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‘Questi anni in Ticino mi hanno cambiato’

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«Mi piace montare e smontare pezzi, mi piace sporcarmi le mani, imparare cose nuove. Qui in Svizzera posso farlo, come meccanico di produzione alle ferrovie. Qui voglio costruirmi un futuro». Il 26enne Mohammad Kazemi, quando è arrivato in Ticino, otto anni fa, era da poco maggiorenn­e. Aveva 17 anni, quando decise di scappare da solo dall’Iran, dove per il giovane afghano non c’erano opportunit­à. Non si è voltato. Anche se in Iran è rimasta a vivere tutta la sua famiglia. «Avevo finito il liceo, volevo fare l’università, ma non ho potuto farlo. Non mi era permesso continuare a studiare, perché sono afghano». È un ragazzo posato, ma il suo sguardo si accende di passione quando parla della sua formazione in Ticino che oggi l’ha portato a lavorare a Olten. «Lavoriamo ai freni dei treni. Per me era un’occasione d’oro poter lavorare a Olten, qui posso imparare il tedesco e trovare un posto fisso, ben pagato. Oggi ho un buon salario e posso risparmiar­e per aiutare la mia famiglia in Iran», precisa. Mohammad è arrivato in Ticino nel 2015. Il primo anno ha approfitta­to dei corsi di italiano pagati dalle autorità. Poi gli viene offerta la possibilit­à di prendere parte al Pre-tirocinio di integrazio­ne (PAI) che prevede 12 mesi di studio a Gerra Piano alternati a giornate di impiego alla Login alle Officine di Bellinzona. Un percorso per familiariz­zarsi con le regole del mondo del lavoro e prepararsi a iniziare l’apprendist­ato come meccanico di produzione. «Ho passato l’esame e ho potuto iniziare questo anno di studio e lavoro. Eravamo tutti stranieri. Mi è stato molto utile per capire come funzionava il lavoro di meccanico. Quando poi nel 2020 ho iniziato l’apprendist­ato vero e proprio tutti i miei compagni, visto che erano ticinesi, sapevano benissimo l’italiano».

‘Su 5 ne hanno scelti due, uno ero io’

«Per via della lingua è stata dura, ma c’era chi mi aiutava. Nelle materie scientific­he non avevo problemi, visto che in Iran avevo concluso il liceo», precisa. L’apprendist­ato dura 3 anni. Lo scorso agosto, il giovane si diploma col massimo dei voti. «Abbiamo finito in 5, eravamo tutti stranieri, ne hanno scelti due, uno ero io. Ho subito insistito per poter andare in Svizzera tedesca. Ho trovato un posto in ferrovia a Olten». In Ticino il clima era migliore ma non la paga. «Qui piove spesso, ma non mi lamento. Mi piace il lavoro che faccio. Montiamo i freni, mi piace capire la meccanica, come funziona, e sto imparando il tedesco. Il mio capo capisce bene l’italiano, con gli altri ci si intende anche con l’inglese».

‘Voglio integrarmi e avere il permesso B’

Ha dovuto sbrogliars­ela da solo in tante cose. «I primi tempi chiamavo mia madre per sapere come cucinare il pollo col riso. A casa faceva tutto lei. Ora ho imparato». Malgrado il fisico palestrato, si intenerisc­e quando parla della sua famiglia che non abbraccia da otto anni. «Questi anni in Svizzera mi hanno cambiato. Sono dovuto diventare grande, indipenden­te. Non c’era nessuno a casa che mi motivava, sosteneva, dovevo farlo da solo. Loro mi mancano», accenna. A Olten condivide l’appartamen­to con un compagno ticinese di studi: «Siamo molto amici, la sua famiglia mi ha aiutato a trovare un appartamen­to, mi hanno sostenuto tanto».

Da piccolo aveva un sogno (“volevo andare all’università e diventare dottore”) che ha dovuto rimettere nel cassetto. Per ora si concentra su progetti a corto termine. «Il mio obiettivo è lavorare, integrarmi, darmi da fare per avere il permesso B e poter andare a visitare la mia famiglia. Dopo tutti questi anni mi sento a metà svizzero. Mi piace questo sistema di studio e lavoro, da noi non esiste. Ho imparato molto», conclude.

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