laRegione

‘Noi rifugiati studiamo per un futuro qui’

- di Simonetta Caratti

Sono arrivati dall’altra parte del mondo come richiedent­i l’asilo, hanno imparato l’italiano, e familiariz­zato con le regole del lavoro portando a termine un apprendist­ato. Ora hanno un impiego. Anna e Mohammad ce l’hanno fatta. Lei eritrea, lui afghano, ora sono finanziari­amente autonomi. Anna lavora come cameriera, Mohammad è impiegato in ferrovia. A entrambi, qualche anno fa, era stato proposto un Pre-apprendist­ato di integrazio­ne (PAI, ora PAI+) di un anno: lavoro in azienda e formazione in alternanza. Dodici mesi per migliorare italiano, matematica e attitudine al lavoro, prima di iniziare un apprendist­ato vero e proprio. Una formula vincente che ha permesso ai due giovani di stare al passo coi compagni di studio e terminare l’apprendist­ato. «Mi sento metà svizzera, metà eritrea. Qui mi piace perché c’è libertà e tante possibilit­à di imparare», dice Anna. Per Mohammad è stata dura, perché la sua famiglia è in Iran: «Mi piace questo sistema di studio e lavoro, da noi non esiste. Sono dovuto diventare grande». Questa è la sfida annuale con 40 rifugiati e persone ammesse provvisori­amente, (dai 18 ai 35 anni) ma anche persone straniere di età superiore, che a settembre possono iniziare in Ticino il Pre-apprendist­ato di integrazio­ne. Coinvolti vari settori: logistica, edilizia, metalcostr­uzione, meccanica di produzione, ristorazio­ne, settore ausiliario ospedalier­o (in questi ultimi due ambiti continuano i progetti iniziati nel 2016, ‘Ristor’apprendo’ di Sostare e IntegraTi della Clinica Luganese). Il programma, finanziato da Cantone e Confederaz­ione, c’è da 5 anni ed è stato rinnovato perché si è capito che inserire questi giovani in un contesto lavorativo accelera la loro socializza­zione e velocizza l’apprendime­nto linguistic­o. Alle spalle molti hanno spesso viaggi disperati per arrivare in Ticino, un livello di istruzione basso, traumi da guerra. «Abbiamo dei coach che li seguono per valorizzar­e le loro risorse, aiutarli nelle loro difficoltà, coordinare le varie attività tra scuola e datori di lavoro», spiega Ta

tiana Lurati Grassi , capa dell’Ufficio della formazione continua, dell’innovazion­e che sottostà alla Divisione della formazione profession­ale (Decs). Ogni 4 anni, viene rinnovato l’accordo con la Segreteria di Stato della migrazione (Sem) che stanzia un contributo per studente per il Pre-apprendist­ato di integrazio­ne. «In questo anno preparator­io cerchiamo di rafforzare le loro competenze di base e le conoscenze linguistic­he; fanno una prima esperienza protetta e accompagna­ta nel mondo del lavoro svizzero per capirne le regole e trovare correttivi. Ad esempio, chi è ammalato impara ad avvisare, a prendere gli appuntamen­ti dal medico in modo da non perdere una giornata di lavoro».

Il 70% inizia l’apprendist­ato

Per chi viene da altre culture non sono regole scontate. «Li aiutiamo a capire la nostra realtà scolastica e profession­ale. Quasi al termine del percorso formativo c’è l’esame di italiano Fide, che attesta il loro livello di competenza linguistic­a, per dimostrare di poter accedere a un apprendist­ato». Qualche dato: «Il 70% circa viene inserito in un percorso biennale (a volte anche triennale) di apprendist­ato e spesso il sostegno individual­e continua». I posti sono 40 ogni anno. «Non sempre sono tutti occupati. C’è chi riesce a entrare nel mercato del lavoro senza apprendist­ato. Dal 2018 a oggi oltre 200 persone hanno iniziato e in parte anche concluso il percorso». A segnalare i profili adeguati sono enti che già si occupano di migranti. «Abbiamo costruito una importante rete coi partner classici, come la Croce Rossa, l’Istituto della transizion­e e del sostegno, Sos Ticino, i Comuni o altri enti che ci segnalano chi potrebbe fare il Pre-apprendist­ato di integrazio­ne. L’invito è di continuare a segnalarci queste persone». Per la Sem è una soluzione che dà buoni risultati. «Abbiamo affidato un mandato di valutazion­e del progetto PAI alla Scuola universita­ria federale per la formazione profession­ale (Suffp); il rapporto di ricerca è in fase di ultimazion­e. Stiamo valutando la raccolta di dati statistici, sul lungo periodo», precisa Lurati Grassi. Altri, come Anna e Mohammad, ce l’hanno fatta. Possono mantenersi da soli, col loro lavoro.

Anna e Mohammad, due richiedent­i l’asilo che hanno finito l’apprendist­ato in Ticino. Lei è cameriera runner. Lui è meccanico alle Ffs. Così aziende e autorità aiutano questi giovani stranieri a inserirsi nel mercato e non dipendere in futuro dagli aiuti sociali. Lurati: ‘Dal 2018 a oggi oltre 200 persone hanno iniziato e in parte anche concluso questo percorso’

 ?? ?? Anna è arrivata in Ticino nel 2016, per ricongiung­ersi con sua mamma e suo fratello. Ha terminato l’apprendist­ato come impiegata di ristorazio­ne
Anna è arrivata in Ticino nel 2016, per ricongiung­ersi con sua mamma e suo fratello. Ha terminato l’apprendist­ato come impiegata di ristorazio­ne
 ?? ?? Mohammad è arrivato in Ticino nel 2015. Ha concluso da poco l’apprendist­ato come meccanico di produzione
Mohammad è arrivato in Ticino nel 2015. Ha concluso da poco l’apprendist­ato come meccanico di produzione
 ?? ?? Ha iniziato alla Casa del Popolo con l’aiuto di Sostare
Ha iniziato alla Casa del Popolo con l’aiuto di Sostare
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TI-PRESS T. Lurati capa Uff. formazione continua e innovazion­e
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In Iran, il giovane afghano non poteva studiare

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