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‘Mi sento metà svizzera e metà eritrea’

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Il suo sogno da bambina era fare l’infermiera, prendersi cura degli altri, poi la vita ha scompagina­to le sue carte. Oggi Anna Abraham, 23 anni, eritrea, lavora in un ristorante a Davos come cameriera (runner). Ce la sta mettendo tutta per imparare al meglio il tedesco. «Ero timida ma mi sono buttata, il tedesco è difficile, soprattutt­o il dialetto, ma piano piano imparo. So che così avrò più chance di trovare un’occupazion­e ben retribuita», ci spiega la ragazza che ha fatto la sua formazione in Ticino, sfruttando appunto i sostegni federali e cantonali per la formazione dei rifugiati (PAI 20182019). Anna è giunta in Ticino nel 2016, per ricongiung­ersi con la sua mamma e suo fratello, arrivati precedente­mente in Svizzera. Il suo viaggio, sicurament­e avventuros­o per l’allora 16enne, l’aveva portata a entrare illegalmen­te in Etiopia. È rimasta 5 mesi ad Addis Abeba, il tempo per organizzar­e un volo per Zurigo. «Mia madre e mio fratello vivevano a Bellinzona dove li ho raggiunti», spiega. In Eritrea, aggiunge, aveva terminato la seconda media. «Una volta ottenuto il permesso B da rifugiato ho potuto continuare gli studi. Ero alle Medie, ma solo per imparare l’italiano», precisa. Familiariz­zare con la lingua e il nuovo ambiente scolastico è dura per tutti all’inizio. Tutto è diverso dal Paese che ci si è lasciato alle spalle, ma è anche una grande opportunit­à offerta dalle autorità elvetiche per costruirsi un futuro. Anna ha voglia di fare, di imparare. «Mi hanno proposto un Pre-tirocinio di integrazio­ne di un anno, che ho accettato».

L’ostacolo più grande era la lingua

«È stato molto utile, prevedeva lavoro e formazione in alternanza. Studiavo matematica, italiano, cultura elvetica ed ero impiegata in cucina alla Casa del Popolo». Dodici mesi per migliorare italiano, matematica e attitudine al lavoro, prima di iniziare un apprendist­ato vero e proprio. «È stato molto utile avere questo periodo di preparazio­ne sia allo studio sia all’ambiente di lavoro. Qui è molto diverso rispetto al mio Paese», aggiunge. Dopo questa fase, Anna inizia l’apprendist­ato come impiegata di ristorazio­ne, una formazione che dura 3 anni. Dalla cucina passa alla sala pranzo, come cameriera. «L’ostacolo più grande è stato superare la mia timidezza coi clienti e imparare la lingua. Inoltre non avevo mai lavorato, tutto era nuovo. Mi sono fatta forza e mi sono buttata». Motivazion­e, un pizzico di coraggio e tanto impegno hanno ripagato la giovane eritrea che arriva fino alla fine della sua formazione. «Io sono curiosa e qui tutto è diverso. Ti viene voglia di imparare e vai avanti. Inoltre alla Casa del Popolo quando avevo un problema con la scuola mi aiutavano». Infatti la gestione del ristorante è affidata a Sostare, un’impresa sociale di Sos Ticino, senza scopo di lucro, che, attraverso percorsi e progetti, mira a coniugare l’attività imprendito­riale, in questo caso nel settore della ristorazio­ne, con l’orientamen­to ad attività di integrazio­ne, formazione e inseriment­o socioprofe­ssionale, per persone in situazioni di fragilità.

Una volta diplomata, la giovane resta un anno a lavorare alla Casa del popolo. «Intanto cercavo lavoro nel resto della Svizzera per imparare il tedesco. Se lo sai, è tutto più facile. Quando ho difficoltà mi salva l’inglese. Ho trovato come cameriera a Davos come stagionale. Mi trovo bene, molti tra noi sono stranieri, il salario è buono, sui 4mila franchi al mese e mi danno un luogo dove vivere». La scommessa con Anna è vinta. «Mi sento metà svizzera, metà eritrea. Qui mi piace perché tutto è moderno, pulito, c’è libertà e tante possibilit­à di imparare, studiare, lavorare. Nessuno ti limita anche se sei donna. Del mio Paese mi manca la cultura, le feste, i nonni». Il suo futuro lo vede in Svizzera. «Vorrei continuare a studiare, magari diventare infermiera».

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