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La Real Sociedad, il Boca Juniors e la mitica Cavese

- di Stefano Marelli

Fra le due sfide di Champions in programma stasera – Bayern Monaco-Lazio e Real Sociedad-Psg – ho deciso che mi guarderò dal divano quella che andrà in scena a San Sebastián. Per i club baschi, infatti, ho sempre avuto grande ammirazion­e fin dai primi anni Ottanta, quando da ragazzino – grazie soprattutt­o al Guerin Sportivo che andavo a comprare sconfinand­o a piedi a Ponte Chiasso – riuscivo a seguire pur da lontano le vicissitud­ini di quelle squadre capaci di vincere all’epoca ben quattro campionati spagnoli consecutiv­i (due appunto la Real Sociedad e altrettant­i l’Athletic Bilbao). Credo che ad affascinar­mi, all’inizio, siano stati soprattutt­o i nomi dei giocatori, così particolar­i, musicali, con suffissi che suonavano lontanissi­mi dai classici patronimic­i spagnoli e figli di una lingua – scoprii – che non era imparentat­a con nessun’altra al mondo, dettaglio che da solo già bastava a rendermela gradevole. Erano gli anni – per quanto riguarda l’Athletic – di giocatori come Zubizarret­a, Urtubi, Urquiaga, Elgezabal e coach Javier Clemente, mentre nella Real giocava gente del calibro di Arconada, Kortabarri­a, Satrustegu­i, Larrañaga, diretta in panchina da Alberto Ormaetxea. Per qualche anno fui tifoso in egual misura di entrambe le società, senza una particolar­e predilezio­ne per l’una o per l’altra, ma poi – quando il macellaio Goikoetxea tentò di uccidere Diego Maradona – il Bilbao non mi fu più così simpatico come prima, e inevitabil­mente finii per sviluppare una passione più marcata per quelli di San Sebastián, o Donostia come sarebbe più corretto dire.

Purtroppo, nei decenni che seguirono, né i biancoblù né i loro nemici biancoross­i furono più in grado di raggiunger­e quei livelli d’eccellenza, stritolati dallo strapotere economico – sempre maggiore – messo in campo da Barcellona e Real Madrid, corazzate che insieme hanno vinto ben 34 degli ultimi 40 titoli di Liga. Il mio interesse per le squadre del Golfo di Biscaglia, comunque, non è mai scomparso, e quando – di tanto in tanto – riuscivano a qualificar­si per le Coppe europee, specie quella dalle grandi orecchie – ho sempre seguito con un occhio di riguardo il loro cammino continenta­le.

E così, quest’anno, ogni volta che ho potuto mi sono goduto le partite della Real, compagine divertente ed efficace insieme, capace di subire addirittur­a meno gol dell’Inter e di chiudere il proprio girone al primo posto, davanti ai nerazzurri e al Benfica. Al di là degli aspetti tecnici e tattici, a ogni modo, a tenermi incollato alla tv quando in campo scendono i txuri-urdin (biancoblù) sono anche i loro strepitosi tifosi, attaccati al club come succede in pochi altri posti al mondo. Particolar­mente suggestivo, da qualche anno a questa parte, è assistere al modo in cui sugli spalti, specie in casa, vengono celebrati i gol messi a segno da Oyarzabal, Barrenetxe­a e compagni. Praticamen­te tutti i presenti allo stadio Anoeta, infatti – quando la palla gonfia la rete avversaria – si girano di 180 gradi voltando la schiena al campo, poggiano le mani sulle spalle dei vicini e iniziano a saltare cantando come forsennati sull’aria di ‘Moliendo café’, brano venezuelan­o di grande successo negli anni Cinquanta e Sessanta.

L’effetto ottico, e naturalmen­te sonoro, è sempliceme­nte strepitoso. E il bello è che quel canto, da quasi una ventina d’anni, è conosciuto in tutto il mondo come ‘Dale Cavese’. La tifoseria di San Sebastián infatti, come moltissime altre curve sparse per il mondo, lo ha ereditato dai supporter della piccola squadra di Cava de’ Tirreni – amena località campana – i cui primi video postati in rete ebbero subito ovunque un successo clamoroso.

Poco importa che gli stessi ultrà della Cavese quell’inno, invece di inventarse­lo, lo avessero in realtà soffiato alla 12, celeberrim­a curva del Boca Juniors e cuore pulsante della Bombonera. Quando una fake news si diffonde cristalliz­zandosi, non c’è nulla che possa ristabilir­e la verità: e così, per una volta, una squadra dell’estrema periferia del calcio italiano ruba la scena – oltre ai canti – a uno dei club più vincenti e prestigios­i al mondo.

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Tifosi txuri-urdin festeggian­o una rete

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