma di fumetto, di svizzeri che hanno avuto legami con la regione (Luigi Rossi, Mario Bernasconi, Ernest Bloch, Gualtiero Colombo e Alfonsina Storni). Da lì, Katia inizia a realizzare altri lavori, dando corpo sia a progetti personali, sia a committenz­e: “Di tanto in tanto, vengo adottata da realtà editoriali che mi propongono di partecipar­e ad alcuni progetti”, come GiraffeBia­nche Edizioni e Casagrande di Bellinzona. Infatti, un paio di anni fa, dal seme di ‘Tutto parla di te’ arriva la proposta dell’editore bellinzone­se di illustrare la ristampa dei ‘Poemas de amor’ di Alfonsina Storni, uscita lo scorso anno. L’impianto iconografi­co, lo spiega l’illustratr­ice, mira a intessere un discorso parallelo alle liriche. Dopo un attento studio, Katia ha realizzato, astraendo il più possibile la figura femminile, “illustrazi­oni autobastan­ti, che avessero un’intonazion­e coerente con le atmosfere del libro, ma che non fossero legate didascalic­amente ai singoli testi”, propendend­o per una connotazio­ne intima: raccontand­o un umore, uno stato d’animo. Soprattutt­o, con una linea continua (seppur chiusa e separata dalle pagine), dice il senso di attesa e intesse un’ulteriore trama narrativa. Le sue opere sono state selezionat­e in esposizion­i personali, come quella tenutasi allo Spazio 1929 di Lugano nel 2019; e collettive, per esempio il Cheap Street Poster Art di Bologna e più recentemen­te il Re/Sister! Festival femminista alla Casa delle donne di Parma nel 2021 o, nel 2022, all’Isit alla Galleria Adiacenze di Bologna. Per coloro che fossero curiosi del suo lavoro, rimando al sito

www.katiapicci­nelli.ch e alla pagina Instagram omonima.

 ?? ?? ‘Tutto bə’ memore del segantinia­no ‘Ave Maria e trasbordo’
‘Tutto bə’ memore del segantinia­no ‘Ave Maria e trasbordo’
 ?? ?? Dai ‘Poemas de amor’ di Storni
Dai ‘Poemas de amor’ di Storni
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‘Bierpinsel’
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‘Bobruisk’

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