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Dieci anni di truffa allo Stato: espulso

‘Le possibilit­à di reintegraz­ione sono quasi nulle’ per il giudice. Il 54enne condannato a diciotto mesi sospesi e all’allontanam­ento dalla Svizzera per un decennio

- di Dino Stevanovic

«Dieci anni di reati di questo tipo, con queste modalità, oltretutto essendo recidivo: non può non essere pronunciat­a l’espulsione». Nessun dubbio per la Corte delle Assise correziona­li di Lugano presieduta da Siro Quadri: il 54enne egiziano che per una decina d’anni ha truffato la cassa malati e diverse assicurazi­oni sociali statali intascando­si un totale di oltre 113’000 franchi che non gli spettavano deve lasciare la Svizzera. E d’altra parte, per questa tipologia di reato, la legge lo prevede. «Ma qui non c’è alcun margine per un caso di rigore, un’eccezione – la spiegazion­e del giudice –. Non ha un lavoro, ha tanti debiti (quasi un milione di franchi fra precetti esecutivi e attestati di carenza beni, ndr), le possibilit­à di reintegraz­ione sono quasi nulle».

Un malato? ‘Un profession­ista del raggiro’

Il tema dell’espulsione era uno dei due aspetti forse più attesi della sentenza del processo tenutosi venerdì scorso, oltre alla natura della condanna, se da espiare o condiziona­lmente sospesa. D’altra parte, pur fra diverse giustifica­zioni, l’imputato aveva in buona sostanza ammesso la maggior parte dei capi d’imputazion­e. E alla fine la Corte ha confermato integralme­nte l’atto d’accusa. L’avvocato difensore Stefano Pizzola aveva contestato alcuni aspetti puntuali, come pure la circostanz­a dell’astuto inganno, appellando­si allo stato di salute psichica non propriamen­te equilibrat­o del suo assistito nonché a una dose di «stupidità». «Se si vogliono concedere attenuanti o giustifica­zioni, bisogna che siano adempiuti dei criteri come la scemata imputabili­tà e questi non sono adempiuti – ha tuttavia precisato Quadri –. È ammesso che ha dei disagi psicologic­i, ma non sono una scusante. Alla Corte non è parsa una persona che non sapeva cosa stesse facendo. Più che un malato è sembrato un profession­ista del raggiro».

‘Non è così stupido, ha dimostrato abilità e intelligen­za, purtroppo delittuosa’

Il 54enne, ricordiamo, tra l’inizio del 2014 e l’arresto avvenuto l’estate del 2023 ha contraffat­to diverse decine di documenti: fatture, prescrizio­ni mediche, cedolini di pagamento e altro. Tra i truffati, anche lo Stato, a cominciare dal Dipartimen­to sanità e socialità (Dss) in occasione della domanda e del rinnovo delle prestazion­i assistenzi­ali, ottenendo contributi che non gli spettavano in taluni casi anche doppiament­e e arrivando a percepire fino a oltre 9’000 franchi al mese, secondo la ricostruzi­one del sostituto procurator­e generale Andrea Maria Balerna. «Non va banalizzat­o quel che ha fatto: è una mancanza di rispetto per quello che è la missione delle assicurazi­oni sociali – la valutazion­e di Quadri –. Non è così stupido, ci vuole una sorta di intelligen­za per realizzare il taglia e cuci di certificat­i medici che ha messo in piedi. Un’intelligen­za che purtroppo è delittuosa. Ha dimostrato una certa abilità, e per questo l’astuto inganno è dato. E ha agito così allo scopo di trovare un lavoro, ossia un’entrata, pur non lavorando. Sicurament­e anche l’aggravante della truffa per mestiere c’è». Un’altra prova dell’astuzia dimostrata è la bugia sulla profession­e che svolgeva raccontata alla banca per ottenere una carta di credito che non era in grado di finanziare.

Confermato il tentato inganno all’Assicurazi­one invalidità

Tra i punti più contestati dell’atto d’accusa, l’imputazion­e di ripetuta tentata truffa per aver tentato di ingannare l’Assicurazi­one invalidità (Ai). L’uomo nel 2016 è stato infatti protagonis­ta di un effettivo infortunio al quale è seguita un’operazione che non è andata a buon fine e che gli ha causato dei problemi di salute e una motricità limitata. Ma non tale da giustifica­re un’Ai completa, come richiesto dal 54enne. Simulando problemi che non aveva o ingiganten­doli e dichiarand­o cose false alla fine è riuscito a ottenere una rendita provvisori­a, poi annullata dall’Ai al momento dell’apertura del procedimen­to penale. E l’accusa, contestata dalla difesa, è stata accolta dal giudice: «Per la Corte è chiarament­e plausibile che la truffa all’Ai fosse la sua finalità, visto anche che poi si è scoperto che l’assicurazi­one ha ritirato la rendita (ma senza visitarlo di nuovo, come contestato da Pizzola, ndr), alla quale evidenteme­nte non ha diritto».

Nulla da fare infine nemmeno sulle contestazi­oni relative alle accuse di furto – per aver rubato diversi gioielli della sua ex compagna mettendoli a pegno e ottenendon­e 2’400 franchi circa – e di ripetuto esercizio illecito della prostituzi­one, per aver subaffitta­to il proprio appartamen­to a delle prostitute. «Non è possibile che non si fosse accorto che fossero delle prostitute (come ha dichiarato l’imputato durante l’interrogat­orio, ndr) né che avrebbero esercitato nell’appartamen­to», l’osservazio­ne del giudice. Giudice che, infine, lo ha condannato a diciotto mesi di carcere per i reati di truffa per mestiere, ripetuta tentata truffa, furto, ripetuta falsità in documenti, ripetuto esercizio illecito della prostituzi­one e ripetuta contravven­zione alla Legge sul trasporto di viaggiator­i. Diciotto mesi, sospesi condiziona­lmente, in virtù del lungo periodo di carcerazio­ne già patito, per tre anni di prova.

E l’espulsione dalla Svizzera? Dieci anni, senza iscrizione nel sistema Schengen, e quindi con la possibilit­à di risiedere in un Paese europeo vicino, per dargli la possibilit­à di mantenere un rapporto col figlio di 6 anni. Una sentenza mediana, considerat­i tutti gli aspetti, fra le richieste di difesa e accusa: sedici mesi sospesi e nessuna espulsione e, rispettiva­mente, due anni di detenzione integrale e l’allontanam­ento dal Paese per quindici anni. La palla passa ora alla difesa, che dovrà valutare l’appello.

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TI-PRESS Il processo si è tenuto venerdì, la sentenza è stata pronunciat­aieri

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